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Natale, è tempo di stare insieme. Anche per gli animali


Sgomberiamo il campo dagli equivoci: non c’entra, letteralmente, il Natale né intendiamo alimentare visioni disneyane della natura. Eppure, un po’ come noi umani, anche molte specie animali nei mesi clou dell’inverno appena iniziato privilegeranno, ancora una volta, lo stare in compagnia. O meglio: le aggregazioni sociali. Non c’entra, naturalmente, lo spirito delle feste di Natale, che contagia invece i Sapiens, a cominciare dalle prossime ore. Piuttosto, è una questione di istinto di sopravvivenza. Stare insieme, possibilmente vicini, è per molte specie – in particolare quelle che non svernano verso paesi caldi – un modo per affrontare con maggiore efficacia i rigori della stagione fredda, ottimizzare le risorse, trovare vantaggi concreti dal calore della vicinanza reciproca.

Dalle lepri artiche alle cornacchie: gli assembramenti aiutano a sopravvivere

Un esempio emblematico è quello dell’arvicola di Brandt (Lasiopodomys brandtii), un piccolo roditore “cugino” dei comuni criceti, che abita praterie e steppe della Mongolia interna. Se d’estate è per lo più solitario, d’inverno – complici le temperature che scendono fino a -30 gradi – forma piccoli gruppi di circa quattro esemplari nelle camere di nidificazione delle sue tane sotterranee. L’obiettivo? Condividere il calore corporeo, risparmiando energia e riducendo il metabolismo basale fino al 37%. Anche nel Canada settentrionale le temperature sono proibitive: inverni di lunghi mesi, con temperature fino a -40 gradi – inducono così le lepri artiche a formare imponenti aggregazioni, fino a un centinaio di esemplari. In questo caso, annotato i ricercatori, l’obiettivo principale è tuttavia essere più efficaci nella difesa dai predatori, in primis lupi e volpi artiche.Anche tra le cornacchie, più comuni alle nostre latitudini gli assembramenti invernali sono pratica diffusa, con più piccoli stormi che si uniscono formando colonie di centinaia, in alcuni casi migliaia, di uccelli, provenienti dalle aree circostanti. Emblematico il caso del bosco di Buckenham Carrs, nel Norfolk, Inghilterra orientale: qui ogni inverno si radunano, da secoli, oltre 50 mila corvi. Di giorno, si allontanano in piccoli gruppi alla ricerca di cibo; di sera, tornano nei dormitori. Stando vicini, riducono la dispersione di calore e, sostengono gli esperti, condividono informazioni utili sulle rotte più proficue per procacciare cibo.

Anche noi ci siamo riuniti per sopravvivere?

A suggerire la formazione di gruppi invernali è anche l’ottimizzazione delle risorse idriche, come nel caso delle coccinelle: attraversano la cosiddetta diapausa, che consente loro di sopravvivere senza nutrirsi. Così, formare gruppi di centinaia o migliaia di esemplari li aiuta a risparmiare energia, creando un microclima con temperature più stabili e umidità più elevata, circostanza che riduce il rischio di disidratazione. In centinaia, si radunano d’inverno in tane comuni anche i serpenti giarrettiera californiani dal fianco rosso, talvolta sfruttando gli anfratti abbandonati dagli scoiattoli o i pozzi in disuso: il loro areale di distribuzione abbraccia il Canada, dove la coesistenza forzata faciliterebbe il successo riproduttivo in primavera. E non v’è dubbio che le ragioni fisiologiche degli assembramenti invernali siano alla base anche dei comportamenti primigeni dei nostri antenati, che nella notte dei tempi condividevano calore e risorse adottando strategie condivise di sopravvivenza agli inverni rigidi. La cultura, nel corso dei secoli, ha fatto il resto.

Dall’albanella allo spinarello, i regali nel mondo animale

E non c’è solo l’aggregazione sociale a suggerire analogie di fondo tra animali e Sapiens. Nei giorni in cui celebriamo il valore dei regali, icone del Natale degli esseri umani, c’è chi sottolinea quanto anche nel mondo animale il dono – inteso come scambio – rivesta una certa importanza. “Proprio così. – annuisce il naturalista Rosario Balestrieri, divulgatore attraverso “Geo” – Qualche esempio? Nelle albanelle il dono alimentare presenta una sua messa in scena ritualizzata e spettacolare che si manifesta attraverso un passaggio aereo del cibo in modo coordinato, un rituale che consolida il legame di coppia. Il maschio, dopo aver catturato la preda, torna nell’area di nidificazione e lancia un richiamo caratteristico per avvisare la compagna. La femmina si alza in volo per incontrarlo e, nel momento clou, mentre i due rapaci volteggiano, il maschio lascia cadere la preda. La femmina, in un’inversione di rotta istantanea, si rovescia in aria, protendendo le zampe per afferrare il cibo al volo con una precisione impressionante, prima che raggiunga il suolo”. E’ un dono nuziale, più che natalizio, quello della sterna comune, instancabile pescatrice: “Il pesce offerto dal maschio alla femmina – spiega Balestrieri – non è solo un gesto romantico, ma un investimento energetico che influenza direttamente il successo riproduttivo e le dinamiche di coppia”. Celebre il caso dello spinarello: “Il maschio si assume l’onere di raccogliere alghe e vegetazione, cementandole con una secrezione renale appiccicosa per creare un elaborato nido a galleria o cupola. – spiega Balestrieri – Il nido non è solo un rifugio, ma un vero e proprio corteggiamento, che induce la femmina a valutarne attentamente la qualità, la dimensione e la robustezza. Se è accettato, lei depone le uova al suo interno”. Decisamente più impegnativo di un pullover impacchettato sotto l’albero.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml

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