Nella Sicilia nord-occidentale, là dove il paesaggio si apre tra colline e vigne, sorge fiero il Monte Bonifato, massiccio calcareo che domina la città di Alcamo. Sulla sua sommità, vive un bosco fitto e rigoglioso di conifere, latifoglie, lecci, roverelle, dove si aggirano volpi, conigli selvatici, ricci, ma anche tordi, poiane e picchi rossi. Nel 1984 il territorio, ampio 314 ettari, è diventato una riserva naturale, affidata alla Provincia di Trapani.
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Una lunga storia di fiamme e distruzione
Una zona, questa, nota per la vulnerabilità agli incendi, spesso di origine dolosa. Un rogo divampato nel 2012 ha distrutto gran parte della cima della montagna, mentre nell’estate del 2015 le fiamme hanno reso necessario l’intervento di vigili del fuoco, corpo forestale ed elicotteri. Per arginare il fenomeno, nel 2016 le istituzioni hanno affidato la manutenzione del bosco agli agenti di vigilanza: nonostante alcuni interventi, la situazione non è migliorata. Così varie associazioni, tra cui il presidio locale di Libera, hanno chiesto a gran voce interventi rapidi nel timore di ulteriori disastri: preoccupazioni che si sono rivelate fondate, visto che gli incendi si sono ripetuti negli anni seguenti distruggendo la vegetazione.
Il successo dell’azione collettiva dal basso
Di fronte all’inerzia degli enti, gli abitanti della zona si sono organizzati in autonomia per proteggere il territorio. Nell’estate del 2024 è nata un’esperienza di sorveglianza popolare antincendio, promossa dal collettivo ambientalista Muschio ribelle. La mobilitazione ha avuto come base operativa l’ex ostello della Funtanazza, in seguito sgomberato dalla Provincia. Con buona volontà e attrezzature di base, i volontari hanno assicurato una presenza quotidiana nei mesi più caldi e asciutti, fungendo da sentinelle contro possibili piromani. Un impegno che ha dato i suoi frutti: per la prima volta dopo molto tempo, nessun rogo ha colpito il bosco.
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Nell’estate del 2025 l’opera è proseguita, grazie a 28 volontari provenienti da Alcamo, dai Comuni vicini, come Castellammare del Golfo, Calatafimi, Trapani-Erice, e perfino da altre regioni. Concentrandosi sui giorni più critici, nei quali soffia il vento di scirocco, i cittadini hanno effettuato turni di perlustrazione per un totale di 10 giornate di allerta e circa 58 ore di presenza. Muniti di giubbotti ad alta visibilità, binocoli, cellulari, blocchetti di carta per annotare numeri di targa o movimenti anomali, si sono rivelati un utile deterrente: anche quest’anno, infatti, nessun incendio è stato appiccato nelle aree sorvegliate.
L’appello agli enti locali
L’iniziativa popolare ha sensibilizzato gli enti preposti, anche se per quanto riguarda la collaborazione ufficiale permangono problemi.
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“Abbiamo denunciato, per esempio, la presenza di discariche abusive ai piedi del monte, che aumentano il rischio incendiario”, fa sapere Baldo Lucchese, esponente di Muschio ribelle. “Dopo avere promesso un intervento con i droni, l’amministrazione non vi ha dato seguito. Parallelamente, resta irrisolta la questione della gestione della Funtanazza, bene pubblico che rischia di essere nuovamente abbandonato, perdendo l’opportunità di farne un presidio permanente per la riserva. La speranza è che le istituzioni non ci percepiscano come una minaccia, ma come una risorsa da integrare nelle strategie di gestione del patrimonio ambientale”.
In attesa che questa auspicata sinergia si concretizzi, gli attivisti lanciano il loro appello: “Uniamoci per proteggere e rigenerare la nostra terra. Possiamo essere le gocce che spengono gli incendi”.