Sanihelp.it – Si chiama mesotelioma pleurico ed è strettamente collegato all’esposizione all’asbesto, meglio conosciuto come amianto.
Questa neoplasia è rara nella popolazione generale, ma frequente in chi ha lavorato nelle miniere di asbesto o nelle fabbriche dove si lavoravano composti di amianto.
In Italia sono vietati sia l’uso sia l’estrazione di amianto dal 1992, ma tenendo conto che il tumore impiega moltissimi anni a manifestarsi, si parla di 10-30 anni e più, c’è la possibilità di riscontrare ancora qualche caso.
Le fibre di amianto sono pericolose soprattutto quando vengono inalate.
I sintomi non si manifestano nelle fasi iniziali della malattia, ma con l’andar del tempo possono comparire dolore al torace, difficoltà respiratoria, tosse (anche con sangue), febbre, stanchezza, difficoltà a deglutire e dimagrimento.
Il trattamento è basato sull’intervento chirurgico, sulla radioterapia e sulla chemioterapia, tuttavia questa neoplasia risponde poco alle terapie e la sopravvivenza va dai 12 mesi ai 3 anni dalla scoperta del tumore, a meno che non venga diagnosticato nelle fasi iniziali, caso in cui la prognosi è migliore.
Oggi però uno studio italiano, condotto dagli scienziati del Laboratorio di Ricerca traslazionale e dell’Anatomia patologica dell’IRCCS di Reggio Emilia, offre speranze di cure più mirate ed efficaci.
Questi risultati, come spiega Federica Torricelli, titolare del progetto di ricerca, è importante in quanto da una parte l’identificazione di biomarcatori (indicatori biologici correlati con una malattia, in questo caso il mesotelioma) consente di sviluppare una terapia più mirata per i pazienti, dall’altra il potenziamento dell’efficacia dell’immunoterapia per questa neoplasia ha portato qualche vantaggio nella clinica, ma per un numero limitato di pazienti.
Lo studio italiano ha consentito di ottenere molte informazioni sulla composizione delle lesioni analizzate e sulle interazioni delle cellule all’interno del tumore, nonché di capire la dinamica dello sviluppo della malattia. L’amianto si deposita sulla pleura e causa una infiammazione cronica che rimodella la matrice extracellulare e provoca la secrezione di molecole infiammatorie, che attraggono all’interno del tumore delle cellule del sistema immunitario, che però vengono bloccate da inibitori specifici. Data l’inattività forzata del sistema immunitario la lesione diventa sempre più aggressiva.
La speranza è che con cure più mirate si possano aiutare i pazienti affetti da questa malattia.