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Il Mediterraneo senza acqua? Una catastrofe quasi irreparabile

Quasi un secolo fa, nel 1927, il signor Herman Sörgel, architetto e filosofo del Reich, partorì il progetto Atlantropa: la sua bislacca idea era di costruire una diga sullo stretto di Gibilterra e far abbassare di circa 120 metri il livello del mar Mediterraneo, per poi colonizzare la terra emersa a seguito dell’operazione. Una follia cui fortunatamente non fu dato seguito, anche perché (posto che la cosa si fosse effettivamente potuta realizzare in qualche modo, il che è tutt’altro che scontato) le conseguenze per l’ecosistema sarebbero state imprevedibili e probabilmente molto drammatiche. Quel che Sörgel probabilmente non sapeva è che c’è stato un momento, circa cinque milioni e mezzo di anni fa, verso la fine del Miocene, in cui il Mediterraneo si è effettivamente prosciugato a opera delle forze della natura. Oggi un’équipe di scienziati di diversi istituti di ricerca europei, tra cui anche molti centri italiani, ha approfondito il fenomeno per comprendere cosa successe alla vita marina dell’epoca, e cosa potrebbe succedere se malauguratamente il Mediterraneo dovesse prosciugarsi di nuovo. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science.

Un enorme bacino vuoto

L’evento studiato dai ricercatori è noto come “crisi di salinità del Messiniano” ed è stato scoperto negli anni Sessanta, quando una campagna di rilevamento sismico sul fondo del mar Mediterraneo ha rivelato la presenza, dove il bacino è più profondo, di uno strato di sedimenti salati il cui spessore arriva a quasi tre chilometri: in totale si tratta di un milione di chilometri cubi di sale. Quando e come si è depositato, e cosa ci fa là in fondo? L’analisi dei campioni prelevati ha mostrato che poco più di cinque milioni e mezzo di anni fa lo stretto di Gibilterra si chiuse per cause naturali – probabilmente fenomeni di origine tettonica – e di conseguenza l’acqua del Mediterraneo evaporò, trasformando il bacino in una conca asciutta e profonda fino a cinque chilometri sotto il livello del mare. Si stima che il fenomeno durò circa duecentomila anni e rappresentò una vera e propria apocalisse per la flora e la fauna marine, il più grande evento di estinzione dai tempi del meteorite che 60 milioni di anni fa spazzò via i dinosauri (e innumerevoli altre specie) e pose fine all’era mesozoica.

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L’analisi dei fossili

Gli autori del lavoro appena pubblicato, in particolare, hanno esaminato i fossili raccolti nel Mediterraneo e risalenti a un periodo compreso tra 12 e 3,6 milioni di anni fa: i risultati della loro analisi suggeriscono, per l’appunto, che la vita marina autoctona si estinse quasi del tutto quando il Mediterraneo si prosciugò, e che è stata la ricolonizzazione successiva, avvenuta dopo la riapertura dello stretto di Gibilterra e il nuovo riempimento del bacino, a dare alla fauna un aspetto più simile a quello che osserviamo oggi.

Gli scienziati hanno messo insieme le informazioni estratte da oltre 750 articoli pubblicati su questo tema, documentando quasi 23mila esemplari per un totale di 4897 specie viventi nel Mediterraneo. 779 specie, vissute prima della grande crisi del Messiniano, potevano essere considerate endemiche (cioè “residenti” solo nel Mediterraneo): di tutte queste, solo 86 erano presenti dopo il prosciugamento. Tra le specie scomparse figurano anche molti coralli tropicali, che abbondavano prima della crisi della salinità; tra quelle sopravvissute, invece, alcune specie di sardine e i sirenii, un ordine di mammiferi che comprende anche i lamantini e i dugonghi.

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Un recupero lento e faticoso

Lo studio, purtroppo, non è riuscito a far luce su come e perché alcune specie siano riuscite a sopravvivere a altre no, ma ha chiarito il fatto che l’impatto dell’isolamento del Mediterraneo sulla sua biodiversità è stato catastrofico e soprattutto che la ripresa è stata molto lenta: secondo le stime degli scienziati, ci sono voluti oltre 1,7 milioni di anni perché il numero delle specie tornasse comparabile a quello precedente alla crisi. Fortuna, insomma, che Sörgel sia stato fermato in tempo.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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