Biosyness è una pelle vegana totalmente Made in Italy a base di scarti della lavorazione del caffè che si distingue nell’intero settore per le sue qualità di durevolezza, oltre che di sostenibilità. “Ecco perché siamo convinti che sia una soluzione ideale per l’arredamento tessile e imbottiti. Si pensi ad esempio ai divani. Ovviamente in base alle formule si può usare per accessori moda, abbigliamento e persino merchandising”, spiega il fondatore dell’azienda produttrice Biosiness, Alireza Mansouri, esperto di biotecnologie e bioeconomia.
Il dato eclatante di partenza è che ogni anno la lavorazione del caffè a livello globale produce circa 40 milioni di tonnellate di scarti (The Center for Circular Economy in Coffee) e sottoprodotti, generati in tutte le fasi della filiera dal raccolto alla torrefazione. Uno di questi scarti si chiama silverskin: una pellicola sottilissima e argentea che aderisce al chicco di caffè e si stacca durante la tostatura. Costituisce circa l’1-2% del peso del chicco, ma è molto abbondante a livello industriale. In alcuni casi viene impiegato per farne compostaggio, componente per pannelli isolanti, biogas, cosmetici, colorante naturale, addensante. In altri viene smaltito come rifiuto speciale. Biosiness lo acquista tendenzialmente dalle torrefazioni italiane, lo polverizza e lo mixa – secondo un procedimento e una formula proprietaria – con granuli termoplastici di origine biologica. E ovviamente non impiega solventi, plastificanti e coloranti chimici.
La storia
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Una pelle vegana che profuma di caffè
Il prologo della storia di questo progetto inizia in Iran quando Mansouri non ha ancora trovato la risorsa ideale per creare un nuovo materiale sostenibile. Quando decide però nel 2019 di lasciare il suo paese e studiare bioeconomia a Milano, proprio nella caffetteria dell’Università ha un’epifania. E così inizia a studiare il caffè, gli scarti, le lavorazioni e l’anno dopo mette in piedi i primi metodi e prototipi. Nel 2021 nasce la prima versione della sua pelle vegana, nel 2022 affina il processo di industrializzazione con un’impresa del nord Italia e nel 2023 avvia la produzione in scala con più partner industriali situati tra il Piemonte e il Veneto.
Adesso la pelle Biosyness è realizzata con una percentuale variabile di silverskin e bio-TPU, ovvero poliuretano termoplastico realizzato da scarti agricoli. Un buon compromesso è 50% e 50%, con l’aggiunto di fondi di caffè per influenzare la cromia. “Ma di fatto scegliamo la formula ideale per le esigenze del cliente e poi per la produzione ci affidiamo ai nostri partner. Siamo fieri di aver raggiunto una soglia di resistenza pari a 120mila cicli di abrasione”, sottolinea l’imprenditore. Dopodiché come supporto si possono usare altri materiali naturali come ad esempio il cotone. La componente bio-based può andare dall’80% al 95%.
I rotoli di Biosyness possono essere ordinati in vari colori, ma per quelli più chiari si è costretti a ridurre la quantità di silverskin. Anche lo spessore è a scelta (max 6mm) così come l’eventuale resistenza al fuoco; la resistenza ai raggi UV è sempre presente. “La pelle mantiene naturalmente un leggero profumo di caffè, ma se si desidera, con uno specifico trattamento si può eliminare”, puntualizza Mansouri.
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Il mercato è sostenibile
Secondo le analisi di mercato e di sostenibilità fatte negli anni da Mansouri qualsiasi materiale è più impattante del Biosyness. Se la vittoria a mani basse nei confronti della pelle artificiale tradizionale è prevedibile, colpisce che lo stesso vale anche per la pelle naturale e quella artificiale senza solventi. La stima è di almeno l’80% in meno di kg di CO2 e acqua.
“Sappiamo che il mercato globale di pelle vegana è destinato a superare il miliardo di dollari entro il 2030 e di questi 47 milioni afferiranno al segmento arredamenti e accessori europeo. Il nord Italia secondo le stime raggiungerà i 12 milioni. Noi siamo pronti, abbiamo già una dozzina di partner industriali italiani che credono in noi e un modello che è scalabile in ogni regione”, conclude Mansouri. Ok, ma dove si getta a fine vita? “Nella plastica. Si può tranquillamente riciclare”.