14 Novembre 2023

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consigliato per te

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    Birol: “Italia attenta ai gasdotti, domanda è destinata a calare”

    ROMA — «Un allargamento del conflitto in Medioriente potrebbe far impennare il prezzo del petrolio. Spero che alla Cop28 di Dubai si approvi la triplicazione delle rinnovabili e che l’industria petrolifera dimostri di impegnarsi davvero contro la crisi climatica. All’Italia dico: pensateci bene prima di costruire nuovi gasdotti. E se volete aiutare davvero l’Africa, fate […] LEGGI TUTTO

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    Gestione dei rifiuti di imballaggio, in Italia un modello virtuoso

    La parola chiave, oggi, è consapevolezza. Tenere sempre ben presente che le scelte che facciamo ogni giorno, per quanto ci sembrino insignificanti, possono avere un impatto positivo sulle nostre vite e quelle dei nostri figli, e i risultati che tutti insieme, come società, possiamo raggiungere, sono davvero stupefacenti. È quanto emerge dal Rapporto integrato di sostenibilità 2023 del CONAI, Consorzio Nazionale Imballaggi: nel 2022, il valore economico generato per il Paese dal riciclo e dal recupero degli imballaggi ha superato i tre miliardi di euro. Il sistema CONAI contribuisce a questo risultato per circa la metà: un miliardo e mezzo di euro è il beneficio economico del riciclo e del recupero degli imballaggi gestiti dal sistema. Grazie a questo sistema virtuoso sono stati risparmiati 56 terawattora di energia (qui il contributo del CONAI a questo risultato è di 26 terawattora, pari al consumo di un terzo delle famiglie italiane) e non emessi 10 milioni e 226.000 di tonnellate di CO2eq, di cui quasi 5 milioni grazie all’impegno del sistema CONAI, l’equivalente di 3.767 voli attorno al mondo: il riciclo si conferma anche un attore importante contro l’emissione in atmosfera di gas serra, ossia tutti i gas (come la CO2) che in atmosfera hanno effetti di riscaldamento globale. LEGGI TUTTO

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    Al premio Cosmos le migliori recensioni degli studenti

    Sono “Storia dei cambiamenti climatici. Lezioni di sopravvivenza dei nostri antenati” di Brian Fagan e Nadia Durrani edito da Il Saggiatore e  “Non siamo soli. I segnali di vita intelligente dallo spazio” edito da Mondadori i libri scelti rispettivamente dal Comitato scientifico e dai 450 studenti che hanno partecipato al Premio Cosmos. Il premio, giunto alla quinta edizione è un’iniziativa dedicata ai migliori testi di divulgazione, realizzata in collaborazione con il ministero dell’Istruzione e del Merito, il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, la Società Astronomica Italiana, nell’ambito del Protocollo d’intesa MI/SAIt, in sinergia con la Città Metropolitana di Reggio Calabria, il Planetario Pythagoras.

    Ecco le migliori recensioni dei ragazzi

    Melanie Mitchell, “L’intelligenza artificiale. Una guida per esseri umani pensanti” Einaudi Editore

    Liceo Linguistico Paritario “Aldo Moro”, Bucarest (Romania). Docenti Valeria Prundeanu e Gian Corrado Peluso

    Il libro “L’intelligenza artificiale” di Melanie Mitchell è un’opera che esplora il campo dell’intelligenza artificiale (IA) in modo dettagliato e accessibile. L’autrice offre una panoramica completa dei concetti fondamentali, delle tecniche e delle sfide che caratterizzano questo campo. Il libro è strutturato in modo chiaro e organizzato, consentendo ai lettori di comprendere facilmente i concetti complessi dell’IA senza necessariamente avere una formazione tecnica avanzata. Mitchell guida i lettori attraverso le diverse prospettive dell’IA, spiegando i principi di base del machine learning, delle reti neurali, dell’apprendimento automatico e dell’elaborazione del linguaggio naturale. Una delle principali qualità di questo libro è la sua obiettività. Mitchell esplora sia gli aspetti positivi che quelli negativi dell’IA, offrendo un’analisi equilibrata delle sue potenzialità e dei suoi limiti. L’autrice sottolinea che, nonostante i significativi progressi nell’IA, molte sfide rimangono aperte, come la comprensione dei meccanismi di apprendimento delle reti neurali o l’etica nell’implementazione di algoritmi di intelligenza artificiale.

    Graziano Ingrosso, Clara Fappani

    Abraham Loeb, “Non siamo soli. I segnali di vita intelligente dallo spazio” Mondadori

    Liceo Scientifico “Leonardo Da Vinci” Reggio Calabria, docente Emanuela Martino

    “Non siamo soli” è un viaggio affascinante che ci conduce per mano alla scoperta del mistero più insondabile dell’universo: l’esistenza di vita oltre quella terrestre.  Un interrogativo che ha suscitato, da sempre, l’interesse e la curiosità non soltanto degli esperti e degli astronomi di tutto il mondo, ma anche della gente comune. Chi nelle notti d’estate non ha mai alzato la testa al cielo, immaginando di vedere una navicella spaziale solcare le costellazioni?  E anche celebri narratori e registi di ogni tempo hanno coccolato questo “sogno” con libri e pellicole consacrate a essere ricordati per sempre. Per il nostro autore, invece, tutto incominciò quando i telescopi sull’isola di Maui intercettarono un asteroide molto particolare. In tutti gli elementi era tale da destare stupore, attenzione e ricerche: la sua forma, inusuale, la sua velocità, elevata, e la sua luce, particolarmente brillante per le sue caratteristiche strutturali. Oumuamua è il nome con cui fu battezzato lo strano corpo celeste. Ed è proprio il nostro autore, Avi Loeb, anche docente alla Harvard University, ad osservarlo attentamente. Dai suoi studi e dal suo volume, emerge l’approccio sognatore dello scienziato e l’ipotesi suggestiva che Oumuamua non fosse un fenomeno naturale, bensì un relitto di qualche civiltà extraterrestre.

    Loeb, ed è questo il lato interessante del libro, esclude qualsiasi altra ipotesi in maniera rigorosa, anche di fronte all’evidente scetticismo della comunità scientifica che appare molto restia ad accettare (e talvolta anche a studiare la possibilità) che esista altra vita oltre agli abitanti del nostro pianeta. Il libro di Loeb si arricchisce di una serie di considerazioni morali e filosofiche riguardo al problema del bigottismo della comunità scientifica sull’argomento degli alieni, inducendo il lettore a una riflessione a 360 gradi, non solo sugli aspetti scientifici, ma anche culturali e umanistici.

    L’uomo, nel corso dei secoli, ha sempre combattuto e sacrificato la propria vita per l’affermazione delle proprie idee e delle verità scientifiche, quest’ultime, oggi anche facilmente dimostrabili. Lungo e poco esaustivo sarebbe l’elenco di quanti hanno perso la vita o rinunciato alla propria dignità pur di veder riconosciute le loro idee, basti pensare a Giordano Bruno, bruciato vivo a Campo dei Fiori, o a Galileo Galilei, costretto ad abiurare le proprie teorie. Il libro di Loeb, invece, ci insegna ad avere fiducia e a credere che esistano altre forme di vita, anche se al momento non ancora provate.

    Classe 3P

    Jim Al-Khalili, “Le gioie della scienza. Otto brevi lezioni per esercitare il metodo scientifico ogni giorno” Bollati-Boringhieri

    Liceo Scientifico “Enrico Fermi” Catanzaro, docente Giovanna Valeo

    Il libro “Le gioie della scienza”, in lingua originale “The joy of science”, di Jim Al-Khalili è il testo da noi individuato come migliore opera di divulgazione scientifica tra quelle proposte. Il testo è costituito da otto brevi lezioni che ci invitano a guardare il mondo con gli occhi degli scienziati. Alla base del metodo, ci sono principi che possono essere messi in pratica da tutti noi per vivere meglio. Ci sono lezioni sulla natura dell’incertezza e sulla ricerca di una verità oggettiva e dimostrabile, sul ruolo fondamentale che ha il dubbio nella nostra vita, sull’importanza di fare attenzione ai pregiudizi, sulla necessità di avere sempre un giudizio fondato su prove tangibili, e quindi anche sull’esigenza di non aver paura di cambiare idea.

    Lo scopo dell’autore è educare il lettore ad avere un approccio scientifico riguardo la quotidianità, grazie a strumenti da utilizzare costantemente. Sta proprio qui la “gioia della scienza”: Al-Khalili invita a uscire dalla propria comfort zone perché solo così si possono mettere in discussione le proprie opinioni per capire che errare è umano; ci insegna che il dubbio non è sempre da considerare come negativo, anzi “l’incertezza nella scienza non significa non sapere, ma sapere. Sappiamo quanto è probabile che i nostri risultati siano giusti o sbagliati, perché riusciamo a quantificare la fiducia che riponiamo in essi.” Come sostiene l’autore: “sbagliare nell’ambito della scienza è il modo migliore per migliorare la conoscenza e approfondire la comprensione del mondo”.

    Molto spesso siamo così convinti che la nostra sia la posizione giusta, che non riusciamo a metterci in discussione e facciamo fatica a comprendere gli altri e a confrontarci. Invece è proprio il confronto che ci arricchisce, ci permette di allargare i nostri orizzonti e ci fa crescere, perché “L’ammissione dei propri errori è un punto di forza e non di debolezza”.

    Classe III A

    Melanie Mitchell, “L’intelligenza artificiale. Una guida per esseri umani pensanti” Einaudi Editore

    Liceo Scientifico Statale Italiano “Edoardo Amaldi” Barcellona (Spagna), docente Fabio Versaci

    Partendo da un aneddoto personale, tanto ironico quanto inquietante (la riunione sull’IA di Google e i relativi commenti di Hofstadter), Melanie Mitchell (docente di Complessità presso il Santa Fe Institute) nel libro sviluppa una profonda e dettagliata osservazione su ciò che è stata, ciò che è, e ciò che sarà l’intelligenza artificiale. Il saggio però, ai fini di descrivere il funzionamento e il progresso dell’IA, approfondisce inevitabilmente la complessità dell’intelligenza umana e la nostra consapevolezza, a volte labile, al riguardo di quest’ultima.

    La Mitchell difatti mette a confronto la possibile capacità di una macchina di simulare abilità tipicamente umane, alternando spiegazioni puramente tecniche (il machine learning, il deep learning, ConvNet e ImageNet fra le tante) a riflessioni etiche e psicologiche, incentrate per lo più sulla barriera del significato, la comprensione e la vista: elementi intuitivi e immediati dello sviluppo cognitivo umano ma non così scontati per una macchina. La sostanziale differenza fra l’uomo e l’IA che emerge dalla lettura può essere sintetizzata da una delle frasi più significative del libro: “Deep Blue ha sconfitto, è vero, Kasparov, ma non ne ha tratto alcun piacere”. Con chiarezza espositiva dunque, nonostante il linguaggio a tratti complesso, l’autrice mette in mostra i pro e i contro dell’IA, i suoi contributi all’umanità, ma anche i suoi pericoli e , soprattutto, la sua possibilità di raggiungere (o addirittura superare) l’intelligenza umana. Amy Negrini e Gabriele Faienza

    Roberto Battiston, “L’alfabeto della natura. La lezione della scienza per interpretare la realtà” Rizzoli

    IIS “Ettore Majorana” Moncalieri (Torino), docenti Federica Luisa Jolanda Marco e Sara Armellino

    L’opera di Roberto Battiston “L’alfabeto della natura” tratta di un argomento ampiamente discusso al giorno d’oggi, i cambiamenti climatici, ma con un approccio diverso. Nelle quattro lezioni, il lettore si imbatte in una grande quantità di dati interessanti e di riferimenti numerici, supportati da grafici sintetici purtroppo non sempre di chiara lettura.

    La prima lezione spiega la necessità di una metodologia di pensiero di tipo scientifico per la trattazione di problemi complessi quali il cambiamento climatico, al fine di rendere più efficaci possibili le conclusioni e quindi più raggiungibili le soluzioni del problema. In questa sezione si evidenzia il ruolo fondamentale che ricoprono l’istruzione e la formazione in ogni paese, e si ribadisce in più occasioni come il riscontro di varie forme di analfabetismo scientifico costituisca una grave forma di povertà invisibile.

    Nella seconda lezione si concentra tutta la potenza divulgativa del libro: l’autore cerca di spiegare come la scienza moderna legga il mondo; i temi trattati riguardano principalmente i principi della termodinamica e traspaiono chiaramente le definizioni delle grandezze fondamentali che tratta tale materia, come ad esempio l’entropia, analizzata sotto una luce nuova e resa finalmente comprensibile ai più. Vengono spesso utilizzati espedienti narrativi come similitudini e parallelismi con riferimenti alla vita comune, per fare comprendere a fondo la complessa teoria che l’autore si propone di divulgare, con ottimi risultati.

    Dalla terza lezione si entra nel vivo delle argomentazioni del libro: vengono trattate – con l’ausilio di tutte le conoscenze e gli strumenti forniti – le relazioni energetiche che intercorrono tra la superficie abitata del nostro pianeta, l’ambiente esterno e il suo interno. Questa è una delle parti più critiche: la citazione di una moltitudine di dati e informazioni fa perdere a volte il senso di ciò che si legge, ma l’argomento richiede una trattazione di tipo marcatamente statistico, quindi non può che essere divulgato in questo modo; le semplificazioni che l’autore fa sono da considerare concesse, poiché permettono complessivamente una buona comprensione dei fenomeni descritti. La quarta lezione tende a scadere nel banale. Spunti di riflessione importanti, che però è difficile che escano dalla mera discussione a diventare atti pratici concreti.

    Classi Terze

    Roberto Battiston, “L’alfabeto della natura. La lezione della scienza per interpretare la realtà” Rizzoli

    Liceo Scientifico “Enrico Mattei” Casablanca (Marocco) docente Alessio Gava

    “L’alfabeto della natura” è un libro scientifico a carattere didascalico, diviso in quattro parti: la prima (Pensare) tratta diversi problemi, tra cui l’analfabetismo scientifico, la propagazione di fake news, l’incapacità di capire il mondo che ci circonda, ma anche problemi come l’evoluzione molto rapida e incontrollabile dell’AI e infine l’importanza del buon senso; la seconda parte (Leggere il mondo con la scienza) tratta, invece, il ruolo cruciale sia della matematica che della scienza nella comprensione dei fatti, l’analfabetismo statistico, il tema del Covid-19 e infine l’energia; la terza parte (La Terra e il suo clima) affronta principalmente la questione climatica del nostro pianeta, concetto accennato anche in precedenza ; infine la quarta (Come affrontare il problema) che solleva la questione su modi con i quali affrontare e risolvere i problemi climatici efficacemente.

    Questo libro ha un registro tecnico/scientifico, anche se il ricorso a termini complessi è abbastanza limitato, questo ci potrebbe suggerire la volontà dell’autore di raggiungere il maggior numero di lettori, ma soprattutto i giovani, perché sono loro che avranno un impatto significativo in futuro. Il tono è, di conseguenza, educativo/informativo, perché lo scopo principale di questo libro è la trasmissione di conoscenze. Tutto il discorso è collegato da una citazione presente all’inizio di ogni capitolo. Sono presenti diversi grafici, esempi, fatti storici, esperienze personali. Insomma lo stile è accessibile e divulgativo. Lo scopo di questo libro è aprirci gli occhi sul mondo che ci circonda, di decifrare la natura alla luce di uno sguardo scientifico e inconfutabile.

    Lina Fath-eddine

    Paola Cadelli, “Rosalind Franklin. Ho fotografato il DNA” Morellini editore

    Liceo Classico Convitto Nazionale di Stato “Campanella” Reggio Calabria docente Cristina Novello

    Questo splendido romanzo è la storia di una delle più brillanti scienziate del ‘900. Di origine ebraica, vive in una famiglia agiata. La prima parte del libro è dedicata alla sua infanzia  e al suo rapporto con i genitori e  i fratelli. L’autrice mette l’accento sull’intelligenza superiore di questa ragazzina e su quanto la madre si dimostri preoccupata per questo, perché “pone la figlia paurosamente contro gli stereotipi della società dell’epoca”.  Descrive la sua vita attraverso le lettere che ella stessa scrive alla famiglia o alle amiche. Il lettore scopre così gli aspetti più nascosti del suo carattere, colpisce in particolare il suo amore e la sua dedizione per lo studio: “Studiare mi rende felice, mi sento in pace con me stessa”.

    Sfondo della narrazione è un contesto storico molto complesso, all’ombra dell’ascesa del nazismo; gli ebrei che possono fuggono da Francia, Germania, Austria riparando in Inghilterra, dove la stessa protagonista si adopera per dare aiuto ai rifugiati. Il desiderio di Rosy è quello di frequentare l’università di Cambridge, la stessa università che fu di Isac Newton e il padre, che ha piena fiducia nelle sue capacità, la incoraggia spesso e si sacrifica nel mantenerle gli studi anche nei periodi di maggiore difficoltà economica, durante la guerra.

    La seconda parte del libro è segnata, infatti, dallo scoppio della Seconda guerra mondiale che travolge Parigi, dove la bandiera nazista viene issata sulla Tour Eiffel. Fa riflettere quanto, agli occhi di molti intellettuali dell’epoca, fosse considerato urgente un cambiamento nei confronti delle donne e del lavoro essendo considerate ” intollerabili e irrazionali” le barriere che impedivano a queste, settori come chimica e ingegneria.

    Nella terza parte, viene descritta la vita e il lavoro al King’s College di Londra dove Rosalind ha occasione di partecipare agli studi sulla molecola del DNA e dove riesce a scattare la famosa “Foto 51”, che oggi è il simbolo scientifico di tutte le scoperte su questa straordinaria molecola.

    Classe 2^A

    Abraham Loeb, “Non siamo soli. I segnali di vita intelligente dallo spazio” Mondadori

    Liceo Scientifico “Alessandro Volta” Reggio Calabria, docenti Anna Borrello e Caterina Camera

    “Non siamo soli” di Avi Loeb è un libro straordinario che invita a guardare oltre i confini del mondo e ad affrontare la possibilità che gli esseri umani non siano l’unica forma di vita intelligente nell’universo. Avi Loeb, un astrofisico rinomato e appassionato ricercatore, guida il lettore in un viaggio che esplora le evidenze riguardanti un presunto oggetto interstellare, Oumuamua, che ha attraversato il nostro sistema solare nel 2017.

    Il libro sfida molte delle convinzioni radicate sulla vita extraterrestre poiché Loeb, dopo aver esaminato le caratteristiche insolite di Oumuamua, (come la sua forma allungata e la sua traiettoria insolita), suggerisce che potrebbe essere stato creato da una civiltà tecnologicamente avanzata, proveniente da un’altra parte dell’universo. L’autore si serve di un approccio razionale e un’analisi oggettiva e dettagliata, priva di conclusioni affrettate o speculazioni, inducendo a considerare tutte le possibilità e a mantenere sempre una mente aperta ad ogni soluzione e prospettiva.

    Loeb condivide le sue conoscenze in modo chiaro e coinvolgente, rendendo il testo accessibile a tutti e quasi “impregnando” le pagine stesse della sua passione per l’esplorazione spaziale, stimolando il lettore a riflettere sul proprio posto nell’universo e a interrogarsi sul significato più profondo dell’esistenza umana. In definitiva, “Non siamo soli” è un’opera straordinaria che spalanca le porte della immaginazione e spinge ad abbracciare l’incertezza e la meraviglia che l’universo offre.

    Francesco LEGGI TUTTO

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    La battaglia di John Cook contro i negazionisti climatici: “Tutto è cominciato con mio suocero”

    Da più di dieci anni studia e combatte la disinformazione, specie quella riguardante il cambiamento climatico e oggi crede che “l’unico strumento che possiamo davvero usare è il pensiero critico”. Ed è di questo che parlerà John Cook in Italia, invitato dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc) a due eventi pubblici: il 15 novembre a Roma, nella sede del Wwf alle ore 16 e il pomeriggio del 16 a Firenze, nella Fortezza da Basso durante il Earth Technology Expo. 

    John Cook, 52 anni e con alle spalle studi in scienze cognitive, è Senior Research Fellow presso il Melbourne Centre for Behaviour Change dell’Università di Melbourne e professore al Center for Climate Change Communication. Nel 2007 ha fondato Skeptical Science, sito che ha vinto nel 2011 l’Australian Museum Eureka Prize for the Advancement of Climate Change Knowledge e nel 2016 il Friend of the Planet Award del National Center for Science Education. È coautore di saggi importanti come Climate Change: Examination the Facts, Climate Change Science: A Modern Synthesis e Climate Change Denial: Heads in the Sand. Il suo lavoro è stato citato da Barack Obama nel 2013 e dall’allora primo ministro britannico David Cameron. Nel 2015, ha sviluppato un corso online presso l’Università del Queensland sulla negazione della scienza del clima che ha raccolto oltre 25mila iscrizioni.

    “Nelle ultime due decadi abbiamo assistito ad una lenta migrazione dal puro negazionismo rispetto al cambiamento climatico a campagne di disinformazione sulle soluzioni possibili come le rinnovabili o ancora all’efficacia di leggi che via via sono state proposte o approvate nei vari Paesi. Ma questo non significa che il negazionismo sia sparito. Ancora oggi gli scienziati vengono attaccati riguardo ai dati sulla crisi climatica ed è pieno di teoria cospiratorie che negano l’aumento delle temperature”. 

    Qual è l’attacco tipico che viene fatto alle soluzioni, iniziando delle fonti rinnovabili?”Che porteranno ad un disastro economico. La tassa sulle emissioni, ad esempio, viene spesso additata come pericolosa perché secondo alcuni renderebbe la produzione meno competitiva. In generale molte forme di transizione verso un sistema produttivo più sostenibile sono prese di mira e giudicate una minaccia per il nostro benessere economico”. 

    E lei non crede che ci sia un fondo di legittimità in questi timori?”Dipende dalle soluzioni prese in esame. Di solito queste accuse sono basate su pesanti semplificazioni. Ma è vero che allontanarsi dai combustibili fossili può creare delle difficoltà sul breve periodo, ma sono nulla rispetto ai benefici sul lungo periodo”.

    L’intervista

    Cop28, la sfida europea delle rinnovabili. “La triplicazione come obiettivo per uscire dalle fonti fossili”

    di Luca Fraioli

    09 Novembre 2023

    Spesso si prendono le teorie cospiratorie come una causa quando sono un sintomo di una visione del mondo diversa da quella ufficiale, o maggioritaria che dir si voglia e che certo non si cambia a forza di dati e statistiche.”Sono d’accordo sul fatto che è un fenomeno molto più complesso di quel che in genere si crede. Rappresentano un modo di pensare che rigetta la legittimità delle fonti ufficiali così come quelle scientifiche. Nel caso del cambiamento climatico vengono quindi contestate le rilevazioni scientifiche e le conclusioni degli scienziati riguardo la nostra responsabilità nell’aumento delle temperature”. 

    Se è quindi un modo di pensare e un’identità, come si fa a convincere che davvero stiamo condannando il pianeta se non facciamo qualcosa?”È molto difficile. Sto scrivendo con un collega un manuale delle cospirazioni nel quale parliamo fra le altre cose del fenomeno dell’impermeabilità rispetto alle prove scientifiche se si ha un certo modo di pensare. Ma ci sono strumenti possibili, cominciando dall’avere un atteggiamento più empatico e non di opposizione netta. Puntare sul pensiero critico, sulla curiosità, sul guardare alla radice delle fonti di informazione per stabilire quali possono davvero essere giudicate autorevoli. Chi è convinto che il mondo sia retto da grandi cospirazioni, crede anche di avere un pensiero critico. E su questo si può trovare un terreno comune”. 

    Uno dei mantra di QAnon è “fai le tue ricerche online”. Sul Web si trova di tutto, specie ciò che conferma i nostri pregiudizi. Il resto in genere si scarta.”Per questo bisogna concentrarsi sul pensiero critico e sulla legittimità e autorevolezza delle fonti. Molta disinformazione viene fatta chiamando in causa presunti esperti a parlare di cose delle quali sanno poco o nulla, cambiamento climatico incluso. Magari sono figure che hanno acquisito una loro notorietà in altri settori ma che brancolano nel buio su certi temi anche se si presentano in ben altro modo”.

    Ambiente

    I negazionisti del clima, quelli che dicono: “D’estate fa caldo”

    di Jaime D’Alessandro

    27 Luglio 2022

    Dove si concentra la disinformazione sul cambiamento climatico?”Nasce prima di Web e social network negli ambienti conservatori americani. Si è puntato fin da subito a confondere le acque sulle cause e quindi a negare la legittimità delle soluzioni. Oggi il terreno principale è diventato l’online e fra i Paesi più polarizzati ci sono sempre gli Usa e in seconda posizione l’Australia. Ovunque si estrarre petrolio c’è una forte resistenza ad ammettere i danni che stiamo facendo all’ecosistema”.   

    Come mai lei ha scelto questo campo di studio: negazionismo e disinformazione sul cambiamento climatico?”Ho iniziato nel 2007 dopo una serie di discussioni con mio suocero che negava quel che sta capitando alla Terra. Mi sono così incuriosito e ho iniziato a studiare le fonti dalle quali prendeva i suoi argomenti e da lì è nato il mio dottorato di ricerca sul tema e in ultima analisi la mia carriera”. LEGGI TUTTO

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    Perché l’aumento della concentrazione di sale nell’ambiente non fa bene a noi e al Pianeta

    Se dovessimo stilare una lista di prodotti tossici, il sale probabilmente non sarebbe fra i primi a venirci in mente. Ma, come per qualsiasi sostanza, anche in questo caso vale la famosa regola per cui è (anche) la dose a fare il veleno. E secondo i dati raccolti in una review pubblicata su Nature Reviews Earth & Environment, per effetto delle attività antropiche la concentrazione di sale nell’ambiente – soprattutto quella del cloruro di sodio, il comune sale da cucina, ma non solo – sta aumentando a livelli tali da costituire un pericolo per la salute umana. Tanto che gli autori della review suggeriscono di inserire i livelli di produzione e utilizzo di sale fra i parametri da monitorare per mantenere in salute il Pianeta, analogamente a quello che già facciamo con la concentrazione atmosferica di CO2, lo spessore dello stato di ozono, il livello di acidificazione degli oceani.

    Nel caso del sale il rischio principale è quello di ridurre ulteriormente la disponibilità di acqua dolce per uso potabile, che già sappiamo essere un punto critico a causa di vari fattori, fra cui il riscaldamento globale, l’inquinamento delle falde acquifere e l’iniqua distribuzione (oltre che l’iniquo utilizzo) delle risorse idriche in termini geografici. Ma da dove arriva tutto questo sale? Un esempio è il suo impiego come agente antighiaccio: secondo i dati riportati nella review, il 44% del sale (in questo caso parliamo proprio del cloruro di sodio) consumato negli Stati Uniti fra il 2013 e il 2017 è stato utilizzato sulle strade con questo scopo. Altri esempi sono i sali impiegati come fertilizzanti, oppure quelli utilizzati per produrre alcuni materiali da costruzione.E per comprendere la portata del fenomeno è sufficiente citare un dato: secondo le analisi condotte nel corso degli anni dagli autori della review, l’aumento della concentrazione ambientale di sale dovuta ad attività antropiche ha coinvolto globalmente circa 1 miliardo di ettari (due miliardi e mezzo di acri) di suolo. Una superficie che corrisponde più o meno a quella occupata dagli Stati Uniti. Infatti, sottolineano gli autori, la concentrazione di sale non sta aumentando soltanto nei fiumi e nei corsi d’acqua, ma, come conseguenza, anche nel suolo e nell’aria. Quest’ultimo fenomeno è legato al fatto che parte degli ioni che costituiscono i sali possono volatilizzarsi a seguito dell’evaporazione dell’acqua all’interno della quale erano disciolti, costituendo un ulteriore possibile fattore di rischio per la salute umana.”Se pensiamo al Pianeta come a un organismo vivente, l’accumulo di sale potrebbe compromettere il funzionamento di organi o ecosistemi vitali”, spiega Sujay Kaushal, primo autore dello studio e docente presso il dipartimento di geologia dell’Università del Maryland (Stati Uniti). Tra l’altro, la desalinizzazione dell’acqua non è una soluzione facilmente attuabile, visto che, prosegue l’esperto, si tratta di un processo molto dispendioso in termini energetici ed economici, oltre al fatto che può generare dei sottoprodotti difficili da smaltire.E oltre a costituire un rischio diretto per la disponibilità di acqua potabile, una volta dispersi nell’ambiente gli ioni che costituiscono il sale possono legarsi ad altri contaminanti presenti nel suolo o nelle falde acquifere formando dei “cocktail” potenzialmente dannosi. Anche perché, come anticipato, non si tratta soltanto di un aumento nella concentrazione ambientale del cloruro di sodio (il comune sale da cucina): secondo gli autori, infatti, le attività antropiche hanno perturbato anche la concentrazione ambientale di sali costituiti ad esempio da ioni solfato, calcio, magnesio, potassio.

    Gli autori lo definiscono “ciclo antropogenico del sale”, e si sta sostanzialmente sostituendo al naturale riciclo del sale legato a processi geologici e idrologici, che tendono ad essere fortemente accelerati dalle attività antropiche. “Vent’anni fa tutto quello che avevamo erano dei casi studio”, conclude Gene Likens, secondo autore dello studio e docente di ecologia presso l’Università del Connecticut (Stati Uniti): “Potevamo dire che le acque superficiali erano salate qui a New York o nelle riserve di acqua potabile di Baltimora. Adesso mostriamo che si tratta di un ciclo, dal profondo della Terra fino all’atmosfera, che è stato significativamente perturbato dalle attività umane”. LEGGI TUTTO

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    National Geographic Fest 2023. “Il Capitale Naturale”

    “Il capitale naturale” è il titolo di National Geographic Fest 2023, il festival di National Geographic organizzato a Milano presso Citylife Anteo dal 17 al 19 novembre. Al centro del dibattitto: tutti gli aspetti dello sfruttamento consapevole e responsabile delle risorse, dalle foreste ai bacini di pesca, dai combustibili fossili – il cui uso causa l’attuale, rapido cambiamento climatico – alle montagne, dall’acqua dolce alla fauna selvatica.Per registrarsi agli eventi

    L’intervista

    Giorgio Parisi: “Perché è necessario che la lotta alla crisi climatica entri nell’agenda politica”

    di Luca Fraioli

    03 Agosto 2022

    La tre giorni di incontri s’inaugura venerdì alle 10.30 con un’intervista al ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, in cui verranno esplorati lo stato del capitale naturale italiano, le azioni previste dal governo per preservarne l’integrità e le aspettative per la Conferenza su clima che si aprirà il 30 novembre a Dubai. Alle 11.30, la prima tavola rotonda, dedicata proprio al tema del festival “Il capitale naturale”, in cui verrà approfondita la storia di questo concetto con uno dei suoi massimi esperti, Robert Costanza, con Ivan Faiella, coordinatore del Nucleo cambiamenti climatici e sostenibilità della Banca d’Italia, con Ian Miller, Chief Science and Innovation Officer della National Geographic Society e con Andrea Gibelli (presidente Gruppo FNM).

    Il messaggio

    Il premio Nobel Giorgio Parisi: “Il cambiamento climatico non aspetta. La scienza avverte, la politica si muova”

    20 Settembre 2022

    Nell’arco dei tre giorni, saranno numerose le tavole rotonde che vedranno alternarsi sul palco di Anteo Citylife esperti nazionali e internazionali. Si parlerà di estinzioni e di crisi climatica, ma anche di come i media presentano l’emergenza climatica, del monitoraggio della Terra dallo spazio, del futuro dei sistemi alimentari, di foreste e di montagne. E poi di una risorsa fondamentale per la vita, l’acqua, dalla fusione dei ghiacciai alla salute degli oceani. Con un incontro in cui si esploreranno le strategie per un futuro sostenibile, dalla transizione energetica all’economia circolare. Tra i partecipanti, il premio Pulitzer Elizabeth Kolbert, che ci parlerà della sesta grande estinzione di massa, il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, il filosofo della scienza Telmo Pievani, Naomi Oreskes, autrice del best seller di denuncia Mercanti di dubbi,  Francesca Cipollini, capo del Ground Segment & Data Management Division dell’ESA, Riccardo Valentini, del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici e premio Nobel con l’IPCC, Francesca Santoro, della Commissione oceanografica intergovernativa dell’UNESCO, Giuseppe De Bellis, direttore di Sky TG24, e Maurizio Molinari, direttore di la Repubblica, l’architetto Stefano Boeri. E ancora due giovani figure di spicco della divulgazione scientifica e dei social network come Luca Perri e Ruggero Rollini. E infine, protagonisti dell’incontro di chiusura del festival, domenica 19 alle 19.30, il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi e il violoncellista Mario Brunello. 

    A condurre gli incontri, oltre a Marco Cattaneo, direttore di National Geographic Italia, saranno Daniele Moretti, vice direttore di Sky TG24, Serena Giacomin, meteorologa, climatologa e presidente dell’Italian Climate Network, ed Emanuele Bompan, giornalista ambientale, geografo e direttore di Materia Rinnovabile. Ad affiancarli, l’attivista e divulgatrice Sofia Pasotto (@telospiegasofia), che racconterà il festival sui social dal punto di vista dei giovanissimi. Ma non è tutto qui. Ogni giorno alle tavole rotonde si affiancheranno le presentazioni dei National Geographic Explorers, giovani scienziati che hanno ricevuto fondi dalla National Geographic Society per condurre le loro ricerche sul campo e che racconteranno la loro esperienza e i loro progetti.Ormai da decenni lo sfruttamento del territorio per le attività umane supera la capacità della Terra di rinnovare le risorse naturali. Con un impatto che rischia di compromettere interi ecosistemi, di ridurre la disponibilità di terre fertili, di danneggiare irrimediabilmente la biodiversità.Per secoli, il nostro modello di produzione e consumo non ha considerato le dinamiche dei cicli naturali, e la crescita economica “è alimentata da tassi di utilizzo delle risorse naturali molto superiori rispetto alla capacità di rigenerazione delle stesse”, ha scritto Stefano Pogutz, esperto di sostenibilità e professore presso SDA Bocconi School of Management nell’introduzione al libro Il capitale naturale di Daniele Moretti, vice direttore di Sky TG24. 

    Ci saranno incontri con le aziende protagoniste delle storie più virtuose di transizione ecologica e delle loro strategie per ridurre al minimo il loro impatto ambientale. E poi proiezioni e presentazioni di documentari. E ancora gli incontri con alcuni dei più affermati fotografi italiani che lavorano con National Geographic. Ci saranno Luca Locatelli, a raccontare il suo lavoro The Circle, un grande progetto sull’economia circolare oggi in mostra alla Galleria d’Italia di Torino, Elisabetta Zavoli, che sta lavorando a un progetto sul consumo alimentare di specie aliene come il granchio blu, e Davide Monteleone, autore del servizio di copertina di National Geographic di novembre sulla cattura della CO2 dall’atmosfera. LEGGI TUTTO