Mentre Juliano Borin, il curatore del giardino botanico di Inhotim, fa il suo appello perché le istituzioni botaniche di tutto il mondo accedano all’incredibile mole di dati su piante e cambiamento climatico elaborati dal suo istituto, un colibrì approfitta delle fioriture e un tucano si alza in volo da una delle palme a rischio di estinzione, una Euterpe edulis, di cui Borin e i suoi collaboratori studiano l’adattamento al riscaldamento globale. Poco lontano, una delle opere d’arte di Inhotim, la “Viewing Machine” dell’artista danese Olafur Eliasson, invita i visitatori a modificare la loro visione del mondo, a percepire se stessi e l’ambiente circostante in maniera diversa. In quest’angolo di paradiso brasiliano, a Broumadinho, cittadina del Minas Gerais a 60 chilometri da Belo Horizonte, basta guardarsi intorno per comprendere l’unicità dell’istituto Inhotim. Nato nel 2002, l’Instituto Inhotim è insieme museo d’arte contemporanea e giardino botanico, uno dei più grandi musei open-air al mondo, di sicuro uno dei luoghi migliori per immergersi in una fusione di arte, natura e architettura. L’ampio terreno di Inhotim offre la rara opportunità di presentare opere d’arte di grandi dimensioni che non troverebbero spazio nei musei tradizionali e la sua posizione, tra la foresta atlantica e la savana tropicale del Cerrado, lo rende un ambiente naturale tra i più ricchi di biodiversità. Nei suoi 140 ettari di estensione si può godere di una foresta lussureggiante, di circa 700 opere di oltre 60 artisti provenienti da quasi 40 Paesi diversi esposte sia all’aperto, sia in gallerie, e di un giardino botanico con oltre 4,3 mila specie rare, provenienti da tutti i continenti.
Piante a rischio e semi da proteggere
Nello spazio “dove la natura e l’arte si incontrano”, come recita lo slogan dell’Istituto Inhotim, in mezzo alla foresta viva e dai colori stupefacenti, è difficile pensare che gli studiosi siano preoccupati che questo ecosistema sia in sofferenza. “Piove sempre meno – dice Borin – e le ondate di calore estremo sono sempre più frequenti. Abbiamo collaborazioni con università di tutto il mondo per comprendere come le piante autoctone rispondono al cambiamento climatico e quali sono i pericoli maggiori per la loro sopravvivenza. Verifichiamo la germogliazione di nuovi semi e usiamo un programma basato su un algoritmo sviluppato in Nuova Zelanda, per fare previsioni sulla possibile sopravvivenza di determinate piante nell’arco di venti anni. Stiamo anche usando una sorta di protezione solare da spruzzare su alcune specie”. Per salvare la flora locale l’Istituto Inhotim punta molto sulle conoscenze tradizionali: “Vorremmo aumentare la collaborazione con le popolazioni indigene – dice Borin – sono loro che conoscono meglio le proprietà delle piante e potrebbero darci indicazioni preziose. Il problema è stabilire delle relazioni, avviare un dialogo continuo”.
Nell’edificio che ospita la banca dei semi vengono conservati e studiati oltre 220 mila semi di 34 specie, tutte native della Foresta Atlantica e della savana tropicale del Cerrado, disponibili per lo scambio e la donazione ad altri orti botanici, istituzioni e ricercatori. “Riceviamo ancora poche richieste – dice Borin – saremmo felici di poter donare queste specie a giardini botanici che volessero studiarli, le collaborazioni internazionali sono fondamentali per le nostre attività”. Con l’emozione di un genitore che mostra un neonato, Borin indica la produzione di piantine di specie a rischio e difficili da coltivare come la Cattleya walkeriana Gardner, un’orchidea originaria del Cerrado ormai in via di estinzione. È soltanto un esempio delle ricerche del laboratorio di Inhotim, dove sono numerosi gli studi su specie native minacciate della flora brasiliana. L’istituto ha un particolare interesse per gli esemplari tipici della regione di Brumadinho, ma non è esagerato dire che la foresta amazzonica si salva anche qui.
Dal terreno coltivato al museo nella foresta
Quasi impossibile immaginare questo Eden negli anni Ottanta del secolo scorso, quando al posto di foresta, padiglioni d’arte e giardino botanico c’erano campi coltivati e allevamenti di maiali. Il Minas Gerais è lo stato brasiliano dello sfruttamento minerario e ancora adesso per arrivare qui si percorrono strade intasate dai camion che trasportano ferro, e si vedono ovunque i segni lasciati dallo sfruttamento intensivo dei minerali. La trasformazione di Inhotim si deve alla passione per l’arte dell’imprenditore Bernardo Paz, che negli anni Ottanta ha deciso di riconvertire il terreno, e oggi l’Istituto è una entità privata non profit, sovvenzionata da donazioni individuali e di aziende, oltre che dai biglietti di ingresso e dai numerosi eventi che vi si tengono. Molte delle opere esposte e spesso commissionate dall’Istituto sono in stretta connessione con l’ambiente che le circonda e affrontano il tema della crisi climatica. Di fronte a In Elevazione, dell’italiano Giuseppe Penone, si comprende quanto il contesto della foresta di Inhotim possa aggiungere a un capolavoro. Penone ha usato un castagno centenario, caduto nei giardini della Reggia di Versailles, modellandolo e successivamente fondendolo in bronzo. Appeso a tre metri da terra, sostenuto dalle radici su supporti d’acciaio, vicino a cinque guaritás, un genere di alberi autoctoni, nel corso degli anni l’albero-scultura sarà circondato da queste piante, e l’opera originaria sarà inglobata nella natura, portando, di fatto, a nuova vita l’albero morto.
Risorse idriche e ospitalità
Insieme alla conservazione della flora, a Inhotim un altro tema di punta è la sensibilizzazione sulle risorse idriche e sulla diminuzione dei rifiuti. In nessuno dei punti ristoro del museo vengono vendute bottiglie di plastica e nelle camere del nuovo Clara Resort, hotel appena aperto all’interno del parco per dare la possibilità ai visitatori di fermarsi a Inhotim ed esplorare a fondo il museo, ci sono sistemi per la purificazione dell’acqua. “La sostenibilità è uno dei pilastri principali dell’Istituto Inhotim e non avremmo potuto essere qui se non l’avessimo fatto nostro – dice Taiza Krueder, amministratrice delegata di Clara Resort – Oltre a investire in sostenibilità e conservazione dell’ambiente, ipromuoviamo collaborazioni con la comunità locale. È così che il Gruppo Clara è stato insignito nel 2020 del premio “Braztoa” per la sostenibilità, grazie alle iniziative che incoraggiano la protezione dell’ambiente sia nella comunità locale che negli ospiti e nei dipendenti, rendendo i processi interni più ecologici”.
Nonostante corsi d’acqua e sorgenti siano parte del paesaggio del Minas Gerais e della regione di Brumadinho, il cambio climatico e le attività minerarie sono una costante minaccia per le risorse idriche, così l’Istituto ha tra le sue missioni principali quella della loro salvaguardia. Pozzi e serbatoi destinati all’irrigazione sono utilizzati per l’approvvigionamento idrico del parco, dove in una stazione di trattamento biologico delle acque reflue si raccolgono e trattano il 100 per cento delle acque derivanti dalle attività dell’Istituto. Per mantenere la qualità delle risorse idriche e del trattamento delle acque reflue, vengono periodicamente raccolti campioni per il monitoraggio delle acque e la loro classificazione come potabili oppure destinate all’irrigazione e progettazione del paesaggio, per garantire l’equilibrio ecologico dei giardini e dei laghi dell’Istituto. La manutenzione dei giardini genera poi circa 100 m³/mese di rifiuti solidi organici, che vengono compostati all’interno del parco, ritornando così nell’ambiente e contribuendo a migliorare il suolo. Anche 0,8 m³/mese di verdure crude provenienti dai ristoranti di Inhotim fanno parte del processo di compostaggio. Il resto dei rifiuti viene smaltito tramite raccolta differenziata, in un progetto che ha coinvolto anche le comunità della zona intorno all’Istituto. Le opere d’arte, la bellezza e la foresta di Inhotim sono un bene di tutti e sono alla portata di chiunque si avventuri fin qui: ogni ultima domenica del mese e tutti i mercoledì, l’ingresso al parco è gratis.