7 Settembre 2023

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    Passiflora caerulea: come coltivare il “fiore della passione” in vaso o giardino

    La Passiflora Caerulea è una delle tante varietà della pianta di passiflora, famiglia passifloraceae. Sono oltre 600 le specie di passiflora, nota per essere una delle piante più diffuse nel mondo. In Italia è possibile coltivare soltanto la passiflora caerulea, grazie al giusto clima mediterraneo. La passiflora caerulea è nota per avere dei petali bianchi con all’interno una corona di filamenti azzurri, blu o viola.Il fiore della pianta di passiflora ha un diametro di circa 10 centimetri e produce dei frutti di colore arancione, siti sottoforma di semi in questo simil nido di filamenti azzurri. La passiflora viene chiamata anche fiore della passione, in quanto rappresenterebbe la passione di Cristo; la leggenda narra che in tale fiore è caduta una goccia del sangue di Cristo, da qui le metafore con la composizione del fiore stesso: il fiore circolare che ricorda la corona di spine in capo a Gesù, i filamenti che ricordano i chiodi e lo stelo che ricorda il martello durante la flagellazione.La coltivazione della pianta di passiflora caerulea deve essere effettuata su un terreno acido e composto da terriccio con torba e sostanze organiche. Non si deve utilizzare un terreno pesante o con argilla, in quanto nuocerebbe alla crescita e sviluppo del fiore di passiflora. Un ottimo drenaggio dell’acqua favorisce la crescita rapida delle radici. La coltivazione in giardino non prevede una frequente irrigazione, basta l’acqua piovana per far aderire le radici di passiflora al terreno. La passiflora caerulea deve essere coltivata in ambienti luminosi e soleggiati, non resistono al freddo. Nei mesi invernali si consiglia di trapiantare la passiflora a riparo dal freddo, sotto serre o coperture che richiamano un clima mediterraneo circa di 20°C. 

    Coltivazione in vaso

    La coltivazione in vaso della passiflora caerulea deve avvenire in contenitori piuttosto grandi, dato che la pianta è abbastanza grande e soprattutto soltanto i fiori misurano decine di centimetri. Nel periodo di fioritura (verso il mese di marzo) si noterà l’aumento voluminoso della pianta di passiflora caerulea. La parte più interessante della passiflora è la fioritura, in quanto nascono dei fiori molto belli e dalle forme uniche. Nella coltivazione in vaso della passiflora caerulea si hanno dei fiori molto grandi e appariscenti, che inducono e attirano gli insetti impollinatori. La passiflora in vaso ha la stessa coltivazione di terreno come la passiflora in giardino, bisognerà usare un terriccio leggero e poco argilloso.

    La potatura

    La potatura della passiflora caerulea si effettua verso la fine di febbraio, cosicché a marzo si avrà una maggiore fioritura, priva di rami secchi o danneggiati. Si predilige di togliere i rami laterali per favorire la crescita in maniera armonica. La passiflora è una pianta molto germogliante, si può seminare nei mesi freddi (ottobre – gennaio) in vasi o in terreno. Si può utilizzare anche una seminazione per talea, scegliendo i giusti rami da tagliare e trapiantare, così da avere una maggiore crescita rispetto alla semina con semi. La passiflora caerulea viene utilizzata anche come ornamento a ringhiere, balconi o inferriate, essendo una pianta sempreverde e rampicante. Si consigliano lievi potature se si vuole sfruttare la rapidità di propagazione della pianta come abbellimento da giardino. 

    Il frutto

    Il frutto della passiflora caerulea è una bacca ricca di semi, composta da un arillo carnoso. Queste bacche sono ricche di proprietà benefiche e nutrizionali, sono conosciute con il nome di Maracuja. La maracuja viene chiamata anche frutto della passione, a ricordare il nome della pianta che la produce, ossia la passiflora, ossia la pianta dei fiori della passione. Si ricorda che la maracuja è il frutto derivante dalla passiflora edulis o flavicarpa, in quanto ogni passiflora prende il nome dal posto in cui cresce e avrà proprietà diverse da ogni tipo di habitat. Le bacche della passiflora caerulea invece sono ricche di zuccheri, e vitamine A, B, C ed E; utili per reintegrare all’intestino elementi come il ferro, fosforo o potassio. 

    La passiflora caerulea cresce molto rapidamente, pertanto bisogna averne cura in quanto, essendo una pianta rampicante, a volte potrebbe essere molto invasiva. Il terreno deve essere sempre drenato, ricco di sabbia, si può utilizzare anche del compost per mantenere morbido il terriccio. Si consiglia una ottima pacciamatura per mantenere fresco il terreno vicino la pianta di passiflora. Per la concimazione della passiflora caerulea si può utilizzare un qualsiasi fertilizzante ricco di azoto e potassio. Meglio iniziare la concimazione agli inizi della primavera e progressivamente ogni settimana. 

    Irrigazione 

    L’irrigazione della passiflora caerulea deve avvenire settimanalmente durante i mesi più caldi, mentre nei mesi invernali si può sfruttare soltanto l’acqua piovana. Resta sempre valido il concetto di mantenere umido il terreno, senza eccedere in ristagni che potrebbero danneggiare la crescita della pianta di passiflora. Ovviamente si deve irrigare la pianta di passiflora dalle radici o al limite ai lati dello stelo, mai gettare acqua direttamente sul fiore o sui germogli, si potrebbe compromettere la naturale crescita e sviluppo del bel fiore della passiflora caerulea. 

    Esposizione e temperatura

    La pianta di passiflora caerulea deve essere sempre esposta a temperature miti, simil clima mediterraneo, per almeno sei ore al giorno di sole. Se in estate abbiamo un buon habitat per la passiflora, in inverno invece bisogna portare a riparo la pianta in posti più caldi, meglio un’esposizione a sud, sud-ovest, magari protetta da muri o serre. Le temperature adatte alla crescita della passiflora variano tra i 18 e i 20 °C. La fioritura si avrà maggiormente nei mesi estivi, generalmente dagli inizi di luglio fino a fine ottobre. LEGGI TUTTO

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    “Mollo Tutto e vivo sull’isola”, la scelta di Natalie Rossi

    “Il mio sogno è sempre stato vivere su un’isola”. Così Natalie Rossi, nata a Palermo e con un diploma dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna e una laurea magistrale in Design in tasca, ha deciso di trasferirsi a Lipari, con sua figlia di appena 4 anni. È la passione per il mare e il desiderio di proteggerlo che l’ha spinta a cambiare vita all’improvviso, dopo aver vissuto in giro per l’Italia. Da qui il brand “Mollo Tutto”, che in due parole racchiude il senso di questa scelta. 

    MANDA LA TUA STORIA

    È il 2014 quando nell’atelier di Lipari, appena aperto, inizia a realizzare le prime t-shirt dipinte a mano, con la scritta Mollo Tutto che in pochissimo tempo diventano le protagoniste dello “struscio” estivo, per le vie dell’isola, indossate da turisti e residenti. A fine estate Natalie decide che poteva diventare il suo lavoro. “C’è disegnata una barchetta di carta, simbolo di leggerezza e poesia. Perché Mollo Tutto non riguarda solo quella che è stata la mia scelta di vita: significa lasciare il passato per inseguire un sogno”. Un suggerimento che vale anche per prendere decisioni difficili ma necessarie, cambiando abitudini, guardando il mondo con altri occhi per smettere di saccheggiarlo e consumarlo.

    Il progetto di Natalie Rossi nasce anche dall’attenzione verso la sostenibilità: già nel suo atelier in Toscana, la designer realizzava le sue creazioni utilizzando i materiali di scarto delle aziende che insistevano nel distretto. Poi, il negozio di Lipari è stato totalmente arredato recuperando quello che il mare dimentica sulla spiaggia, remi in disuso, parti di gozzetti dei pescatori. “Il mondo del mare e i suoi rifiuti entrano nel negozio e diventano oggetti unici di arredo. Anche ora che abbiamo lanciato il nostro progetto di franchising, l’arredamento sarà legato a questo concetto di riuso e riciclo del mondo del mare e degli oggetti della pesca”. E il recupero dei rifiuti in mare è diventato un passo importante per le sue creazioni compiuto assieme al WWF e grazie ai progetti Ghost Gear ed EcoeFISHent per recuperare le reti dai fondali e dar loro nuova vita, aiutando l’ambiente

    (foto: C. Mantuano)  LEGGI TUTTO

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    Bando italiano per decarbonizzare il trasporto aereo

    Carburanti sostenibili, innovazioni tecnologiche nel design e nella costruzione degli aerei, ottimizzazione delle operazioni e maggiore efficienza nel trasporto di merci e persone: sono diverse le strade battute per favorire la decarbonizzazione dell’aviazione. Un settore che dopo il periodo del Covid-19, che ha determinato una forte riduzione del traffico aereo e delle sue emissioni, ha generato nel 2022 quasi 800 Mt (milioni di tonnellate) di CO2, l’80% del livello toccato prima dell’emergenza pandemica. I dati dell’Iea (International Energy Agency, l’Agenzia internazionale dell’energia) mostrano che, dopo i cali registrati durante la crisi sanitaria, si prevede una crescita delle emissioni, fino a superare i valori del 2019 (pari a 1.000 Mt di CO2) entro il 2025.

    Per contribuire all’abbattimento dell’inquinamento dei voli, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (Enac) ha pubblicato un bando per selezionare un progetto pilota e sperimentare l’uso di vettori energetici sostenibili nell’ambito delle infrastrutture aeroportuali. L’iniziativa lanciata in collaborazione con l’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, punta a individuare una soluzione per promuovere la decarbonizzazione del settore, con un focus particolare sui carburanti alternativi – i Saf, Sustainable Aviation Fuels – e sull’idrogeno, che rappresentano le soluzioni più promettenti della roadmap europea di decarbonizzazione al 2050.

    La rivoluzione green del settore

    L’aviazione internazionale si è impegnata a raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050. Le strategie seguite sono diverse, dagli investimenti nei carburanti sostenibili allo sviluppo di velivoli con motori elettrici o alimentati con l’idrogeno. Più nel dettaglio, per il momento la domanda di carburante per aerei è dominata dal cherosene: i Saf consumati rappresentano una quota di circa lo 0,1% del totale del carburante usato dagli aerei, ma le economie mondiali stanno adottando norme per favorirne la produzione. In particolare, nell’Unione europea il Parlamento Ue e il Consiglio europeo hanno raggiunto un accordo quest’anno sulla proposta ReFuelEU Aviation affinché i fornitori di carburante garantiscano una quantità minima di Saf dal 2025 che poi crescerà fino al 2050. L’idrogeno invece può essere utilizzato come combustibile alternativo per i velivoli ma anche impiegato per realizzare e-fuel, prodotto combinando l’anidride carbonica catturata dall’atmosfera con l’idrogeno verde.

    Il bando di Enac ed Enea

    L’iniziativa è rivolta ai gestori aeroportuali, con l’obiettivo di individuare un’idea progettuale (concept note), che possa rappresentare un modello a livello nazionale, per favorire l’introduzione di vettori energetici innovativi e a basso impatto e sfruttarne tutte le

    potenzialità e opportunità. Il bando intende premiare quel progetto che, oltre a coinvolgere le infrastrutture aeroportuali, riesca a valutare i benefici dell’estensione dell’iniziativa anche alle comunità circostanti, alle istituzioni, ai produttori di mezzi e tecnologie, agli enti e società di approvvigionamento e dispacciamento energia/carburante e operatori logistici.

    Come si legge nella nota stampa di Enac ed Enea, la proposta dovrebbe consentire anche l’individuazione di modelli e soluzioni scalabili, funzionali alla redazione di linee guida applicabili a livello nazionale. E tra i criteri usati per valutare i progetti, si terrà conto anche della capacità della proposta di rappresentare scenari, strategie e soluzioni che possano rendere l’aeroporto di riferimento uno smart energy hub e un incubatore tecnologico per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno e dei Saf. LEGGI TUTTO

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    Londra, New York e Parigi sono le città più smart al mondo

    Le città sono sempre più organismi viventi. Ci si riversa, ci si sogna. Inglobano e spesso marginalizzano. Le contraddizioni della contemporaneità affiorano da quello che Italo Calvino immaginava come un “pulviscolo informe”. Perché le città del mondo oggi si somigliano. Nelle paure, ma anche nei desideri. Le istantanee di città vuote che conserviamo ancora dalla pandemia sono immagini di quei desideri congelati, come se le metropoli attendessero un nuovo palpito, spingendoci a riflettere, a cambiare direzione, a immaginare strade e reticoli nuovi, anche se solo immaginari.

    Pensare ad agglomerati urbani più “intelligenti” significa infatti sovrascrivere alle metropoli una struttura per lo più invisibile ma fatta di sostenibilità, connessione, inclusione e innovazione. Non sono questi elementi utopici, tanto che la Iese Business School parte da qui per realizzare la classifica delle città più smart al mondo.

    La classifica

    L’evoluzione del capitale umano, l’inclusione tra i diversi gruppi sociali, la ricchezza economica, la qualità della governance, l’attenzione all’ambiente, la capillarità della mobilità e dei trasporti così come la presenza di infrastrutture sanitarie e servizi pubblici e ancora la propensione all’internazionalizzazione e all’innovazione tecnologica. Sono questi gli indicatori che hanno permesso di stilare la classifica che prende in analisi 183 città in 92 Paesi del mondo e che mette sul podio Londra, seguita da New York, Parigi, Tokyo, Berlino, Washington, Singapore, Amsterdam, Oslo e Copenaghen.

    Tra gli indicatori affiorano alcune importanti novità nell’ottava edizione del report: vengono premiate ad esempio le città che adottano politiche inclusive verso la comunità Lgbtq+ e quelle più pronte ad adottare soluzioni di intelligenza artificiale.

    In Italia

    Scorrere la mappa delle smart cities a disposizione sul sito dall’Istituto è però un viaggio ancora più interessante quando si ritorna a casa. La ricerca prende in esame infatti anche 5 città italiane: Torino, Milano, Firenze, Roma e Napoli.

    Se le città europee sono ben rappresentate nella classifica mondiale, con 28 città nella top 50, nemmeno una di queste è italiana. Anche Milano, la più alta in classifica tra le italiane collocata alla 57esima posizione, è ancora lontana dal rientrare tra le città più sostenibili al mondo. Ma Roma scivola ancora più in fondo: è 65esima. Torino è 97esima. Firenze 104esima. Dobbiamo andare davvero in fondo, alla 122esima posizione, per vedere Napoli.

    Quello che colpisce è che gli indicatori che più penalizzano tutte è cinque le città italiane prese in esame sono la coesione sociale e la capacità di innovare. Su quest’ultimo punto, Milano fa meglio di Napoli. Ma la domanda resta, forse, questa: la bellezza indiscutibile di queste città può bastare a salvarle dal futuro? LEGGI TUTTO