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    Un'isola microclimatica (e non solo) trasformerà il MAXXI in un'oasi sostenibile

    Il progetto “MAXXI sostenibile” è molto più di un insieme di interventi per mitigare l’impatto ambientale del Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, perché, nello sperimentare nuove soluzioni per raggiungere la carbon neutrality, gli architetti, i tecnici, gli amministratori della Fondazione stanno dando vita a un vero e proprio laboratorio di innovazione. È stata Giovanna Melandri, durante la sua presidenza dal 2012 al 2022, a volere che la sfida green fosse al centro del suo progetto “Grande MAXXI”, una sfida che ora il suo successore, Alessandro Giuli, ha abbracciato con convinzione. “È una sfida importante che immagina il Museo dei prossimi anni attraverso l’ampliamento dei suoi spazi e dei suoi contenuti culturali – dice il neopresidente – Un progetto ambizioso, che nasce dopo le trasformazioni, l’evoluzione, la ricerca e i risultati degli oltre dieci anni dall’apertura del Maxxi. Sarà, nel complesso, l’occasione per una profonda ridefinizione anche degli spazi esterni, con interventi coordinati volti a mitigare l’impatto ambientale dell’edificio grazie all’inserimento di tecnologie sostenibili, alla realizzazione di un’isola microclimatica e di un nuovo asse di verde urbano rivolto al quartiere e alla città di Roma”.A indicare la continuità nel progetto ambientale del MAXXI c’è la conferma dell’architetta Margherita Guccione come direttrice del “Progetto Grande MAXXI”. È lei a spiegare alcune delle innovazioni per raggiungere la carbon neutrality attraverso “un lavoro che ha messo sotto osservazione tutta l’attività del museo”. Un esempio su tutti: i tecnici stanno cercando nuove soluzioni per gli allestimenti delle mostre, in modo da riciclare i pannelli e gli elementi indispensabili alle esposizioni. “Tutti i materiali con cui creiamo le strutture provvisorie – dice Guccione – prima venivano mandati in discarica, invece ora li conserviamo nei magazzini e pensiamo le nuove programmazioni in modo da riutilizzarli. Così abbiamo un risparmio a più livelli, sia in termini di impronta ecologica, sia finanziario”.Riciclo e riuso solo due degli interventi con cui il progetto “MAXXI sostenibile” prende forma. Il museo si candida infatti a diventare un prototipo nell’utilizzo del fotovoltaico sulle architetture monumentali con l’autoproduzione di energia verde, che coprirà un terzo del fabbisogno. Un’altra parte della produzione avverrà attraverso l’istituzione di una comunità energetica in collaborazione con il ministero della Difesa, proprietario delle caserme adiacenti al MAXXI.Verranno poi eliminate le caldaie a gas metano e tutte le sorgenti luminose saranno riconvertite con tecnologia a led. Per generare un sistema di economia circolare, oltre al riciclo e riuso degli allestimenti è previsto il recupero delle acque piovane. “Ancora una volta, però – sottolinea Guccione – è stato importante mettere in discussione modalità di lavoro che davamo per scontate e ripensare i comportamenti all’interno del museo, per esempio per l’utilizzo dell’energia”.È un modo di pensare che permette ai progettisti di sperimentare con i materiali: “Una delle sfide maggiori è quella dei pannelli fotovoltaici – continua Guccione – perché cerchiamo modalità di intervento di grande qualità architettonica. Abbiamo così pensato di non sovrapporre alla struttura dei pannelli fotovoltaici standard, ma di cercare prodotti sperimentali: per gli edifici adiacenti, che hanno il tetto in tegole, abbiamo così trovato delle tegole fotovoltaiche identiche a quelle tradizionali. Avremo una produzione un po’ inferiore, ma utile a produrre una quota parte dell’energia che consumiamo. Pur se non ci sarà un pareggio, la nostra sperimentazione darà un contributo alla ricerca, sarà importante per la transizione ecologica dei centri storici”.Non si cerca soltanto la qualità architettonica, ma anche il risultato artistico. “Un’altra strada di ricerca – racconta Guccione – è di integrare il fotovoltaico sulle travature in calcestruzzo che disegnano la copertura del MAXXI, e poiché non sono visibili dal basso, ma con la diffusione dei droni dobbiamo preoccuparci anche della visuale dall’alto; stiamo tra l’altro sperimentando su una grande area della galleria, che ha copertura piana, interventi artistici con pannelli fotovoltaitici colorati. I “pannelli-pennelli” serviranno a concepire un’opera d’arte capace di produrre energia pulita. Così con tutti gli interventi previsti  il museo offrirà un catalogo di possibili soluzioni, a dimostrazione che un uso consapevole della tecnologia è fondamentale per la qualità del paesaggio urbano del futuro”.Fulcro del “MAXXI sostenibile” è poi la fascia di verde urbano attrezzata lungo l’asse di via Masaccio. Questa quinta verde, che collegherà tutti gli spazi all’aperto del Museo, sarà fruibile dal pubblico e sarà una sorta di galleria a cielo aperto, con interventi site specific di artisti e paesaggisti, laboratori di progettazione del paesaggio, orti urbani produttivi e sostenibili, giardini didattici per una nuova coscienza ambientale. “Il progetto sviluppato dal paesaggista Bas Smets – osserva l’architetta – ha caratteristiche fortemente innovative e si basa su una concezione del verde non solo estetica, ma soprattutto ambientale e mira a creare un’isola microclimatica che mitighi le ondate di calore attraverso la demineralizzazione e la piantumazione di alberi, in grado di ombreggiare e raffrescare le superfici. L’attuale immagine del MAXXI è legata al cemento, l’inserimento del verde produrrà un grande benessere ambientale a vantaggio del pubblico del museo. L’isola microclimatica riuscirà ad abbassare la temperatura fino a 4 gradi”.

    A sostenere il progetto Grande MAXXI ci sono diversi finanziamenti. “Abbiamo presentato il progetto un anno fa, approvato e apprezzato dal Ministero della cultura. La nostra stima complessiva dei costi è di 40 milioni di euro, di cui 15 arriveranno appunto dal Mic; il ministero delle Infrastrutture ci finanzierà per altri 20 milioni per la rigenerazione urbana e 2 milioni in quota PNRR per l’accessibilità. Ora cerchiamo di coinvolgere risorse private, i tempi di realizzazione non andranno oltre il 2026”.Guccione sottolinea che il progetto ambizioso del Maxxi è possibile anche grazie alla sua organizzazione come fondazione: “Il Maxxi ha creato un ufficio specifico – conclude – con architetti, tecnici ed esperti amministrativi, perché nel progetto c’è una parte rilevante di gestione e rendicontazione. Abbiamo la consapevolezza, come istituzione culturale, della nostra responsabilità di dare un segnale verso la sostenibilità. Ecco perché è importante nel nostro progetto realizzare la comunità energetica con la vicina caserma e con le scuole di quartiere: sotto questo punto di vista calcolare quanto risparmieremo in costi per l’energia diventa secondario rispetto al fatto di riuscire a creare relazioni con il territorio, qualificandoci  come museo al suo servizio e sviluppando una nuova mentalità”. LEGGI TUTTO

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    Un manuale di sopravvivenza per i musei

    Davvero un giorno vedremo brillare pannelli fotovoltaici sul tetto degli Uffizi, oppure piccole pale eoliche volteggiare nei giardini della Biennale di Venezia, magari trasformate in installazione d’arte? Quello che sembra uno scenario degno di un romanzo fantasy potrebbe in realtà essere, a breve, oggetto di discussioni sul futuro dei musei, il loro confronto con la crisi climatica e le conseguenze di eventi estremi. Perché in tutto il mondo, non solo in Italia, direttori, capi di Soprintendenze e ministri della Cultura e dell’Ambiente sono chiamati a diventare i protagonisti di quella che sarà una rivoluzione di uno dei settori più strategici di molti Paesi: il rilancio dei musei. Luoghi non più polverosi, ma in grado di creare un legame con la comunità esterna. Testimoni del passato e dell’arte in generale, devono farsi portavoce di messaggi culturali e approcci esemplari. Così, se da un lato dovranno trovare pratiche di gestione che minimizzino l’impatto sull’ambiente, dall’altro sono chiamati fin da ora ad offrire il proprio contributo alla crescita di una coscienza ambientale. E mai come adesso, bisognerà trovare un equilibrio tra la tutela del patrimonio artistico e la conservazione dell’eredità paesaggistica e ambientale. 

    Arte e sostenibilità: da dove cominciare?

    Ma come riscaldiamo i musei in tempo di crisi energetica e come affrontiamo la tempesta che ha iniziato ad impattare sui già complicati bilanci dei musei? E quanto consumano le illuminazioni delle sale? Come possiamo diffondere la cultura della sostenibilità? E soprattutto come verranno spesi i soldi che il capitolo cultura del PNRR destina ai musei? “In pratica, la domanda che ci dobbiamo porre è: come sarà il museo del futuro alla luce delle sfide lanciate dalla sostenibilità e dal cambiamento climatico?” Maurizio Vanni, museologo e docente dell’Università di Economia Tor Vergata è considerato un esperto di marketing museale. Sull’argomento, il professor Vanni ha scritto Biomuseologia. Il museo e la cultura della sostenibilità (Celid, 2022). È una sorta di manuale di “sopravvivenza” per direttori dei musei e di tutti gli operatori che si occupano di trasformare una delle istituzioni più classiche del mondo in un servizio pubblico moderno che produce cultura ma è anche inclusivo, ecocompatibile, economicamente e socialmente sostenibile.

    Maurizio Vanni, museologo e docente dell’Università di Economia Tor Vergata, autore di Biomuseologia. Il museo e la cultura della sostenibilità (Celid, 2022)  LEGGI TUTTO

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    Lanzinger: “I musei sono leve del cambiamento per la transizione ecologica”

    “Il ruolo dei musei nella transizione ecologica va molto oltre l’adeguamento degli edifici per diminuire l’impronta carbonica, o la creazione di percorsi dedicati all’ambiente. L’intero patrimonio culturale serve a divulgare la sostenibilità, i musei sono leve del cambiamento”. Michele Lanzinger dirige uno dei musei che in Italia incarnano meglio questa funzione, il Muse di Trento, ed è presidente dell’International Council of Museum Italia. Il suo lavoro per promuovere i musei sostenibili si concretizza perciò sia nel dirigere una tra le strutture più visitate in Italia, sia nell’impegno per promuovere buone pratiche nella rete museale nazionale. 

    Direttore, partiamo dalla definizione di museo, approvata da Icom lo scorso agosto a Praga, nella quale è entrato appunto il termine sostenibilità.”Il terzo comma della definizione afferma: ‘Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità’. Questa dicitura significa che devono interpretare la loro missione attraverso un doppio canale: da un lato devono attuare le buone pratiche di sostenibilità in accordo con una società che va in questa direzione, attivandosi così per migliorare una molteplicità di aspetti nelle strutture; dall’altro devono creare partecipazione, consapevolezza e sapere collettivo, in modo da promuovere la cultura della sostenibilità”. 

    Possiamo fare qualche esempio di buone pratiche di sostenibilità?”Spesso ci si limita a considerare la classe energetica dell’edificio che ospita una collezione, mentre un museo sostenibile deve essere più che mai integrato nel territorio. Così, bisogna  assicurarsi che l’accessibilità sia confacente, con percorsi pedonali protetti per cui almeno per i musei ci sia una riappropriazione dello spazio urbano. E non sottovalutiamo il ruolo dei musei come motori del turismo, per cui va pensato in termini di sostenibilità anche il movimento che intorno ai poli museali si sviluppa”. 

    Quali invece le azioni per promuovere la cultura della sostenibilità?”Intanto, collegandomi proprio al rapporto con il territorio, il museo non è soltanto un elemento accessorio, ha una dimensione sociale per cui non è un luogo ‘dedicato a qualcosà ma ‘dedicato a qualcuno’. In questo, bisogna pensare i musei non come conservatori di beni del passato, ma attori che guardano al futuro, alla necessità di prestare attenzione al patrimonio culturale non per l’idealizzazione di un passato lasciato a se stesso, ma per migliorare la società. Faccio un esempio di come alcuni temi non connessi alla sostenibilità in modo diretto, ma presenti nei musei, siano centrali per la lotta al cambio climatico. Nei musei non si passa soltanto il messaggio ‘salviamo il panda’, si parla di apprendimento contro l’abbandono scolastico, di decolonizzazione, di giustizia. Sono tutti filoni che rientrano a buon titolo nel campo della giustizia climatica e che spesso non vengono riconosciuti”. 

    Questo impianto teorico quanto è applicabile nella complessità della situazione italiana?”Non voglio soffermarmi sulla questione dei finanziamenti e della mancanza o meno di fondi, perché ormai è quasi banale dire che in Italia la cultura è sottofinanziata. Infatti la nostra azione mira proprio a far sì che scuole, edifici pubblici, biblioteche e appunto musei siano considerati luoghi chiave per la sostenibilità. E ritorno ancora alla struttura museale inserita nel territorio: quando i miei colleghi riusciranno a mostrare la loro utilità per la transizione ecologica, il museo non sarà luogo da finanziare per forza, ma un soggetto attivo con valore politico, capace di svolgere funzioni che anche le amministrazioni locali riconosceranno”. 

    È ciò che è riuscito a fare il Muse?”La formula che lo ha reso così efficace e ci ha fatto guadagnare mezzo milione di visitatori a dieci anni dall’inaugurazione è la somma di diversi elementi. Non possiamo negare che un ruolo lo gioca la dimensione architettonica bellissima creata da Renzo Piano, che ha fatto da traino, però ora, senza nulla togliere al maestro, non c’è più solo questo. Il Muse è come la Quinta di Beethoven, anche se la conosciamo vogliamo risentirla: da noi la gente torna perché può scoprire e riscoprire delle cose, si sente protagonista, è un museo chiacchierone, dove una famiglia passa volentieri del tempo. Poi c’è l’aspetto scientifico, e qui parliamo della sostenibilità non soltanto per la nostra struttura: abbiamo lavorato perché la nostra ricerca scientifica fosse funzionale alla documentazione ambientale ecologica del nostro territorio e non solo”. 

    Il Muse è anche il capofila del progetto “Museintegrati”. In cosa consiste?”Si è conclusa la prima fase, che ora rilanceremo. Grazie al sostegno dell’ex Ministero per la transizione ecologica e assieme a ICOM e ANMS (Associazione nazionale musei scientifici) abbiamo lavorato per sviluppare un network di trenta musei in tutta Italia, di dimensioni diverse, attivi su temi della sostenibilità. Condividiamo laboratori per scambiarci le azioni che ciascun museo ha fatto sul territorio, in modo da creare alleanze e opportunità. Queste alleanze non hanno prodotto soltanto collaborazioni con gli amministratori locali, ma anche documenti comuni con gli attivisti climatici. So che molti preferirebbero limitarsi ad aumentare il numero di visitatori, ma per noi è più importante il nostro ruolo come luoghi di coesione sociale e baluardi contro la solitudine personale”.  LEGGI TUTTO

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    I fondi del PNRR destinati alla transizione ecologica dei musei

    Pandemia e caro bollette. Per musei, cinema e teatri sono stati anni difficili, tra chiusure per Covid e la crisi energetica. Ma la via della sostenibilità sembra essere l’unica soluzione possibile per sopravvivere, soprattutto per i grandi musei. “L’arte ha sempre anticipato i cambiamenti di ogni epoca, dovrà farsene carico anche questa volta”, ammette il professor Maurizio Vanni, museologo e docente di Economia all’università di Tor Vergata a Roma, autore del libro “Biomuseologia. Il Museo e la cultura della sostenibilità”.E per capire l’impatto che sta avendo il caro bollette sui bilanci dei musei, basta fare l’esempio delle Gallerie dell’Accademia di Venezia dove, nel giro di due anni, le utenze sono salite da 260mila a semestre a 490mila euro per i consumi dei primi sei mesi del 2022. Edificio storico e la delicatezza del contesto urbano al momento sembrano lasciare pochi spazi di manovra. Ma i responsabili del museo e il Comune stanno cercando un modo di abbassare i consumi. “Bisogna investire nelle infrastrutture in modo che gli edifici possano trasformarsi in modo efficiente dal punto di vista energetico, ecologico e sostenibile”. A lanciare l’allarme per primo è stato NEMO, il Network of European Museum Organisations, la rete delle organizzazioni museali europee che, guardando le previsioni sui costi dell’energia elettrica e del gas, ha rivolto un appello ai governi per fare il possibile per permettere ai musei, già messi a dura prova dalla riduzione dei visitatori a causa della pandemia, possano fare fronte alle spese. E a chi propone come soluzione per attutire il colpo delle superbollette di spegnere anticipatamente le luci e il riscaldamento, i responsabili di Nemo hanno risposto: “Non è la soluzione. La chiusura e o la riduzione del servizio dei musei ha un impatto minimo in termini di risparmio energetico, ma un impatto significativo sul tessuto sociale culturale”. Dunque, per rispondere alla richiesta di efficienza e transizione ecologica, magari puntando sull’uso di fonti rinnovabili, l’unica possibilità è accedere a nuovi finanziamenti. La transizione energetica costa. E con i musei chiusi non si può stare. Allora dove trovare i soldi? 

    Il PNRR Cultura

    Per quanto riguarda l’Italia, la transizione ecologica dei musei italiani è inserita tra le misure previste dal PNRR nel capitolo Cultura. Si tratta di 3 miliardi di euro destinati non solo al miglioramento dell’efficienza energetica di cinema, teatri e musei, ma anche per il rilancio dei borghi (a cui va un miliardo), per l’architettura rurale e i parchi, fino agli spazi per custodire e restaurare le opere d’arte. Si legge sul sito del PNRR Cultura: “L’intervento è finalizzato al risparmio energetico e agli obiettivi ambientali affinché generi effetti positivi sul rilancio degli investimenti, attivando il settore dell’impiantistica e delle costruzioni nonché il mondo dei professionisti e degli altri settori produttivi che operano nel settore di materiali e tecnologie dell’efficienza energetica”. Secondo il piano, entro settembre 2023, sono previsti progetti di riqualificazione e di efficienza energetica per un investimento di 300 milioni di euro su 274 cinema, 348 teatri e 120 musei e siti culturali.

    Mecenati di oggi

    Ma forse questi soldi da soli non basteranno. Spiega il professor Vanni nel suo libro: “Il museo deve entrare nel mercato del tempo libero e il visitatore deve essere al centro di ogni offerta culturale. I musei devono ampliare una gestione delle strategie innovative e piani economici, modelli capaci di integrare le risorse messe a disposizione della pubblica amministrazione. In ogni caso, tutti i progetti devono essere improntati a modelli di sviluppo sostenibile da condividere con il visitatore e il territorio”. Per questo, c’è bisogno di nuove specializzazioni. Per trovare i fondi ma anche per comunicare i possibili finanziamenti che già ci sono, ma non si conoscono.”Ad esempio, chi conosce fino in fondo l’Art Bonus, l’agevolazione fiscale prevista per chi vuole sostenere il patrimonio culturale italiano? Pochi, eppure è previsto un credito di imposta pari al 65% dell’importo in caso di erogazioni a sostegno del patrimonio culturale italiano? Pochi. Tra gli interventi da sostenere ci sono anche progetti di riqualificazione energetica e sostenibilità in molti musei che stanno soffrendo. Basta andare sul sito e ognuno di noi può scegliere quale monumento vuole contribuire a salvare oppure quale museo aiutare. Si possono perfino fare segnalazioni. Eppure, non è pubblicizzato”.  LEGGI TUTTO