Negli ultimi anni la coscienza ambientale è cresciuta, ma basta fare caso alla quotidianità per rendersi conto di quanto anche la plastica continui a occupare la vita di chiunque. Nonostante le alternative ecologiche ai soliti contenitori di plastica, questo materiale è comunque piuttosto presente e lo si vede anche dalle piccole cose. Gli imballaggi di plastica ci sono e ci saranno sempre, sono parte integrante della vita di ognuno e la loro distribuzione è, appunto, mondiale. Ma quanto durano mediamente questi contenitori e come si può fare per riciclarli?
Contenitori di plastica: quanto durano nella media?
In realtà parlare di “durata” della plastica è un concetto non proprio semplice, perché essa dipende da molti fattori. Bisogna infatti considerare il tipo di plastica, le condizioni d’uso, gli stress termici, i graffi, l’esposizione a luce ultravioletta e tutte le sollecitazioni meccaniche a cui può andare incontro. Insomma, non tutti i contenitori di plastica sono uguali, quindi anche la durata sarà diversa. Ad esempio, le bottiglie monouso in PET dovrebbero durare circa uno/due anni se la conservazione è corretta (senza considerare l’esposizione al sole che potrebbe danneggiarle). Se invece parliamo di contenitori di plastica più durevoli (propilene PP, ad esempio), la durata aumenta di diversi anni. I pallet di plastica, invece, possono arrivare a durare anche quattro anni. Questo discorso non ha nulla a che vedere con la degradazione del materiale nell’ambiente. È risaputo infatti che la plastica impiega tantissimi anni per “sciogliersi” in natura, ed è proprio uno dei motivi per i quali gettare un qualsiasi rifiuto in giro per le strade etc. è considerato altamente nocivo per l’ambiente e il suo futuro.
Quanto durano i contenitori di plastica alimentari
Nei contenitori che usiamo quotidianamente per conservare alimenti (es. plastica alimentare), ci sono accortezze specifiche da considerare. Ad esempio, i materiali più sicuri (come PP, HDPE) tendono a resistere meglio all’uso ripetuto rispetto a plastiche più fragili o sottili. Come capisco quando è ora di buttare un contenitore alimentare? Quando appare scolorito, rigato, deformato o con odori persistenti che non vanno via neanche dopo diversi lavaggi. Anche l’uso del microonde o della lavastoviglie potrebbe accelerare il rilascio di sostanze indesiderate. Meglio dunque non aspettare anni, ma sostituire i contenitori quando mostrano chiari segni di usura.
Quali sono i fattori che accorciano la durata dei contenitori di plastica
Abbiamo visto che i contenitori in plastica per alimenti potrebbero iniziare a perdere la loro efficacia anche (ma non solo) a causa di fattori specifici da osservare nel corso del tempo. L’occhio vuole sempre la sua parte, ma questo vale per tutti i contenitori fatti di questo materiale. A che cosa, quindi, prestare attenzione per capire se sia o meno il caso di sostituire i contenitori in plastica? Ma soprattutto, quali sono i fattori che accorciano la loro durata?
Shock termico: passare da caldo a freddo, microonde, congelatore e lavastoviglie danneggiano la struttura molecolare;
Lavaggio intenso o abrasivo: spugne ruvide o detergenti aggressivi favoriscono graffi microscopici;
Luce solare / UV: la radiazione degrada i polimeri, rendendoli più fragili;
Acidi, oli, cibi pigmentati: alimenti fortemente acidi (pomodoro, agrumi) o coloranti aggressivi possono interagire con la plastica;
Tipo di plastica: non tutte le plastiche sono uguali. Alcuni polimeri resistono meglio, altri sono più vulnerabili.
Come si producono i contenitori di plastica
La produzione degli imballaggi in plastica inizia dalla lavorazione di petrolio e metano, da cui si ricavano i monomeri (carbonio e idrogeno). Questi, attraverso la polimerizzazione, si trasformano in resine come polietilene, polipropilene e PET, le plastiche più diffuse. Le resine vengono poi fuse e modellate con tecniche diverse (estrusione, iniezione, soffiaggio sono alcuni esempi) per dare forma a buste, contenitori alimentari o flaconi per detergenti. Durante il processo possono essere aggiunti coloranti e additivi per migliorarne resistenza e durata, ad esempio contro raggi UV o alte temperature. Oggi, la sfida principale dell’industria è ridurre l’impatto ambientale, puntando sempre più sull’uso di granuli di plastica riciclata e su soluzioni sostenibili.
Come riciclare correttamente un contenitore di plastica
Gettare i contenitori di plastica nell’apposito cassonetto dovrebbe essere la base per una sana civiltà. Eppure, ci sarebbero anche altre piccole-grandi azioni da compiere se si volessero fare le cose nel modo più perfetto possibile.
Riconoscere il tipo di plastica
Spesso sul fondo del contenitore c’è un simbolo a forma di triangolo con un numero (da 1 a 7): si tratta del codice RIC (Resin Identification Code), che permette di capire se il materiale è facilmente riciclabile. Ad esempio, PET (codice 1) e HDPE (codice 2) sono tra i più riciclati. Plastiche con codice 3, 6 o 7 possono essere più difficili da trattare.
Pulizia e separazione
Dicono che si potrebbe anche non fare, ma sarebbe meglio sciacquare tutti i contenitori di plastica prima di buttarli nel bidone. Importantissimo, per quanto banale, ricordare di rimuovere eventuali etichette, tappi diversi se, ovviamente, in materiale che non sia la plastica.
Schiacciare e/o comprimere quando possibile
Come per la carta, anche la plastica dovrebbe essere schiacciata prima di essere buttata. Questo comporta una maggiore facilità e praticità nella gestione dei cassonetti e di conseguenza nei centri di raccolta.
Favorire plastiche riciclabili
Quando si sceglie un contenitore nuovo, sarebbe meglio prediligere quelli con codici RIC ben gestiti localmente (quindi 1,2,4 e 5). Da evitare, se possibile, materiali multistrato (quindi plastica e alluminio insieme) se non sono riciclabili nella zona in cui si abita.
