13 Settembre 2023

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    I nuovi tram a Roma (e non solo): storia e polemiche sul mezzo di trasporto pubblico che inquina meno

    “Aveva un temperamento frettoloso e poca tolleranza per la stupidità e la lentezza, nessuna per la meschinità o la piccolezza di alcun tipo”. Margaret Outram nel 1805 descrisse così il marito Benjamin, morto ad appena 41 anni di meningite. A fine Settecento fu lui a costruire la prima linea di tram mossi da cavalli che tiravano carri pieni di carbone su binari di legno. Non deviavano mai dal percorso, come poteva accadere prima, né rallentavano se le condizioni del terreno erano pessime. Outram fece in tempo a vedere l’approvazione del Mumbles Railway Act del 1804 da parte del parlamento britannico, ma non la costruzione della prima linea passeggeri in Galles nel 1807, che ha continuato a funzionare fino al 1961. 

    A quasi 220 anni dalla sua morte, in tante città europee i tram fanno parte del paesaggio da più di un secolo. A Vienna, Budapest, Lisbona, Milano, non sono mai davvero andati via. Ma è dagli anni Ottanta e Novanta che hanno cominciato a essere potenziati. Oggi sono 279 i centri urbani dell’Unione europea che hanno almeno una linea e in 80 di questi si tratta di sistemi costruiti di recente. Da noi i tram sono presenti in 8 città, fra le quali Firenze e ovviamente Milano. Presto si aggiungeranno Brescia e Bologna, dove una rete tranviaria è esistita fra il 1880 e il 1963. 

    Tutte le tranvie di Roma

    La capitale negli anni Novanta, con l’assessore Walter Tocci, aveva iniziato a rimodernare vecchi tracciati e ad aprirne di nuovi. Quell’esperineza è stata in seguito raccontata in Avanti c’è posto. Storie e progetti del trasporto pubblico a Roma, scritto dallo stesso Tocci con Italo Insolera e Domitilla Morandi. Ora però vorrebbe accelerare, anzi rilanciare. Il nuovo piano, a dir poco ambizioso, prevede ben 11 linee in aggiunta alle 6 esistenti e ha generato una strana polemica non tanto sulla fattibilità quanto sul tram come mezzo di trasporto pubblico.

    I carri su binari di legno creati da Benjamin Outram a fine Settecento. La linea era ancora in funzione nel 1908, quando venne fotografata  LEGGI TUTTO

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    Siccità, auto, case green: un rapporto valuta l’impatto ambientale delle nuove tecnologie

    Uno strumento per orientare scelte tecnologiche indispensabili e urgenti per l’ambiente, ma attente agli sviluppi futuri. Il rapporto Siccità, transizione auto, case green. Mission impossible, yet mandatory dell’Osservatorio imprese della facoltà di Ingegneria civile e industriale dell’Università La Sapienza di Roma (che viene presentato oggi al Mase) è, nelle parole del presidente Riccardo Gallo “un contributo di informazioni scientifiche e tecnologiche ad uso del governo italiano. Il messaggio che vuole veicolare è che sono necessari cambiamenti urgenti e le autorità preposte non posson recalcitrare. Tuttavia, quando si  adottano nuove tecnologie per risolvere problemi come quelli della siccità, della mobilità e dell’edilizia è importante tenere in conto che le nemmeno le tecnologie sono mature, per cui si devono fare scelte oculate”. 

    Il rapporto è un documento di quasi cento pagine di contenuto prevalentemente tecnologico. L’Osservatorio, che lo ha elaborato, è una commissione interna della facoltà di Ingegneria civile e Industriale della Sapienza e ha il compito di facilitare il trasferimento di conoscenza dalle imprese italiane più dinamiche, innovative, internazionali, redditive ai consigli d’area didattica della facoltà, in modo da integrare l’offerta formativa e migliorare il profilo dei propri laureati. Al rapporto, come sottolinea Gallo, “hanno contribuito i maggiori esperti di ciascuno dei tre temi, docenti di ingegneria civile e industriale della Sapienza”. 

    Nel descrivere il lavoro fatto Gallo sottolinea più volte che “l’evoluzione drammatica della situazione, dovuta anche al cambio climatico, spinge a far presto e a ipotizzare tecnologie nuove che non sono tutte pronte. Per questo è indispensabile valutare che ognuna ha delle controindicazioni, dei rovesci della medaglia. L’ansia che viene dall’urgenza può portare a sottovalutare le controindicazioni. Questo è il leit motiv del rapporto, che appunto ha come sottotitolo ‘mission impossible’: siamo combattuti tra l’obbligo a frenare l’inquinamento e l’impossibilità a farlo perché ci sono controindicazioni”. 

    Siccità: la dissalazione e l’effetto collaterale della brina

    Ogni sezione del rapporto fa degli esempi in questo senso. Per quanto riguarda la siccità, il capitolo 1, coordinato da Francesco Napolitano, indica tra le tecnologie di possibile utilizzo per aumentare le risorse idriche per l’agricoltura gli impianti di desalinizzazione. In questo senso, le tecniche sono molto avanzate, ma, si legge nel rapporto: “Uno dei maggiori problemi dei processi di dissalazione è la brina, ovvero l’acqua di mare concentrata. Laddove si potrebbe pensare di dismettere la brina direttamente in mare, l’operazione non risulta semplice in quanto ha sensibili impatti sulla flora e fauna sottomarina ai punti di immissione. Il problema, quindi, non permette elevate rese dei processi, a meno che la brina non venga destinata al suolo per la produzione del sale marino”. 

    Le auto e i limiti dei biocarburanti tradizionali

    La transizione verso auto non più alimentate con combustibili fossili è una delle grandi sfide affrontate dal rapporto nel capitolo 2, coordinato da Domenico Borello. Anche qui si sottolineano  pro e contro delle nuove tecnologie e tra le alternative disponibili al petrolio e al gas vengono citati anche i biocarburanti. Il nome è promettente, ma il rapporto spiega che “La produzione di biocarburanti tradizionali è in forte aumento e (questo è il forte rischio) può portare allo sfruttamento di terreni finora non coltivati come foreste, zone umide e torbiere, che costituiscono aree a elevato stoccaggio di carbonio. Questo processo, noto come cambiamento indiretto della destinazione del suolo, può causare il rilascio di anidride carbonica immagazzinata negli alberi e nel suolo e rappresenta un attentato alla riduzione di gas serra, perché diminuirebbe la capacità di assorbimento dell’anidride carbonica da parte dell’ecosistema vegetale”. 

    Edilizia: l’attività sismica e gli incendi

    Il capitolo 3, coordinato da Livio de Santoli, parte dalla direttiva Ue EPBD (Energy Performance Building Directive) del 2018, che è una guida generale sull’efficienza energetica degli edifici e che è stata recepita in Italia dal Decreto legislativo 48/2020. In questo ambito, ciascun Paese deve presentare alle istituzioni europee un quadro riassuntivo di azioni per fronteggiare anche i rischi connessi all’attività sismica e agli incendi, e deve redigere una tabella di marcia per raggiungere gli obiettivi di medio termine al 2030 per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell’Ue almeno del 55% rispetto al 1990. Anche in questa sezione, strumenti normativi e tecnologici a disposizione e in fase di implementazione vengo analizzati nel dettaglio, con valutazioni puntuali su “fattibilità tecnica, ambientale ed economica dei sistemi alternativi ad alta efficienza, come primo passo all’interno dell’iter progettuale di nuovi edifici”. 

    “Il rapporto si concentra sull’Italia – conclude Gallo – ma siccome valuta variabili interconnesse bisogna sempre considerare che la situazione è mondiale, non soltanto italiana, perciò è ovvio che le scelte vadano fatte da organismi mondiali, con opzioni tecnologiche globali fornite da una comunità scientifica già internazionale. Indispensabile però che questa non diventi per i singoli Paesi una scusa per l’inazione: non ci sono alibi, non si può stare a girarsi i pollici. È vero che l’Italia è politicamente più debole di altri Paesi, ma questo non può esimerla dal farsi pungolo ad ogni livello”. LEGGI TUTTO

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    Tronchetto della felicità, i segreti della pianta da appartamento

    La dracena marginata, meglio conosciuta con il nome di “tronchetto della felicità”, è una delle piante d’appartamento più diffuse ed apprezzate. Visto che è facile da coltivare, deve esserle fatta poca manutenzione e possiede delle foglie molto belle (di colorazioni di diverso tipo, che riescono ad abbinarsi alle tipologie più diverse di arredamento), è una pianta molto amata e diffusa. Appartengono al genere Dracaena, una quaratina di specie e si può ascrivere alla famiglia delle Aspargaceae.

    Queste piante hanno origine di tipo tropicale, visto che crescono in modo spontaneo nelle foreste umide sia africane che asiatiche. La loro è una crescita molto lenta ma allo stesso vivono molto a lungo. Possono arrivare ad altezze non indifferenti (anche più di 10 metri), anche se coltivate non superano i 3. Sono costituite da steli molto lunghi e nudi che presentano alla sommità foglie coriacee lineari o lanceolate.

    L’aspetto che deve essere curato di più se si desidera ottenere delle specie rigogliose è indubbiamente l’irrigazione. Durante il periodo vegetativo la dracena deve essere bagnata molto frequentemente, prestando attenzione ad evitare che l’acqua ristagni. La cosa migliore sarebbe attendere che si asciughino perfettamente i primi due centimetri di terriccio prima di versare della nuova acqua. Se si vuole si può due volte al mese, reidratare la pianta, immergendo il vaso fino al bordo, in una bacinella.

    In seguito, l’acqua deve essere fatta scolare perfettamente. L’esposizione alla pioggia può far bene occasionalmente alla pianta. Perciò quando giunge un temporale, la si può esporre alla pioggia. Ciò permetterà di pulire in profondità le foglie, liberando gli stomi dalle impurità dell’ambiente domestico. Nel caso in cui le si faccia rispettare un periodo di riposo vegetativo, sarà necessario ridurre l’apporto di acqua: in questo caso bisognerà aspettare sempre che il pane di terra sia asciutto per la metà della sua altezza.

    Il tronchetto della felicità dovrebbe essere collocato in un ambiente che sia luminoso evitando però il sole diretto, soprattutto nei mesi più caldi dell’anno. Deve essere scelta una stanza che abbia un’esposizione a Sud o ad Ovest e che abbia delle grandi finestre. Per evitare che avvengano delle scottature solari, da maggio a settembre, si possono utilizzare delle tende colore chiaro (anche solo nelle ore più calde della giornata).

    In questo i vasi possono essere spostati all’esterno, su di un balcone o anche su un giardino. La collocazione che verrà scelta dovrà essere luminosa, ma il sole dovrà essere filtrato da fogliame sottile. Poi il vaso andrà ruotato ogni 15 giorni in modo che la crescita avvenga in modo equilibrato.Le specie che vengono più coltivate (marginata e fragrans) sopportano bene anche collocazioni più ombreggiate: le conseguenze maggiori saranno un ulteriore rallentamento della debole crescita e una colorazione meno brillante del fogliame. Il tronchetto della felicità va in assoluto ritenuto una pianta da interni: la temperatura minima che riesce a sopportare è circa 12°C.La coltivazione all’esterno può pertanto essere fatta solo nelle aree più a sud e utilizzando durante i mesi invernali una copertura che sia spessa.Il termometro in ogni stagione dovrebbe segnare una temperatura che vada dai 18 e i 21°C: in queste condizioni si avrà la crescita massima. Un altro importante fattore di benessere è l’alta umidità ambientale: dovrà sempre essere intorno al 70%. Un’aria troppo secca, soprattutto durante i periodi di elevato caldo può provocare disseccamenti prima delle foglie e poi degli steli. Per aiutare la pianta sarà possibile, più volte al giorno, vaporizzare le foglie o, se è posta all’esterno, bagnare il pavimento attorno.

    Effettuare la potatura su questa pianta non è necessario, visto che ha una crescita molto lenta. Si può però intervenire, nel caso in cui si desideri avere un esemplare che risulti più accestito e che abbia un aspetto cespuglioso. In questo caso si taglierà uno degli steli a circa 10 cm dalla base, ponendo sulla ferita del mastice apposito o della colla vinilica. Questo trattamento provocherà nel giro di due mesi, l’emissione di nuove gemme laterali e conseguentemente nuove branche. Per quanto riguarda le foglie danneggiate, andranno tolte il prima possibile alla base. 

    Malattie e parassiti

    Tra i parassiti più comuni ci sono il ragnetto rosso, la cocciniglia e varie crittogame che attaccano l’apparato radicale e le foglie. La cocciniglia può essere eliminata manualmente; nel caso in cui si presentino delle gravi infestazioni, si possono utilizzare insetticidi sistemici e oli naturali, da applicare eventualmente anche nel terreno. Per prevenire gli acari, è necessario mantenere l’umidità ambientale alta, evitando delle esposizioni eccessivamente calde.

    Se ci si dovessero presentare dei casi gravi un valido aiuto viene dato dai fitofarmaci, appositamente studiati per riuscire a combattere tutte le fasi della crescita di questi parassiti. Se ci dovessero essere delle macchie sulle foglie, andrebbero tagliate alla base e sulle altre deve essere spruzzato un anticrittogamico ad ampio spettro. Per un po’ di tempo andrebbero ridotte le irrigazioni e le umidificazioni. 

    Foglie gialle o secche: cause e rimedi

    Il tronchetto della felicità adulto, dopo avere perso le foglie più basse, prende l’aspetto di una palma. Quindi il fatto che le foglie collocate nella parte inferiore del fusto ingialliscano, perdano il verde brillante, si secchino e alla fine cadano, è un fenomeno del tutto naturale. Quando però l’ingiallimento e il seccume riguardano anche le foglie più giovani non è più un fenomeno fisiologico naturale, ma la presenza di una malattia.Le cause possono essere di vario tipo, come la mancanza d’acqua per periodi eccessivamente lunghi, un ambiente troppo caldo e asciutto, correnti d’aria concimazioni eccessive (ecc). Per risolvere questo problema è necessario rimuovere una di queste cause. Inizialmente occorre controllare che non vi siano fonti di calore collocate troppo vicine (ad esempio un termosifone) che facciano diventare l’atmosfera eccessivamente calda e asciutta. Poi è importante razionalizzare al meglio l’apporto d’acqua: il terreno non deve essere innaffiato in modo eccessivo; addirittura, in inverno, va mantenuto abbastanza asciutto, mentre è fondamentale spruzzare il fogliame ogni due-tre giorni, fermando ogni tipo di apporto nutrizionale.

    Se si riesce, nella prima fase critica della pianta sarebbe necessario che venga spostata in un ambiente più umido, come il bagno (sempre che le condizioni di luminosità lo possano permettere).  In primavera, dopo aver eseguito un necessario rinvaso, la pianta deve essere trasferita all’aperto; in estate va posta in una posizione che sia riparata dai raggi del sole diretto e si devono ricominciare a effettuare le concimazioni (aggiungendo del concime liquido ogni 15 giorni all’acqua delle innaffiature).Se le condizioni della pianta non dovessero migliorare, o se la pianta avesse perso troppe foglie e non avesse più un aspetto piacevole, può essere “rinnovata”, tagliandola a 10 centimetri da terra. La cima e tutto il fusto tagliato a pezzi lunghi 10-15 cm possono essere usati come talee (da effettuare a primavera) da piantare in torba unita a sabbia.

    Il tronchetto delle felicità è denominato così perché è una pianta tradizionalmente considerata in grado di eliminare stress, ansia e tristezza dell’abitazione in cui è collocato. È noto per la sua capacità di assorbire anidride carbonica ed emettere ossigeno. Tutto ciò fa sì che l’aria sia più respirabile. LEGGI TUTTO