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Crisi del clima: “L’IA può essere una soluzione se ci poniamo le giuste domande”

Se la principale emergenza mondiale che abbiamo di fronte è la crisi del clima, può l’intelligenza artificiale essere una soluzione per risolverla? Oppure, per via dei suoi enormi consumi di elettricità ed acqua per raffreddare i server, rischia di trasformarsi in una ulteriore criticità?

È la domanda che, alla Dolomites Conference di Venezia organizzata dal think tank Vision, si sono posti diversi fra scienziati, esperti e policy makers in vista del futuro.

Crescita economica e sfide ambientali: una via possibile

La risposta non è affatto scontata anche perché, come ha ricordato in un suo intervento il direttore scientifico del Cmcc Giulio Boccaletti: “La scienza deve, davanti a questa nuova sfida, capire quali sono le nuove domande da porsi”. Partendo da un concetto: “Come potremo affrontare le condizioni attuali e crescere allo stesso tempo a livello economico in un mondo in cui le condizioni del clima non sono più stazionarie rispetto al passato?”.

Per Boccaletti, oggi la scienza sta già facendo grazie all’IA enormi passi avanti per esempio nel campo delle previsioni meteo, ma quello che dobbiamo capire è come usare la stessa IA per porci nuovi quesiti e lavorare su questi. Un esempio è proprio usare la stessa intelligenza artificiale per avere delle risposte ai suoi futuri impatti sul clima.

I data center

Non tanto a livello di algoritmi, che potrebbero nel tempo contenere anche risposte, ma più che altro sulle infrastrutture che li sostengono, come i data center. Di recente tutte le grandi Big Tech hanno annunciato enormi investimenti sui data center: Google pensa a un superhub in India da oltre 15 miliardi di dollari, NVIDIA insieme a Black Rock ha invece firmato un accordo da 40 miliardi di dollari per acquisire Aligned Data Centers da Macquarie Asset Management. Se questi data center saranno il nuovo centro nevralgico dell’IA, saremo pronti a reggere l’impatto emissivo ed energivoro del futuro?

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L’impatto della IA sulla sostenibilità

Su questo ha provato a Venezia a rispondere direttamente Josh Parker, il capo della sostenibilità di NVIDIA. “Credo che sia giusto quello che è stato detto da Boccaletti: dobbiamo porci nuove domande. Una è proprio quale sarà l’impatto netto dell’IA sulla sostenibilità? La mia risposta è che sarà positivo, che avremo nuove soluzioni per ridurre i consumi, se usati in maniera corretta. Sì, i data center crescono, e finora soprattutto in Usa sono per esempio alimentati tramite gas naturale quindi sì, c’è un impatto a livello di emissioni. Ma in futuro saranno più legati alle energie pulite”.

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Parker sostiene che per esempio in Europa l’impatto emissivo dei data center sia di “appena l’1%, di cui all’interno il 15-20% è legato all’IA. In Usa ovviamente i dati sono molto più alti, ma stiamo lavorando per gestire i consumi attraverso energia rinnovabile. Attualmente però, anche se si fa allarmismo, i dati delle emissioni da IA sono decisamente più bassi di tutti gli altri settori, dall’edilizia sino ai trasporti”.Per capire come ridurre i consumi le Big Tech stanno usando i modelli dei gemelli digitali, riproduzioni con cui simulare e migliorare “per esempio i consumi d’acqua e di energia. In un esperimento fatto con un modello digitale si stima come si possa ridurre di 30% il consumo di energia dei data center e – conclude Parker di NVIDIA – sono sicuro che l’IA avrà un enorme potenziale per ridurre le emissioni climalteranti”.

Come raffreddare i server

Il tutto a patto che però si tenga conto delle diversità e delle fragilità dei territori. Nell’India dove crescono i data center ad esempio c’è un problema: la scarsità d’acqua. Chaitanya Ghiri dell’ORF’s Centre for Security Strategy and Technology di Mumbai ha spiegato durante la conferenza sull’isola di San Servolo come in India “l’acqua scarseggia ma il fenomeno dei data center avanza: dove prenderemo l’acqua per raffreddare i server? Dal mare? Serve consapevolezza e lavorare su nuovi piani per la sostenibilità: solo se troveremo equilibrio fra innovazione e risorse naturali allora le risposte positive che l’IA ci potrà dare per affrontare la crisi del clima saranno davvero utili”.

Un’altra domanda che dovremmo porci, di quelle che ricordava Boccaletti, secondo Andrew Wickoff, former Director of the Directorate for Science & Technology at OECD, è capire a chi andranno i benefici dell’intelligenza artificiale: “Al pubblico o al privato?”, un quesito che potrà aiutarci a lavorare in maniera più omogenea anche sui futuri impatti delle tecnologia su clima e ambiente.

Usa e Cina leader di IA e l’Europa?

E in questa enorme sfida, che oggi vede praticamente solo due colossi all’interno della stanza, ovvero Usa e Cina entrambi leader nell’intelligenza artificiale, l’Europa che arranca potrà un domani offrire nuovi modelli più sostenibili per l’IA?

Anche questa domanda contiene risposte difficili, perché secondo i tanti relatori presenti al panel di Venezia – tra cui Savinien Caracostea (Co-founder & Creative Director di META Foundation), Bernardino Sassoli de Bianchi professore dell’Università statale di Milano, Cliff Prior (CEO di Global Steering Group for Impact Investment) e Mariagrazia Davino (manager director di BWD Europe), oggi l’Europa deve ancora tirare fuori una strategia realmente competitiva se vuole cavalcare la rivoluzione dell’IA: se ci riuscirà, se si trasformerà in un laboratorio, dovrà farlo però inevitabilmente mettendosi alla guida – un po’ come è stato per il Green Deal originale – degli sforzi necessari per rendere l’intelligenza artificiale realmente sostenibile.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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