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    Patrizio Rispo ha scoperto di avere un tumore da testimonial

    Oncologia

    di Valeria GhittiPubblicato il: 15-03-2022

    L’attore è stata da poco operato per due tumori alla prostata che gli sono stati diagnosticati dopo che era stato invitato a diventare testimonial per la prevenzione.

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    Sanihelp.it – Le campagne di prevenzione servono: ai cittadini che vengono sensibilizzati a sottoporsi a controlli di routine, ma anche ai testimonial. Ne sa qualcosa Patrizio Rispo, noto al grande pubblico per il ruolo di Raffaele Giordano, il portiere di Palazzo Palladini in Un posto al sole.
    L’attore partenopeo, infatti, chiamato alcuni anni fa dall’urologo Vincenzo Mirone come testimonial per girare uno spot sulla prevenzione del tumore alla prostata e invitato a sottoporsi a un controllo, ha scoperto di avere un tumore. È stato lui stesso a rivelarlo nei giorni scorsi in una intervista concessa al quotidiano Il Mattino.
    La diagnosi risale al 2016 e in quell’anno Rispo avrebbe anche dovuto essere operato, ma venne a mancare la corrente elettrica in ospedale e l’intervento chirurgico saltò. L’attore scelse quindi di aspettare, in vigile attesa, eseguendo controlli ogni sei mesi, fino ad oggi: da poche settimane è infatti stato operato all’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, con una nuova tecnologia non invasiva a ultrasuoni focalizzati: «Con il senno di poi, posso definirlo un miracolo. L’intervento nel 2016 sarebbe stato invasivo; con il trattamento di eccellenza, possibile grazie questa apparecchiatura, non ho avuto alcun tipo di conseguenze. Ma, sottoponendomi regolarmente agli accertamenti, non ho lasciato niente al caso» ha raccontato nell’intervista.
    Prima è passato da testimonial a paziente, ma subito è tornato a sensibilizzare: « Io non faccio altro che sostenere campagne di prevenzione perché sono l’unica grande difesa dalle malattie, come dimostra quel che è successo a me. Ma la prima medicina è nella testa. Serve un atteggiamento positivo, combattivo. Oggi, in un modo o nell’altro, si risolvono patologie che fino a poco tempo fa sono state motivo di terrore. Lo ripeto a tutti quelli che incontro, e li invito a fare i controlli, ad aderire agli screening».

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    Tumori: uno studio contro la cachessia

    Tumori: prevenzione e terapie

    di Elisa BrambillaPubblicato il: 08-03-2022

    Perdita di peso, inappetenza, debolezza e altri sintomi: questa è la cachessia

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    Sanihelp.it – La cachessia è una sindrome metabolica complessa che non riguarda solo il cancro, anche se principalmente colpisce persone affette da tumore in stadio avanzato, ma anche altre malattie croniche come il diabete, l’insufficienza renale cronica, l’AIDS, la broncopneumopatia cronica. Uno studio, pubblicato sul Journal of Cachexia, Sarcopenia and Muscle, coordinato dall’Istituto Veneto di Medicina Molecolare e dall’Università di Padova, ha ricostruito il meccanismo molecolare alla base della cachessia.
    La cachessia colpisce oltre il 70% dei pazienti con cancro e circa il 20% di loro muore per le conseguenze della malnutrizione.
    Secondo gli scienziati «nonostante la sua importanza clinica e l’impatto sui pazienti, la fisiopatologia dell’atrofia muscolare associata alla cachessia è ancora poco conosciuta». Si sono così concentrati su un meccanismo molecolare che agisce come modulatore della sintesi delle proteine. Quando questo meccanismo è attivo, promuove la crescita delle fibre muscolari, ma nelle persone con deperimento muscolare si è rilevato che è meno attivo. In studi compiuti su animali da laboratorio si è osservato che riattivare questo meccanismo porta a una ripresa della forza e della massa muscolare. Sembra, ma non è ancora certo, che l’attività fisica possa essere una delle vie per arrivare a questo risultato. Bert Blaauw, il coordinatore della ricerca, spiega che «avere questa informazione permetterebbe di costruire piani mirati di attività fisica per i pazienti colpiti da cachessia, in modo che debbano fare solo quanto è strettamente necessario per avere un beneficio muscolare».Nel frattempo, però, continuano anche gli studi su trattamenti farmacologici.

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    Roberto Valbuzzi cucina per chi soffre di MICI

    Iniziative

    di Valeria GhittiPubblicato il: 08-03-2022

    Lo chef, protagonista di Cortesie per gli ospiti, è tra i testimonial della campagna di sensibilizzazione sulle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali. Per l’occasione ha realizzato ricette ad hoc.

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    Sanihelp.it – In Italia ci sono circa 250 mila persone che soffrono di Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino (MICI), patologie, che includono malattia di Crohn e colite ulcerosa e che tendono a manifestarsi tra i 15 e i 40 anni, con un forte impatto negativo sulla qualità della vita, a livello emotivo, sociale e lavorativo.
    Fortunatamente «grazie alla crescente disponibilità di terapie efficaci per il trattamento delle MICI, una elevata proporzione di pazienti riesce oggi a raggiungere la remissione clinica, condizione associata al ritorno ad una normale qualità di vita» spiega Flavio Caprioli, Segretario Generale IG-IB (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease).
    Per favorire l’informazione e la sensibilizzazione su queste malattie ha preso il via la campagna Fatti più in là – Allontaniamo insieme Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa promossa da Janssen Italia in collaborazione con AMICI Onlus e Ig-IBD. L’iniziativa, attraverso la condivisione di storie e esperienze sul sito www.mici360.it e sulle relative pagine Facebook e Instagram (dove è possibile approfondire anche la conoscenza di queste patologie), vuole offrire sostegno ai pazienti e ai caregiver che ogni giorno si trovano ad affrontare queste malattie dal forte impatto psicologico.
    Tra i testimonial – influencer chiamati a sensibilizzare le proprie community e a incoraggiare chi ne soffre a condividere la propria esperienza –  c’è anche Roberto Valbuzzi, chef  noto per essere tra i protagonisti di Cortesie per gli ospiti. Forte del suo ruolo ha realizzato per la campagna e diffuso sui propri canali alcune ricette, ideate in collaborazione con gli esperti, dedicate a chi soffre di MICI: « Soffrire di queste patologie non preclude la possibilità di godere del piacere di sedersi a tavola e gustare un buon piatto, con le giuste raccomandazioni del caso. Una buona alimentazione fa sì che le persone si sentano più a loro agio sia con sé stessi che con gli altri» ha spiegato. «Sui miei canali hanno riscosso un grande successo le ricette create per la campagna, pensate soprattutto per portare un pizzico di novità o per così dire di spezza routine che chi soffre di tali patologie spesso ricerca nel cibo».

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    Radice di Tarassaco, un rimedio versatile per il corpo

    Cure alternative

    di Stefania D’AmmiccoPubblicato il: 08-03-2022

    Come utilizzare questa parte del famoso vegetale per aiutare a ridurre il colesterolo e combattere altri disturbi

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    Sanihelp.it – Il tarassaco è una pianta davvero molto diffusa in Italia, e si scoprono sempre più utilizzi.
    In questo caso, si tratta dell’uso della sua radice, forse ancora poco conosciuta, ma al centro di diverse ricerche.
    Vediamo, quindi, in che modo poter utilizzare la radice di tarassaco, e quali sono i suoi benefici.
    In primo luogo, la radice di tarassaco, soprattutto se assunta sotto forma di estratto, aiuta a ridurre il colesterono e anche a ridurre la pressione alta.
    Allo stesso tempo, può aiutare a ridurre la quantità di zuccheri nel sangue, portando il corpo a regolare in modo naturale l’insulina.
    E’ un ottimo preparato anche per il suo contenuto in antiossidanti, e proprio per questo è stata studiata allo scopo di comprendere gli effetti sull’invecchiamento, ma anche sulla riduzione del cancro.
    Sembra che, infatti, il contenuto in antiossidanti renda la radice di tarassaco un’ottima candidata per coadiuvare i trattamenti tradizionali contro il cancro.
    Una funzione per la quale il Tarassaco è già molto conosciuto riguarda la sua capacità diuretica. Anche la radice ha queste caratteristiche, e può aiutare a riattivare i reni e la vescica, in modo che questi svolgano correttamente l’azione di eliminazione delle scorie.
    Infine, l’estratto secco di radice di tarassaco è ricco di vitamina K. Questa è poco conosciuta, ma aiuta non solo a contrastare l’azione tossica degli integratori di vitamina D3, spesso assunti dalle donne in menopausa, ma anche a fissare il calcio nelle ossa, combattendo in modo efficace l’osteoporosi.
    Per assumere l’estratto di radice di tarassaco ci si dovrà rivolgere al proprio erborista. Insieme al medico, questo professionista si potrà occupare di trovare il dosaggio più adeguato basandosi sulla storia clinica del paziente e anche sulle eventuali medicine già assunte.
    Infatti, non dovrebbe essere assunto da chi assuma già diuretici e altri medicinali che agiscono sulla funzione dei reni e della vescica.

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    Nuova arma contro il tumore ai polmoni

    Tumori: prevenzione e terapie

    di Elisa BrambillaPubblicato il: 01-03-2022

    L’Agenzia Europea dei Farmaci ha approvato l’utilizzo di tepotinib per un tipo di tumore al polmone

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    Sanihelp.it – Dal punto di vista clinico si distinguono due tipi principali di tumore del polmone, che insieme rappresentano oltre il 95 per cento di tutte le neoplasie che colpiscono quest’organo: il tumore polmonare a piccole cellule (o microcitoma, categoria di cui fa parte il 10-15 per cento dei casi) e il tumore polmonare non a piccole cellule (il restante 85 per cento circa), che originano entrambi dal tessuto epiteliale che riveste le strutture polmonari. La causa principale del tumore ai polmoni è il fumo di sigaretta, ma anche l’inquinamento atmosferico o da sostanze chimiche contribuiscono, seppure in piccola parte. I sintomi possono inizialmente passare inosservati, in quanto comuni ad altre patologie: raucedine, tosse, catarro con sangue, dolore al petto, frequenti infezioni respiratorie, debolezza e inappetenza con conseguente perdita di peso.
    La Commissione europea ha dato il via libera all’uso di tepotinib come monoterapia orale con una sola somministrazione al giorno per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma polmonare non a piccole cellule che presenta una particolare mutazione (MET), in stato avanzato, che hanno bisogno di una terapia sistemica dopo un precedente trattamento con immunoterapici o chemioterapici a base di platino. Tepotinib è un inibitore orale di MET e, come spiega Danny Bar-Zohar, Global Head of Development for the Healthcare business di Merck, «ha dimostrato importanti benefici clinici e un buon profilo di sicurezza nel trattamento di questa forma aggressiva di cancro al polmone e ha il potenziale per far progredire il trattamento di questo tipo di tumore».
    Il farmaco era già stato approvato dalla Food and Drug Administration nel febbraio 2021, diventando così il primo e unico inibitore orale di MET approvato negli USA per i pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule metastatico con alterazione MET.
    In Europa il cancro al polmone è la seconda forma tumorale più diffusa e la principale causa di mortalità correlata al cancro.

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    Per Sofia Goggia un aiuto dalla medicina rigenerativa

    Infortuni

    di Valeria GhittiPubblicato il: 22-02-2022

    La sciatrice ha vinto l’argento in discesa libera solo due settimane dopo un parziale infortunio al ginocchio. Scopriamo cosa ha contribuito al recupero.

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    Sanihelp.it – Lo scorso 23 gennaio, a Cortina, Sofia Goggia ha rimediato, cadendo in pista, una lesione parziale al legamento crociato sinistro e una piccola frattura al perone. Un infortunio che avrebbe potuto costarle la partecipazione alle Olimpiadi invernali di Pechino, in programma dal 4 febbraio. E invece siamo qui a esultare per quello che sembra una sorta di miracolo: la discesista azzurra non solo ha partecipato, ma il 15 febbraio, a distanza di soli 23 giorni dall’infortunio, è riuscita anche a piazzarsi sul secondo gradino del podio, conquistando l’argento.
    Un recupero in extremis che si deve anche alla medicina rigenerativa. «Siamo orgogliosi di aver contribuito, insieme al suo coraggio e volontà di ferro, e ai suoi preparatori atletici, all’incredibile recupero e straordinario risultato di Sofia» commenta infatti  Claudio Zorzi, chirurgo ortopedico, direttore del Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (VR) cui la campionessa bergamasca ha affidato il ginocchio sinistro dopo la rovinosa caduta di Cortina.
    Appena due settimane prima della gara, Sofia è stata sottoposta a un trattamento con PRP infiltrato nel legamento parzialmente lesionato.  Il PRP (plasma ricco di piastrine) è un gel che si ottiene da un normale prelievo di sangue venoso del paziente, che viene successivamente centrifugato per ottenere un composto concentrato di plasma e piastrine che viene quindi iniettato all’interno dell’articolazione con una semplice infiltrazione. «Ė una procedura largamente applicata sulle articolazioni del ginocchio, dell’anca e della spalla soprattutto in presenza di artrosi che, all’IRCCS di Negrar, con oltre 6mila trattamenti l’anno, registra una delle casistiche più ampie a livello internazionale» spiega Zorzi. «L’impiego sui legamenti crociati è invece più recente ed esistono ancora pochi casi trattati».
    Quello di Sofia Goggia è appunto uno di questi. «I fattori di crescita presenti nel preparato ematico stimolano il processo riparativo del tessuto, trasformandosi in una potente medicina biologica ad alto effetto anti-infiammatorio. Il primo beneficio per il paziente è la scomparsa del dolore, come la stessa Goggia ha riferito. Si tratta di una metodica di medicina rigenerativa, semplice, mininvasiva e ben tollerata, che richiede un intervento di una decina minuti. Il paziente viene dimesso dopo qualche ora di osservazione» conclude Zorzi.

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    Secchezza oculare, come trattarla con i rimedi naturali

    Cure alternative

    di Stefania D’AmmiccoPubblicato il: 22-02-2022

    Tornare ad avere occhi che non bruciano e non prudono senza dover ricorrere ai medicinali e a cure aggressive

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    Sanihelp.it – La secchezza oculare può essere davvero molto fastidiosa.
    Da questa condizione, infatti, derivano problemi come il bruciore, il prurito e anche l’annebbiamento della vista.
    La secchezza può essere provocata da molte ragioni diverse: da malattie sistemiche, all’uso di alcuni farmaci, fino alle condizioni ambientali, come accade a chi lavori molto in ambienti riscaldati ad aria.
    Se la secchezza deve comunque sempre essere riferita al proprio medico, esistono anche dei rimedi naturali che possono aiutare a stare meglio riducendo al minimo gli effetti collaterali.
    Ecco, quindi, come affrontare naturalmente la secchezza oculare.
    Il primo rimedio è l’Eufrasia, spesso presente in molti colliri commerciali. Questa pianta è lenitiva e contiene anche vitamine e minerali che possono aiutare l’occhio a riequilibrare il proprio film lacrimale.
    SI potrà assumere l’Eufrasia sia sotto forma di collirio sia per bocca, facendosi preparare un estratto dal proprio erborista di fiducia.
    L’assunzione di acidi Omega-3 aiuta a riequilibrare il film lacrimale e a diminuire l’infiammazione che si può trovare alla base dell’occhio secco.
    Il consiglio è quello di assumere questi acidi grassi mediante un’apposita integrazione, in modo da sapere di stare assumendo il giusto quantitativo di Omega-3.
    Un rimedio molto conosciuto per lenire gli occhi è costituito dalla camomilla.
    Si potrà fare un infuso  molto carico di camomilla, e vi si immergerà un panno che, una volta strizzato, si potrà applicare sugli occhi anche per venti minuti.
    Anche sciacquare gli occhi con la camomilla aiuterà a lenirli.
    Infine, per dare solleivo agli occhi, soprattutto nel caso in  cui si utilizzino molto i dispositivi elettronici, si potrà realizzare un esercizio di Palming.
    Si sfregheranno tra loro i palmi delle mani fino a quando non diventeranno molto caldi. A questo punto, si appoggeranno le mani a coppa sugli occhi, lasciandole fino a quando le mani non si saranno raffreddate.

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    Colangiocarcinoma, nuova terapia efficace

    Tumori: prevenzione e terapie

    di Elisa BrambillaPubblicato il: 22-02-2022

    Si è celebrato sabato 12 febbraio il World Cholangiocarcinoma Day, la Giornata mondiale per informare su questo tipo di tumore

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    Sanihelp.it – «Il colangiocarcinoma è un tipo di tumore primitivo del fegato che ha origine dai colangiociti, le cellule che rivestono i dotti biliari, deputati al trasporto della bile dal fegato all’intestino – spiega Filippo de Braud, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Milano e Direttore del Dipartimento e della Divisione di Oncologia Medica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano – Si distingue in base alla sede d’insorgenza in intraepatico, se si sviluppa all’interno del fegato, ed extraepatico, se nasce dalle vie biliari extraepatiche. I calcoli biliari e la colangite sclerosante primitiva, una grave malattia infiammatoria cronica del fegato, rappresentano potenti fattori di rischio per le forme intraepatiche. Inoltre, l’obesità, il fumo di sigaretta, le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, il consumo eccessivo di alcol e l’esposizione a sostanze chimiche cancerogene, a tossine e a vari agenti ambientali (diossine, nitrosamine, radon e amianto) aumentano il rischio di sviluppare il tumore».
    L’obiettivo della Giornata Mondiale è quello di informare su questo tipo di tumore ancora poco conosciuto.
    I sintomi del colangiocarcinoma non sono ben definiti, ma piuttosto generici, comuni anche ad altre malattie: inappetenza, perdita di peso, dolori addominali, nausea, malessere generale.
    Questo fa sì che la diagnosi venga posta in netto ritardo, o addirittura in occasione di esami fatti per altri motivi, con notevole difficoltà nel trovare una terapia adatta. 
    C’è però ora un nuovo trattamento mirato, con una molecola chiamata pemigatinib, che è stata approvata dalla Commissione Europea per questa malattia e ha dato risultati decisamente migliori rispetto ad altre terapie. 

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