in

Maurizio Nichetti: “Sono un eco-ottimista, anche un po’ pessimista”

È sempre difficile dare una definizione ad un artista. Se, poi, si tratta di Maurizio Nichetti è ancora più complesso: regista, sceneggiatore, attore, mimo, fumettista ma anche docente all’università IULM di Milano e direttore di festival. A queste potremmo oggi aggiungerne una, almeno a giudicare dal nuovo film “Amiche Mai”, quella di ecologista.

Tornato alla regia dopo 23 anni nella nuova opera “Amiche mai”, infatti, svela tutta la sua attenzione (e la preoccupazione) per il green. Una sensibilità “verde” che in realtà ha attraversato tutta la sua carriera, iniziata proprio nei primi anni Settanta quando nel mondo si affermava una nuova eco-coscienza con gli studi di Barry Commoner e Gregory Bateson o i grandi movimenti di massa come l’Earth Day.

“Avevo poco più di venti anni – spiega Nichetti – quando ho iniziato a lavorare nella società di Bruno Bozzetto e devo confessare che del fermento che attraversava il mondo sui temi dell’ambiente avevo solo echi fiochi e lontani. Devo però anche dire che ho percepito subito da parte di Bruno Bozzetto una grande attenzione ad alcuni aspetti come quelli dell’inquinamento, del traffico, del consumismo. In un cortometraggio di Bruno del 1971, che si chiamava “Sottaceti”, uno dei personaggi apriva il rubinetto della vasca da bagno e ne uscivano, invece dell’acqua, ogni sorta di rifiuto e questo in un’epoca in cui sicuramente non si parlava ancora di differenziata. Anche in “Allegro non troppo”, di qualche anno successivo, troviamo tanti altri elementi di allarme. Potremmo dire – continua Nichetti – che non avevamo una chiara coscienza ecologica ma percepivamo che stavano per arrivare situazioni di degrado che ci avrebbero rovinato la vita.”

Anche nei tuoi primi film troviamo passaggi che rivelano la tua considerazione al green. Come ad esempio in “Ratataplan”, del 79, dove, in una delle scene iniziali, il protagonista – il neolaureato ingegnere Colombo (da te interpretato) – partecipa ad una selezione di lavoro nella quale gli viene richiesto di disegnare un albero e risulta essere l’unico scartato, perché ha raffigurato un albero bellissimo, ricchissimo di rami e foglie a differenza degli altri che si erano limitati a tracciare delle linee. Una previsione di come l’uomo si sarebbe comportato negli anni successivi con l’ambiente naturale?

“Nel ‘68 avevo esattamente 20 anni e quindi posso dire di aver fatto parte di una generazione che rivendicava una indipendenza dal mercato. Ci vestivamo tutti, ad esempio, con l’usato. Tutto questo rifiuto del consumismo in “Ratataplan” è raccontato ma non come atto di denuncia. Era semplicemente la fotografia di una realtà. La scena della selezione l’ho inserita molto semplicemente perché nei miei primi rapporti professionali ho lavorato per una multinazionale che utilizzava questo test psicologico per la selezione del personale e mi sembrava assurdo che ad essere esclusi fossero proprio quelli che dimostravano più fantasia e ricchezza espressiva. Devo ammettere, comunque, che questa scena oggi si presta ad esser letta in molti modi ed è anche rappresentativa del fatto che rispetto alla scelta di un mondo fatto di natura, colori, alberi, animali la società del tempio sia andata in un’altra direzione facendo scelte penalizzanti per l’ambiente.”

Maurizio Nichetti sul set di “Amiche mai” (foto: Pietro Rizzato) 

Sempre in “Ratataplan” Colombo, che lavora come cameriere in un chiosco- bar, porta per tutta Milano un bicchiere d’acqua che subisce ogni tipo di agente inquinante: dai gas di scarico di un camion alle vernici versate per errore da imbianchini che vi intingono i pennelli, dai piccioni che vi si posano sopra per mangiare del becchime fino a un insetto che vi cade dentro. Tutto questo, però, incredibilmente attribuisce funzioni taumaturgiche all’acqua e i moribondi che la bevono guariscono. Una denuncia sul degrado delle città?

“In realtà lì c’è un vero salto mortale. Sono partito dalla considerazione di come tutto, anche un semplice bicchiere d’acqua, in una città si inquini, si contamini in maniera irrimediabile. Ho voluto, però, lasciare spazio all’ottimismo e quindi ho raccontato, come in una fiaba, come nonostante tutto ci possa ancora essere spazio per noi per vivere. E quindi quest’acqua è diventata per assurdo salvifica. Aggiungo un piccolo aneddoto. Questa scena doveva essere in realtà un cortometraggio autonomo da realizzare con Bruno Bozzetto. Poi per alcune vicende produttive non se ne fece più niente e allora l’ho recuperata per il film.”

Qual è oggi il tuo rapporto con il mondo dell’ecologia?

“Di profondo rispetto e preoccupazione. Ho sempre avuto una predisposizione positiva per la natura e ho sempre amato frequentare ambienti naturali. Sono attento ad un uso corretto delle risorse e a non sprecarle. Cerco di riutilizzare e sono attento all’idea del riciclo dei materiali. Tutto questo mi è sempre sembrato un comportamento corretto e oggi lo considero necessario e tassativo. Devo aggiungere che in questi anni vivo una sorta di paura profonda quando mi accorgo di quanti danni stiamo producendo alla natura. Penso alla fusione dei ghiacciai e in generale al cambiamento del clima. Dall’anno scorso, poi, sono il direttore artistico del festival cinematografico “Visioni dal Mondo” dedicato al documentario ed una parte della rassegna è dedicata ai temi dell’ambiente per cui sono diventato ancora più sensibile al problema.”

Anche per queste ragioni hai seguito, per la lavorazione del tuo ultimo film, “Amiche Mai” un protocollo green per la riduzione delle emissioni. Che difficoltà ha comportato nella lavorazione?

“Oggi l’adozione di set green per la realizzazione dei film, per fortuna, è molto più diffusa di quanto lo fosse solo pochi anni fa. Trovo che sia una regola sana e sono contento si stia affermando. Una troupe può essere formata da centinaia di persone e l’impatto in termini ambientali può essere alto. Piccole pratiche ripetute per i giorni di lavorazione possono portare a risultati significativi. Inoltre lavorare in un set attento al green non crea nessun problema. Anzi farlo per “Amiche Mai” mi ha reso più sereno.”

Nei tuoi film ci sono spesso degli animali. Nel ‘95 hai girato il film “Palla di neve” in cui i protagonisti si attivano per salvare un beluga da un acquario. Credi che ci sia rispetto per la condizione animale?

““Palla di neve” è tratto dal libro omonimo di Emilio Nessi e racconta la storia di amicizia accaduta realmente tra un beluga e un fotografo. Ho preferito proporla come favola e anche per questo ho scelto attori nel cast come Paolo Villaggio, Leo Gullotta e Monica Bellucci. Non credo che ci sia oggi rispetto per gli animali. Lo dico d’istinto ma convintamente. Devo confessare che ho, tra amici e parenti, tantissimi che mi segnalano quante storture e abusi vengono commessi nei loro confronti. Conosco persone che hanno fatto della tutela animale, nei santuari, il loro impegno. Trovo che sia una lotta contro i mulini a vento perché se pensiamo all’industria degli allevamenti intensivi, della macellazione e i numeri che ruotano intorno ad essa credo che sia una battaglia difficile da vincere. Di fronte a tutto questo mi piacerebbe dire che sono diventato vegetariano ma non posso perché non è completamente vero anche se ho ridotto drasticamente il consumo di carne.”

Il tema è presente anche nel tuo nuovo film che si apre con Angela Finocchiaro, che nel ruolo di una veterinaria fa nascere un vitello. Come hai affrontato la scena?

“Pensare a quelle riprese è stato uno dei momenti più complessi del film. Avevo il forte desiderio di iniziare il film con una nascita ma era importante, per me, evitare che potesse emergere l’idea di uno sfruttamento animale. Ne è emersa una scena molto delicata in cui la veterinaria accudisce con trasporto e partecipazione la mucca, accompagnandola in ogni istante al parto. La scena durante la lavorazione ha subito diversi cambiamenti proprio per soddisfare pienamente questo tipo di sensibilità.”

Nel film hai introdotto due personaggi, due giovani content creator, che, affiancandosi alla narrazione del film in una sorta di back stage, nei loro messaggi social parlano spesso di aspetti green del film. Pensi ad una alleanza tra social e cinema?

“Ho pensato a due giovani perché nei media il tema è emerso con forza grazie all’impegno di Greta Thunberg, che proprio da bambina iniziò con gli scioperi per l’ambiente. E lo strumento per la diffusione di questo messaggio sono stati proprio i social. Oggi gli schermi dei telefonini sono diventati più centrali di quello cinematografico per cambiare l’immaginario delle persone. Non sono nemico delle tecnologie ma credo che il loro abuso sia dannoso, in prima battuta, alla creatività delle persone e, a volte, anche all’ambiente, come nel caso dei droni che disturbano sicuramente gli uccelli. E sono contento, nel mio piccolo, ad averne calpestato uno nel film.”

In “Amiche mai” affronti il tema del cambiamento climatico con un lago ghiacciato che non è più tale e sveli tutto il tuo interesse per il green. Può essere considerato un film attivista?

“Direi di sì. Io ho simpatia per le lotte dei movimenti ambientalisti. Stimo le persone che si impegnano per il bene comune. Sono un eco-ottimista con una punta di pessimismo perché non vedo grandi miglioramenti.”


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


Tagcloud:

I carrelli della spesa abbandonati inquinano. Ecco perchè

Pompa di calore o caldaia a condensazione, quale conviene di più?