Cento partono, solo uno arriva: i progetti rinnovabili decimati dalla burocrazia
Trecento a tre. È la proporzione tra il possibile e il reale, quando si parla di energie rinnovabili. Un fattore cento che illustra, meglio di qualsiasi analisi, il divario tra quello che si potrebbe fare, in termini di impianti eolici e fotovoltaici, e ciò che si concretizza effettivamente. I numeri sono implacabili: nel 2022 le richieste inoltrate a Terna, il gestore della rete elettrica nazionale, per la “connessione di iniziative rinnovabili” hanno raggiunto complessivamente circa 300 gigawatt (erano 150 gigawatt all’inizio dell’anno), ma entro la fine di dicembre saranno stati realmente terminati e allacciati alla rete appena circa 3 gigawatt di campi eolici e fotovoltaici. Trecento a tre, appunto.
Di quante rinnovabili ha bisogno l’Italia
Per comprendere le ragioni che abbattono i 300 gigawatt possibili fino ai 3 reali, occorre addentrarsi nei complessi meccanismi autorizzativi. Ma è bene innanzitutto chiedersi: di quante rinnovabili ha bisogno l’Italia? Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha più volte ribadito l’impegno a installare entro la fine del decennio 70 gigawatt di rinnovabili (in alcune esternazioni si è lasciato andare arrivando a 75-80). Il 2030 è data cruciale, perché la Ue si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra del 55%, anche se poi la Commissione ha innalzato il target a un -65%. Dunque l’Italia avrebbe bisogno nei prossimi otto anni di almeno 70 gigawatt: basterebbe realizzare meno di un quarto degli impianti per cui è stata richiesta la connessione alla rete elettrica. Il problema è che la domanda a Terna è solo il primo passo di un iter lunghissimo, spesso destinato a concludersi con una bocciatura.
Due ministeri competenti
Per la seconda tappa, le imprese devono chiedere per i loro impianti la Valutazione di impatto ambientale. Fino al 2020 la procedura era espletata solo dalle Regioni. Poi, per gli impianti più grandi (decisivi ai fini de futuro energetico del Paese), è stato deciso che a occuparsene fossero due Commissioni Via-Vas presso l’allora ministero della Transizione ecologica. Le Commissioni danno il loro parere (positivo o negativo) che va controfirmato dal ministero della Cultura. In caso di controversia tra dicasteri, la palla passa a Palazzo Chigi, che decide.
Lo scoglio delle Soprintendenze
Ma non è finita: perché l’impianto sia effettivamente autorizzato deve ottenere il via libera della Regione su cui sorgerà. Ed è in questa terza e finale fase di giudizio che possono tornare in gioco le Soprintendenze territoriali, con il loro diritto di veto. Torniamo ai numeri: dei 300 gigawatt di cui parla Terna, solo 120 hanno iniziato l’iter. E le due Commissioni Via-Vas contano di concludere il 2022 avendo espresso parere favorevole su oltre 7 gigawatt di impianti rinnovabili.
Il problema è quanti di quei gigawatt saranno poi autorizzati da Regioni e Soprintendenze. La fotografia attuale non è incoraggiante. «Nel 2022 verranno realmente terminati e allacciati alla rete circa 3 gigawatt, di cui probabilmente solo 1,5 gigawatt sono quelli che hanno ricevuto l’autorizzazione Via-Vas nazionale», spiega Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, il ramo di Confindustria che riunisce il 70% delle aziende elettriche italiane. «È necessario che anche gli altri enti territoriali accelerino il rilascio delle autorizzazioni di loro competenza affinché si possano concretizzare i benefici legati all’aumento di produzione di energia elettrica sostenibile e a basso prezzo».
Le aziende: “Troppe resistenze locali”
A frenare le autorizzazioni “locali” sono i timori per il consumo di terreno agricolo e per i danni al paesaggio. Ne fa le spese soprattutto l’eolico. «Le pale autorizzate nel 2022 sono tutte on-shore e messe insieme arrivano a 0,4 gigawatt. La cosa in parte stupisce», fa notare Tommaso Barbetti, partner di Elemens, società di consulenza e ricerca sull’energia. «Da fine 2021 a oggi sono state rilasciate le Via a oltre 2 gigawatt di progetti eolici. Molti pensavano che l’autorizzazione definitiva di questi progetti fosse una formalità, e invece nella quasi totalità dei casi si sta ancora aspettando, a riprova delle perduranti resistenze locali».
In questo senso l’accordo “Paesaggi rinnovabili” tra Fai, Legambiente e Wwf, anticipato venerdì da Repubblica, segna una svolta e potrebbe innescare una accelerazione. «Rispetto al ruolo delle Soprintendenze – conclude Re Rebaudengo – accogliamo con favore le dichiarazioni del ministro della Cultura Sangiuliano in merito all’avvio di un tavolo permanente con gli operatori energetici per trovare un più contemporaneo linguaggio per l’integrazione delle rinnovabili con il paesaggio». LEGGI TUTTO