Viene impiegato per friggere le patate, per conservare il tonno o i carciofini, per realizzare i prodotti di bellezza. È l’olio che, una volta esausto, diventa uno dei rifiuti domestici più inquinanti.
Secondo il Consorzio nazionale raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti (Conoe), in Italia si producono circa 260mila tonnellate di olio alimentare usato all’anno, delle quali circa i due terzi provengono da abitazioni private e meno del 10% viene recuperato. Dati, questi, confermati da quelli recentemente forniti dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), secondo i quali la media raccolta a livello domestico sarebbe di 0,24 litri per abitante.
Gli errori più comuni
Diffusa, e del tutto errata, l’abitudine di buttare nel lavandino o nel wc questo rifiuto, che non si degrada e inquina le acque. Come afferma il ministero dell’Ambiente, “basta, infatti, un solo litro d’olio usato per contaminare un milione di litri d’acqua”. Senza contare che questo liquido può ostruire le tubature e persino compromettere il funzionamento degli impianti di depurazione.
Sbagliato anche asciugare l’olio con carta assorbente e gettarlo nell’indifferenziata o nell’umido oppure lasciarlo nel vasetto e gettare entrambi nel contenitore del vetro.
Sarebbero da evitare anche i prodotti per la solidificazione dell’olio, come Fry Away, che contengono sostanze chimiche in scaglie. Una soluzione comoda, ma non certo ecologica, dato che il tutto va a finire nel bidone dell’indifferenziata.
I vantaggi del riciclo
In realtà l’olio esausto, se raccolto e smaltito correttamente, può essere rigenerato e trasformato in nuove risorse con benefici ambientali ed economici. Può anzitutto essere utilizzato per produrre biodiesel, un carburante rinnovabile in grado di sostituire quelli di origine fossile. Ma può anche essere impiegato per realizzare, per esempio, biolubrificanti, saponi e detergenti, cosmetici, inchiostri, grassi per la concia, cere per auto.
Secondo il Conoe, se ogni anno in Italia tutti gli oli vegetali esausti venissero trasformati in biodiesel, si eviterebbe l’emissione di circa 790mila tonnellate di anidride carbonica e si risparmierebbero circa 282mila metri cubi di acqua.
Pochi passaggi fanno la differenza
Per fare in modo che questi importanti vantaggi si concretizzino basta effettuare una corretta raccolta domestica dell’olio usato. Anzitutto occorre, qualora fosse necessario, lasciarlo raffreddare. Quindi versarlo, con l’aiuto di un imbuto, in una bottiglia di plastica pulita, come quelle dell’acqua o dei succhi di frutta, che non si rompono. Infine, dopo avere chiuso bene il tappo, bisogna conferire la bottiglia, una volta piena, negli appositi centri di raccolta presenti nel proprio Comune.
Più punti di raccolta e più informazione
Per fare il punto su questo tema e proporre eventuali soluzioni, nel giugno del 2025 Altroconsumo ha condotto un’indagine su dieci Comuni. I più virtuosi sono risultati quelli di Torino e Genova, che hanno installato più punti di raccolta dedicati sul territorio. Bene anche le amministrazioni comunali di Roma, con punti di raccolta nelle scuole, di Milano nei supermercati e mercati comunali o di Bari nelle parrocchie. Iniziative lodevoli, che però, secondo l’analisi, restano pratiche isolate.
“Dalla nostra ricerca è emerso che uno dei principali ostacoli al corretto conferimento dell’olio usato è proprio l’inaccessibilità dei punti di raccolta, pochi e spesso lontani da casa”, sostengono gli esperti dell’associazione. “Per superare questa criticità, è necessaria l’introduzione a livello nazionale di standard minimi che tutti i Comuni sono obbligati a rispettare. Importante anche puntare di più sull’informazione, realizzando campagne di sensibilizzazione e comunicazione rivolte ai cittadini”.