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    Smart city, crescono gli investimenti a livello globale

    Le città sono responsabili del 75% dei consumi energetici e dei rifiuti prodotti a livello globale, nonché dell’80% delle emissioni di gas serra. I numeri, che arrivano da una ricerca della Banca Mondiale, hanno spinto a incrementare gli investimenti per rendere le città più efficienti e meno inquinanti. E il tema promette di acquisire un’importanza crescente nei prossimi anni, considerato che, secondo alcune previsioni, entro il 2050 circa il 68% della popolazione mondiale vivrà nelle città, a fronte del 56% attuale. Non a caso, secondo dati elaborati dal portale Statista.com, il mercato globale delle smart city dovrebbe arrivare a valere quest’anno 104,80 miliardi di dollari e si prevede che salirà a 165,80 miliardi di dollari entro il 2028, grazie a un tasso annuo di crescita del 12,15%. Gli analisti attribuiscono la crescita del mercato a un mix di fattori. Dalle favorevoli iniziative governative a innovazioni come l’intelligenza artificiale, l’analisi dei big data e l’Internet of Things, sempre più diffuse.
    Focus sulla sicurezza
    Uno studio elaborato da Grand View Research evidenzia che i maggiori investimenti a livello globale si rilevano nella sicurezza intelligente, nel monitoraggio smart dei servizi pubblici, nei sistemi integrati di gestione del traffico e nella mobilità intelligente.
    In base a uno studio di ResearchGate, la Cina ha ottenuto lo scorso anno il primato a livello globale per numero di città intelligenti in costruzione (con una quota del 48%). A seguire ci sono l’India (11%), gli Stati Uniti (7%), il Giappone, la Corea del Sud e il Canada (2%). Negli Stati Uniti, New York ha fatto molti passi in avanti da questo punto di vista, grazie all’investimento in infrastrutture smart, tra cui misuratori e sensori della qualità dell’acqua, e all’implementazione di tecnologie Lpwan (Low-Power Wide Area Network) che consentono di ridurre i costi e il consumo energetico. Anche in Giappone il tema è molto sentito: nel paese asiatico si punta sulla costruzione di edifici a basso impatto energetico e sull’uso di software di gestione avanzata del traffico che consentiranno di ridurre dell’80% le emissioni di gas serra nel paese entro il 2050.
    Da Berlino alle città britanniche
    In Europa, in Germania spicca invece il caso di Berlino che raggiungerà la neutralità carbonica entro il 2050. Anche il Regno Unito sta puntando sulle smart city attraverso torri 5G, infrastrutture intelligenti e stazioni di ricarica per veicoli elettrici, insieme a ingenti investimenti in tecnologie come Internet of things e intelligenza artificiale. Un trend che interessa anche il nostro Paese, tanto che lo scorso anno, secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Smart City della School of Management del Politecnico di Milano, sono aumentati i comuni che hanno avviato progetti legati alla smart city (12% contro il 10% del 2022). Le principali iniziative hanno riguardato l’illuminazione pubblica e la smart mobility.
    La spinta dell’intelligenza artificiale
    Guardando al futuro, le tecnologie più utilizzate avranno come protagonista l’intelligenza artificiale, verso la quale verranno dirottati 326 miliardi di dollari entro il 2028. Già allo stato attuale, le applicazioni dell’IA nelle città intelligenti sono molteplici e in costante crescita. A Singapore, per esempio, sensori e telecamere intelligenti guidano il traffico e monitorano la qualità dell’aria. Mentre a Barcellona l’IA è impiegata per ottimizzare l’illuminazione pubblica e la gestione dei rifiuti. Infine, in Cina la municipalità di Hangzhou ha utilizzato l’intelligenza artificiale per sviluppare un “cervello cittadino” che consente di ottimizzare la gestione dei semafori, migliorando così l’efficienza del traffico e riducendo le emissioni nocive. LEGGI TUTTO

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    McKinsey: “Con il Saf fino al 50% di emissioni in meno per l’aviazione”

    Con il carburante sostenibile (Saf), le compagnie aeree hanno la possibilità di ridurre le proprie emissioni nette fino al 50%. A dirlo è l’ultimo studio di McKinsey&Company, dal titolo “How the aviation industry could help scale sustainable fuel production”, che analizza le sfide e le prospettive di decarbonizzazione dell’industria dell’aviazione entro il 2050.
    Al momento, spiega il rapporto, i carburanti sostenibili, il cui utilizzo nei motori a reazione odierni è già certificato, producono circa l’80% di emissioni di gas serra in meno rispetto al cherosene fossile. Il problema, evidenzia l’analisi, è che la domanda di carburante per aviazione sostenibile potrebbe superare l’offerta entro il 2030, a meno che si verifichi un aumento significativo del volume della capacità produttiva. In questo contesto, le compagnie aree più virtuose stanno adottando diverse strategie in materia di approvvigionamento di Saf, tra cui investimenti azionari, al fine di sostenere la crescita dell’ecosistema.
    Secondo le stime dell’associazione internazionale del trasporto aereo, l’industria del Saf è ancora agli albori. Nel 2024, la capacità produttiva non supererà 1,5 milioni di tonnellate metriche (Mt), appena lo 0,5% del fabbisogno totale di carburante per jet. “Tuttavia – riporta lo studio – ci aspettiamo che la domanda aumenti, sostenuta dalle regolamentazioni e degli impegni volontari delle compagnie aeree. La domanda globale stimata di Saf obbligatorio è di circa 4,5 milioni di Mt nel 2030. Considerando la domanda obbligatoria e quella target, questa cifra aumenta di 2 milioni di Mt dall’Asia e di 10 milioni di Mt dall’America del Nord, per un totale di 16 milioni di Mt o più”.
    Stando agli annunci delle più grandi compagnie aeree, le previsioni si attestano su un consumo complessivo di Saf di oltre 20 milioni di Mt nel 2030. “Tuttavia – prosegue lo studio – in un settore particolarmente interessato dalla volatilità, da un’intensa competizione globale e margini ridotti, alcune compagnie aeree potrebbero non riuscire a raggiungere i propri obiettivi di decarbonizzazione, se il Saf rimane costoso e in poca disponibilità di approvvigionamento. Ad esempio, il Saf costa attualmente circa 3 volte di più rispetto al cherosene fossile”.
    Dal lato dell’offerta, sono in corso progressi in tutto il mondo. Le principali aziende energetiche, le compagnie aeree, le start-up e le scale-up stanno perseguendo più di 200 progetti di produzione di Saf. “Alcuni – sottolinea lo studio – sono già in funzione, mentre altri sono in fase di sviluppo, in attesa delle decisioni finali sugli investimenti (Fid)”. Tenendo conto di tutti gli impianti già annunciati, McKinsey stima che “la capacità produttiva annuale globale di Saf possa avvicinarsi a 11-25 milioni di Mt entro il 2030”.
    Ma queste forniture sono ancora accompagnate da tante incertezze. “Ad esempio – segnala lo studio – non tutti i progetti annunciati si concretizzeranno. L’espansione della produzione oltre l’uso degli oli di scarto richiederà lo sviluppo di tecnologie nuove e immature, con i tassi di interesse relativamente elevati e i premi di rischio che potrebbero scoraggiare gli investimenti, specialmente in tecnologie immature come i carburanti sintetici”. Espandere la produzione di Saf richiede inoltre finanziamenti significativi, che vanno dal venture capital agli investimenti in infrastrutture per la costruzione di impianti di Saf. Però, gli investitori sono frenati dall’incertezza della domanda futura e della preparazione tecnologica.
    “In questo, i protagonisti del settore dell’aviazione – prosegue l’analisi – possono svolgere un ruolo chiave aiutando a creare slancio per l’ulteriore espansione della capacità produttiva di Saf. I player più proattivi del settore stanno implementando una serie di strategie di approvvigionamento in materia di Saf, a partire da contratti di acquisto fino ad investimenti azionari in fornitori e produzione: accordi individuali di offtake, partnership e consorzi, investimenti diretti, fondi Saf”.
    In particolare, lo studio di McKinsey individua tre best practice per la progettazione e la costituzione di fondi Saf.

    Stabilire obiettivi e target di investimento chiari: per questo, non solo i leader all’interno della compagnia aerea devono essere allineati, ma anche l’intero consorzio di stakeholder e le potenziali aziende target devono concordare obiettivi generali e metriche di successo.
    Coinvolgere i partner giusti per favorire sinergie e supporto alle società in portafoglio: sebbene alcuni fondi siano istituiti da una singola azienda, la collaborazione con un consorzio di partner può fornire vantaggi sinergici che vanno oltre la scala, ad esempio unendo gli stakeholder in tutto l’ecosistema, aumentando la consapevolezza e l’impatto e consentendo ai partner di sostenere congiuntamente le politiche di supporto.
    Plasmare la governance con l’obiettivo di agire rapidamente, concentrarsi sui rendimenti e coinvolgere gli esperti: le best practice per i fondi di venture capital aziendali prevedono la creazione di una struttura di governance simile a quella dei fondi di venture capital indipendenti, con decisioni di investimento autonome nell’ambito del mandato concordato del fondo. LEGGI TUTTO