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Svelato il segreto della balena artica. “Può aiutarci a capire come vivere più a lungo”

Antichissimi arpioni potrebbero essere il primo tassello di un puzzle verso l’immortalità? E c’è davvero – come sognano Putin e Xi Jinping – la possibilità di vivere fino a 150 anni? Domande che di recente trovano risposte incoraggianti dallo studio di uno degli animali più longevi al mondo: la balena della Groenlandia, anche conosciuta come balena artica o polare. Fino a pochi decenni fa si credeva che questa specie, come per altri grandi mammiferi marini, potesse vivere al massimo una settantina d’anni o poco più.Negli anni Novanta però, nell’artico, è avvenuto a più riprese qualcosa di sorprendente: sono state ritrovate balene polari che avevano ancora conficcati all’interno degli arpioni. L’analisi di quegli strumenti da caccia, alcuni creati addirittura a fine Ottocento, hanno portato gli scienziati ad indagare ulteriormente e scoprire che queste balene che vivono in acque ghiacciate possono arrivare addirittura a 200 anni di vita.

Come fanno dunque questi straordinari animali, capaci di pesare anche 80 tonnellate, a sopravvivere così a lungo? Per comprendere il segreto di questi cetacei un gruppo internazionale di ricercatori, come raccontano in uno studio da poco pubblicato su Nature, è partito da un fatto: pochissime balene sviluppavano forme di cancro.

Indagando il perché gli scienziati sono arrivati a comprendere quella che in futuro potrebbe essere davvero una chiave per migliorare la longevità umana e anche la prevenzione dalle malattie.Bisogna infatti considerare che tutti gli organismi viventi nel corso dell’esistenza subiscono danni al DNA. Quando ciò avviene le cellule cercano di riparare il danno, non sempre riuscendoci, e l’accumulo di mutazioni nel tempo può aumentare appunto il rischio di cancro o accelerare l’invecchiamento, compromettendo sia cellule che tessuti. In questo contesto però le balene della Groenlandia si comportano diversamente. Le loro cellule infatti appaiono estremamente abili nel riparare i danni al DNA quando i filamenti della doppia elica del DNA subiscono rotture. Una abilità che significa “meno mutazioni. Quello che stiamo scoprendo è che questo tipo di riparazioni sono molto importanti per una lunga vita”, sostiene la professoressa Vera Gorbunova, biologa presso l’Università di Rochester a New York.In particolare il segreto delle balene artiche è racchiuso in una proteina chiamata CIRBP: questa viene attivata soprattutto grazie all’esposizione al freddo, facile da comprendere nel contesto gelato dei poli.

Sarebbe dunque la CIRBP ad accelerare e permettere le riparazioni del DNA. In media, proprio grazie alle acque fredde, le balene della Groenlandia producono 100 volte più proteine CIRBP degli esseri umani. “Grazie a queste proteine avviene una strategia che non elimina le cellule danneggiate ma le ripara fedelmente e potrebbe contribuire all’eccezionale longevità e alla bassa incidenza del cancro nella balena della Groenlandia”, scrivono i ricercatori su Nature.

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Una volta acquisita questa informazione gli scienziati sono passati ai moscerini: un aumento di CIRBP ha mostrato l’allungamento della durata della vita e una maggiore resistenza a radiazioni che possono causare mutazioni. Infine, sempre in laboratorio, è stata la volta delle cellule umane: anche qui l’aumento della proteina ha praticamente raddoppiato la percentuale delle rotture a doppio filamento riparate dalle cellule. Quindi secondo Gorbunova “la prima conclusione che possiamo trarre è che c’è margine di miglioramento negli esseri umani. Si pensava che non potessimo migliorare la riparazione del DNA, che fosse già ottimale, ma invece la balena lo fa meglio di noi”.

Attualmente nuovi esperimenti sono in corso sui topi. Anche qui, grazie al potenziamento della proteina CIRBP, gli esperti vogliono capire quanto a lungo possono vivere. E poi c’è un ulteriore fatto da comprendere: quanto, passare del tempo in acque fredde (comprese le docce quotidiane), aiuta ad elevare i livelli della proteina? “Dobbiamo verificare se una breve esposizione al freddo sia sufficiente, ma valuteremo anche soluzioni farmacologiche per raggiungere questo obiettivo” spiegano i ricercatori.

Infine, al di là di sogni di immortalità, lo studio delle proteine delle balene artiche potrebbe portare anche a prevenire il cancro perché, chiosano gli esperti, “l’abbondanza di proteine come la CIRBP potrebbe un giorno consentire il trattamento dell’instabilità del genoma come fattore di rischio modificabile per le malattie. Ciò potrebbe essere particolarmente importante per i pazienti con una maggiore predisposizione genetica al cancro, o più in generale, per le popolazioni anziane a maggior rischio di sviluppare tumori”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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