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“L’instabilità del Mediterraneo coincide con l’emergenza ambientale”

LUCCA – Guerre, tensioni commerciali, scenari politici ed economici in continua evoluzione. Viviamo tempi instabili, con conseguenze che vedono coinvolte società, imprese e vita quotidiana. Lo tocchiamo con mano nel giorno dello sciopero generale contro l’abbordaggio della Global Sumud Flotilla da parte di Israele, che ha bloccato le navi accorse per creare un corridoio umanitario in aiuto al popolo palestinese. Al centro dell’attenzione internazionale, dunque, il genocidio che la società civile, oggi impegnata a scioperare pacificamente con i sindacati Cgil e Usb, chiede di fermare. In un’Italia bloccata dalle manifestazioni contro la guerra a discutere di temi così complessi e delicati assieme, nella cornice del Pianeta Terra Festival di Lucca (dal 3 al 5 ottobre), sono Antonio Pace e Nathalie Tocci, in un dialogo moderato da Paola Pica e organizzato da Sofidel dal titolo “Un mondo incerto: i difficili scenari tra geopolitica ed economia”.

Dai “georischi” al “greening”: scenari futuri

I georischi sono alla base di questa instabilità e ci toccano più di quanto non crediamo, spiega Antonio Pace, che all’Università Cattolica del Sacro Cuore insegna risk management. Antonio Pace si occupa da più di vent’anni di investimenti nei mercati globali, ha vissuto in zone di guerra e, spostando lo sguardo dall’Asia all’Europa, spiega anche come l’instabilità del Mediterraneo coincida con l’emergenza ambientale.

“Prima del Covid già si pensava a investire nel green. Dal 2022, con il conflitto ucraino, il green è diventato greening. Oggi il blocco America-Asia sembra avere una visione diametralmente opposta alla transizione energetica, mentre noi (l’Italia, ndr) oggi compriamo gas. Viviamo ancora di idrocarburi ma il greening rappresenta qualcosa che sta avvenendo”. Un obiettivo imprescindibile, guardando al futuro. E non solo per motivi di politica ambientale globale, ma perché il business va in questa direzione. Questo interessa tutti e quattro i macrosettori all’origine del conflitti internazionali: energia, robotica, difesa e agricoltura. “Quest’ultimo non può che essere un campo cruciale, se pensiamo al food, nel quale la transizione energetica e le tecnologie (come l’AI) rappresentano un’opportunità eccezionale di sviluppo. Poi c’è lo Spazio, con un valore pari a tremila miliardi di dollari stimati nel 2030”. Un altro settore dove la partecipazione europea è importante e le possibilità di sviluppo enormi.

L’instabilità e il ruolo della società civile

“Se parliamo del Mediterraneo non si può trascurare il conflitto Israele-palestinese e per questo sono contenta di essere arrivata in ritardo”, interviene Nathalie Tocci, politologa e direttrice dell’Istituto Affari Internazionali di Roma, alludendo alle difficoltà logistiche incontrate per raggiungere la sede del dibattito viaggiando da una città all’altra paralizzata dalle proteste.

Nathalie Tocci, politologa e direttrice dell’Istituto Affari Internazionali di Roma 

“D’altronde un processo di pace è un negoziato tra due parti in un conflitto, che in questo caso non c’è. Esiste solo un piano immaginato e riscritto dal governo Usa dopo una prima stesura di Tony Blair, in seguito condiviso con i Paesi Arabi che avevano suggerito modifiche rimaste in sospeso. Fino ad arrivare alla versione attuale, rimaneggiata dal governo Trump, che non prevede neppure un ritiro delle truppe israeliane di occupazione da Gaza. Questo piano non porterà a una risoluzione, perché seppure porterà a una tregua, non sposterà il conflitto. Quel che può spostare molto, invece, è quello che sta accadendo con la mobilitazione globale della società civile, intervenuta oggi in assenza di intervento da parte dei governi. Se ci chiediamo cosa concretamente potrebbe cambiare, possiamo immaginare che, laddove la mobilitazione continui, si potrebbe arrivare a quello che chiamo il ‘momento sudafricano dell’apartheid’, quando cioè la pressione venuta dal basso ha davvero inciso sulla storia”. E la proposta della Commissione europea su “misure seppure micro sanzionatorie nei confronti di Israele” per Nathalie Tocci “è una piccola luce in fondo al tunnel” su cui può avere avuto un impatto la reazione della società civile. Perché, spiega, “se c’è una responsabilità oggi è quella dei nostri governi”.

Il modello Flotilla come nuovo modello partecipativo al dissenso, dunque? “Quando sui grandi temi internazionali la società civile riesce a far sentire la propria voce a livello transnazionale e a mantenere alta l’attenzione, con obiettivi chiari”, – prosegue Nathalie Tocci – “allora possiamo sperare di cambiare le cose in meglio”.

Ma perché la parola genocidio ora è così divisiva? “Perché è stata politicizzata. Ma visto che è stato raggiunto un parere unanime sui fatti in corso, bisogna fare in modo che l’uso non venga più strumentalizzato”, chiarisce Tocci. E fare di tutto perché non accada nella realtà.

Antonio Pace insegna risk management presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore 

Per Antonio Pace “quel che è complesso da capire è la discrasia tra narrativa e realtà. Ora la Flotilla è stato lo strumento che ha posto il tema della narrativa che è stata percepita finora.” Ma il quadro geopolitico è tutt’altro che semplice. “Va considerato che il presidente israeliano ha fatto intendere di avere un disegno di potenziale grazia nei confronti del presidente palestinese”, spiega Pace. Non secondario neppure il fatto che “si chieda al Qatar di non prendere parte alla questione. Si tratta di due elementi con effetti potenzialmente dirompenti” che rendono solo in parte la complessità di questo conflitto. “Tutto questo – conclude l’esperto di economia internazionale – crea un sistema profondamente instabile nel quale possiamo ritenere la Palestina una vittima innocente.”

Non è un caso se il Pianeta Terra Festival di quest’anno è dedicato ai “Sistemi instabili”. Lo spiega ancora Nathalie Tocci sull’ondata di una giornata di contestazioni pacifiche che non accenna a fermarsi: “D’altronde, l’azione della società civile è per definizione mirata a destabilizzare, ma questo accade nella misura in cui avviene in un contesto estremo, di genocidio appunto, nel quale i nostri governi si sono dimostrati spettatori inattivi. E, quindi, potrebbe essere questa la strada giusta per arrivare a una stabilità dialogante”.

Pianeta Terra Festival 2025 – Il programma


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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