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    Colangiocarcinoma, nuova terapia efficace

    Tumori: prevenzione e terapie

    di Elisa BrambillaPubblicato il: 22-02-2022

    Si è celebrato sabato 12 febbraio il World Cholangiocarcinoma Day, la Giornata mondiale per informare su questo tipo di tumore

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    Sanihelp.it – «Il colangiocarcinoma è un tipo di tumore primitivo del fegato che ha origine dai colangiociti, le cellule che rivestono i dotti biliari, deputati al trasporto della bile dal fegato all’intestino – spiega Filippo de Braud, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Milano e Direttore del Dipartimento e della Divisione di Oncologia Medica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano – Si distingue in base alla sede d’insorgenza in intraepatico, se si sviluppa all’interno del fegato, ed extraepatico, se nasce dalle vie biliari extraepatiche. I calcoli biliari e la colangite sclerosante primitiva, una grave malattia infiammatoria cronica del fegato, rappresentano potenti fattori di rischio per le forme intraepatiche. Inoltre, l’obesità, il fumo di sigaretta, le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, il consumo eccessivo di alcol e l’esposizione a sostanze chimiche cancerogene, a tossine e a vari agenti ambientali (diossine, nitrosamine, radon e amianto) aumentano il rischio di sviluppare il tumore».
    L’obiettivo della Giornata Mondiale è quello di informare su questo tipo di tumore ancora poco conosciuto.
    I sintomi del colangiocarcinoma non sono ben definiti, ma piuttosto generici, comuni anche ad altre malattie: inappetenza, perdita di peso, dolori addominali, nausea, malessere generale.
    Questo fa sì che la diagnosi venga posta in netto ritardo, o addirittura in occasione di esami fatti per altri motivi, con notevole difficoltà nel trovare una terapia adatta. 
    C’è però ora un nuovo trattamento mirato, con una molecola chiamata pemigatinib, che è stata approvata dalla Commissione Europea per questa malattia e ha dato risultati decisamente migliori rispetto ad altre terapie. 

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    Per Sofia Goggia un aiuto dalla medicina rigenerativa

    Infortuni

    di Valeria GhittiPubblicato il: 22-02-2022

    La sciatrice ha vinto l’argento in discesa libera solo due settimane dopo un parziale infortunio al ginocchio. Scopriamo cosa ha contribuito al recupero.

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    Sanihelp.it – Lo scorso 23 gennaio, a Cortina, Sofia Goggia ha rimediato, cadendo in pista, una lesione parziale al legamento crociato sinistro e una piccola frattura al perone. Un infortunio che avrebbe potuto costarle la partecipazione alle Olimpiadi invernali di Pechino, in programma dal 4 febbraio. E invece siamo qui a esultare per quello che sembra una sorta di miracolo: la discesista azzurra non solo ha partecipato, ma il 15 febbraio, a distanza di soli 23 giorni dall’infortunio, è riuscita anche a piazzarsi sul secondo gradino del podio, conquistando l’argento.
    Un recupero in extremis che si deve anche alla medicina rigenerativa. «Siamo orgogliosi di aver contribuito, insieme al suo coraggio e volontà di ferro, e ai suoi preparatori atletici, all’incredibile recupero e straordinario risultato di Sofia» commenta infatti  Claudio Zorzi, chirurgo ortopedico, direttore del Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (VR) cui la campionessa bergamasca ha affidato il ginocchio sinistro dopo la rovinosa caduta di Cortina.
    Appena due settimane prima della gara, Sofia è stata sottoposta a un trattamento con PRP infiltrato nel legamento parzialmente lesionato.  Il PRP (plasma ricco di piastrine) è un gel che si ottiene da un normale prelievo di sangue venoso del paziente, che viene successivamente centrifugato per ottenere un composto concentrato di plasma e piastrine che viene quindi iniettato all’interno dell’articolazione con una semplice infiltrazione. «Ė una procedura largamente applicata sulle articolazioni del ginocchio, dell’anca e della spalla soprattutto in presenza di artrosi che, all’IRCCS di Negrar, con oltre 6mila trattamenti l’anno, registra una delle casistiche più ampie a livello internazionale» spiega Zorzi. «L’impiego sui legamenti crociati è invece più recente ed esistono ancora pochi casi trattati».
    Quello di Sofia Goggia è appunto uno di questi. «I fattori di crescita presenti nel preparato ematico stimolano il processo riparativo del tessuto, trasformandosi in una potente medicina biologica ad alto effetto anti-infiammatorio. Il primo beneficio per il paziente è la scomparsa del dolore, come la stessa Goggia ha riferito. Si tratta di una metodica di medicina rigenerativa, semplice, mininvasiva e ben tollerata, che richiede un intervento di una decina minuti. Il paziente viene dimesso dopo qualche ora di osservazione» conclude Zorzi.

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    Problemi al fegato per Carolyn Smith

    Tumori

    di Valeria GhittiPubblicato il: 15-02-2022

    La ballerina e coreografa britannica che combatte da sei anni contro un tumore maligno al seno è così costretta a sospendere la chemio. Ora teme il ritorno di quello che lei chiama intruso.

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    Sanihelp.it – Dal 2015, quando ha scoperto il tumore al seno, da lei ribattezzato l’intruso, la vita di Carolyn Smith, 61 anni, che abbiamo imparato a conoscere nella giuria di Ballando con le stelle, è stata scandita dalla chemioterapia, cui la coreografa si è sottoposta regolarmente ogni tre settimane.
    Ora, però, da circa sei mesi, ha dovuto sospenderla: è lei stessa a rivelarlo in una intervista concessa a Silvia Toffanin nel salotto di Verissimo. Problemi al fegato (ha parlato di un’infezione) le hanno imposto lo stop momentaneo per evitare danni irreversibili. Ma il percorso di cura non è ancora terminato e Carolyn dovrà continuare con la chemio, anche perché, le hanno detto i medici, «Ho il 65% della probabilità, se non faccio chemioterapia, che il tumore torni».
    Comprensibile, quindi, che la ballerina, che ha già fatto i conti con una recidiva nel 2017, si senta «abbastanza agitata» in vista dei prossimi controlli. Ha rivelato anche che, se all’inizio era più facile affrontare il tutto, man mano che va avanti si sente più fragile.
    Eppure non perde il sorriso: «Mi sento bene, anche se ho tanti dolori» ha dichiarato. «Voglio andare avanti, non voglio perdere un minuto da vivere, perché la vita è bella, anche se ci sono tante cose brutte attorno, ci sono tante belle cose». E non perde occasione, lei che in questi anni si è spesa pure in numerose iniziative di sensibilizzazione sulla prevenzione, per lanciare un messaggio positivo, quella che descrive come sua filosofia di vita: «Cercate le cose belle della vita, non solo le cose brutte. Non può essere tutto negativo».

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    Mieloma multiplo: sintomi e terapie

    Tumori: prevenzione e terapie

    di Elisa BrambillaPubblicato il: 15-02-2022

    Il mieloma multiplo è un tumore che si sviluppa da alcune cellule del sangue che si trovano nel midollo osseo

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    Sanihelp.it – Il mieloma si chiama multiplo perché si può presentare in diverse zone del corpo, in particolare a livello della colonna vertebrale, del cranio, delle costole o del bacino. All’inizio può non dare alcun sintomo ed essere diagnosticato in occasione di esami del sangue o delle urine fatti per altri motivi. Se invece sono presenti sintomi, si possono manifestare dolori alle ossa, fragilità ossea con frequenti fratture, stanchezza, sanguinamenti, infezioni, danni renali che causano perdita di appetito e di peso, gonfiore alle estremità degli arti, prurito della pelle.
    Il mieloma multiplo non è un tumore molto frequente e si manifesta più comunemente in persone di oltre 60 anni, mentre sotto i 40 anni i casi sono rari. Inoltre, colpisce più frequentemente le persone di colore rispetto alle persone di pelle bianca e alla popolazione asiatica.
    La diagnosi di mieloma multiplo non è facile, un po’ perché non è una malattia frequente e un po’ per l’assenza iniziale di sintomi. Lo specialista di riferimento è l’ematologo. Per quanto riguarda la terapia, i farmaci chemioterapici sono in grado di eliminare le cellule di mieloma. I più utilizzati a questo scopo sono il melfalan e la ciclofosfamide. Altri farmaci utilizzati sono i cortisonici, come desametasone e prednisolone, per via orale, e talidomide. Quest’ultimo farmaco è assolutamente controindicato in gravidanza in quanto teratogeno (può causare danni al feto), quindi le donne in età fertile dovranno utilizzare metodi contraccettivi efficaci.
    Il bortezomib, in monoterapia o in associazione con altri farmaci, è anch’esso indicato per questa forma tumorale. Ultimamente si stanno studiando anche altre terapie, in particolare si è dimostrata l’efficacia di ixazomib che, aggiunto all’associazione lenalidomide-desametasone, si è rivelato sicuro ed efficace nel trattamento di pazienti con mieloma multiplo recidivato-refrattario, per il quale è stata anche richiesta all’EMA (Agenzia del Farmaco Europea) l’autorizzazione per un anticorpo bispecifico chiamato teclistamab. 

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    Tumori rari: un accordo per comprenderne le mutazioni

    Tumori: prevenzione e terapie

    di Elisa BrambillaPubblicato il: 01-02-2022

    Le patologie rare sono poche centinaia o migliaia all’anno e, se considerate da sole, non raggiungerebbero un potere statistico adeguato

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    Sanihelp.it  Grazie alla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e Alleanza contro il cancro (ACC), si potrà avere una migliore caratterizzazione di tumori con prevalenza nettamente inferiore ai big killer. Di questo ambizioso progetto, UNIC, è incaricato il Working Group di Genomica e Informatica di Alleanza Contro il Cancro (ACC), la Rete Oncologica Nazionale fondata dal Ministero della Salute presieduta dal professor Ruggero De Maria.
    Il progetto si concentrerà su cinque neoplasie: angiosarcomi mammari, colangiocarcinomi, tumori timici, neuroendocrini e a cellule di Merkel. 
    «La nostra attività – spiega il coordinatore del Working Group, Luca Mazzarella, dello IEO di Milano – ha promosso l’implementazione di metodologie di analisi molecolare avanzata nella pratica clinica, previlegiando tecnologie sostenibili e facilmente interoperabili in contesti clinici di ampio interesse, su patologie di elevata incidenza e mortalità. Abbiamo creato una infrastruttura nazionale di raccolta ed interpretazione dei dati strumentale. Ora, l’applicazione di tecnologie più avanzate di sequenziamento ci consentirà di incrementare in modo significativo la comprensione di patologie estremamente rare e, perciò prive di sufficienti dati in letteratura per identificare alterazioni potenzialmente actionable».
    I risultati attesi sono diversi: definizione di linee guida per questi tumori rari, classificazione genomica e comprensione dei meccanismi alla base delle mutazioni.
    Per il presidente di ACC, Ruggero De Maria, «i tumori rari hanno la necessità di essere studiati e trattati attraverso strutture di rete, in modo da condividere le esperienze e sperimentare nuovi protocolli clinici. ACC ha il vantaggio di poter offrire ai pazienti anche una serie di tecnologie di analisi molto sofisticate che possono favorire l’identificazione dei migliori percorsi diagnostici e terapeutici – ha concluso – Il progetto UNIC contribuirà in maniera significativa a progredire in questa direzione».

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