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Felce, l’antica pianta che ama l’umidità: i consigli per coltivarla

Con il nome generico e comune di felce ci riferiamo solitamente al gruppo di piante vascolari definito delle pteridofite – il cui nome deriva dal greco pteris, appunto felce. A questo gruppo appartengono anche i generi del licopodio nonché dell’equiseto. Le felci sono piante molto antiche, dall’aspetto quasi primordiale, che ben riflette le loro origini: si ritiene infatti che fossero già presenti sul nostro pianeta all’incirca 400 milioni di anni fa. Proprio a causa della sua storia antichissima, esistono diverse interpretazioni e credenze sul significato della felce: per alcuni, sarebbe un simbolo di fecondità. A detta di altri, invece, la pianta rappresenterebbe tutto il fascino misterioso di ciò che è sconosciuto ed oscuro. Secondo alcuni, infine, tra le proprietà della felce ci sarebbe la capacità di purificare l’aria in ambienti domestici.

L’esposizione ideale della felce

La felce vegeta bene in luoghi dove non ci siano correnti d’aria e soprattutto con luce soffusa, esattamente come nel sottobosco. Non esponiamo mai la pianta alla luce diretta del sole. La felce non teme il freddo, mentre preferisce le temperature comprese nell’intervallo tra i 15-20 gradi. Al di sopra di questa soglia, accertiamoci che ci sia sempre una buona umidità ambientale. Se coltiviamo la pianta in vaso, ricordiamoci di far girare regolarmente il contenitore affinché la felce non tenda a svilupparsi in modo disordinato a causa del fatto che non trova la luce.

La coltivazione della felce: in vaso o in piena terra?

Possiamo coltivare la felce sia in vaso sia in piena terra. Nel primo caso, ricordiamoci dell’importanza di collocare la pianta in un luogo fresco, ventilato e dove non siano presenti delle fonti di calore diretto (come i termosifoni). L’ambiente di coltivazione dev’essere anche costantemente umido: se necessario, ricorriamo ad un contenitore riempito di acqua per favorire la diffusione di umidità. Nel caso della messa a dimora in piena terra, ricreiamo il tipico ambiente boschivo e piantiamo la felce in un luogo sufficientemente ombreggiato. La riproduzione della pianta, nel suo ambiente naturale, avviene tramite le spore (come i funghi). Quando la coltiviamo nei nostri giardini o i vaso, invece, possiamo moltiplicarla tramite la divisione della pianta.

Il terreno ideale per coltivare la felce

Per la coltivazione delle felci, il terreno ideale è quello che ricalca le tipiche caratteristiche della terra presente nel sottobosco. Scegliamo quindi un terreno con una buona capacità di drenaggio, una quantità importante di torba, un buon livello di acidità e, infine, non pesante.

L’innaffiatura, la concimazione e la potatura della felce

La felce predilige l’ambiente umido tipico della foresta: manteniamo costantemente inumidito il terreno, ma evitiamo che sia fradicio. Per assicurare il giusto livello di umidità, possiamo aggiungere due dita di acqua nel sottovaso e un po’ di ghiaia. Questo accorgimento permetterà di contrastare l’eccessiva secchezza dell’aria. Un’altra soluzione per mantenere umido l’ambiente di coltivazione è quella della nebulizzazione di acqua piovana sulle foglie. Possiamo concimare la felce durante il periodo primaverile ed estivo, con una cadenza quindicinale. Basta aggiungere del fertilizzante liquido (con azoto, fosforo e potassio in quantità equilibrata) all’acqua dell’innaffiatura. La pianta non richiede potature particolari: dobbiamo però eliminare le foglie che si sono seccate e quelle rovinate, poiché potrebbero favorire l’attacco da parte di parassiti.

I rischi per la felce

Le felci sono piante particolarmente robuste, che solo in particolari casi sono colpite da alcune specifiche criticità. Ad esempio, la felce può essere attaccata dalla cocciniglia: la presenza di questo fastidioso insetto è causata da un’irrigazione troppo frequente. In questo caso, possiamo porre rimedio al problema diradando l’annaffiatura. Un’altra avversità che può toccare la felce è quella della clorosi da malassorbimento del ferro. Per eliminare il problema, dobbiamo rendere un po’ più acido il terreno di coltivazione, aggiungendo un po’ di torba. Infine, anche l’acqua d’irrigazione troppo calcarea può contribuire alla clorosi: il rimedio è aggiungere un po’ di solfato di ferro.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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