5 Settembre 2023

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    Nel prossimo numero di Green&Blue

    Energia e clima, è questo il tema del numero di Green&Blue che uscirà il 7 settembre in allegato con Repubblica. Nel numero vengono analizzate con il contributo di esperti e scienziati, a partire da Roberto Battiston, tutte le fonti di energia e il contributo che ognuna di esse può dare alla quanto mai necessaria transizione […] LEGGI TUTTO

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    City Vision, gli Stati Generali delle città intelligenti a Padova l’11 ottobre: ecco l’agenda

    È alle porte la quarta edizione degli Stati Generali delle città intelligenti, il principale appuntamento del programma con cui City Vision incontra la pubblica amministrazione che cambia e che innova. Promosso da Blum e Padova Hall, l’evento è in programma l’11 ottobre a Padova, presso Padova Congress, dove sono attesi sindaci, assessori e rappresentanti della Pa. Con una giornata alternata tra il main stage e i tavoli di lavoro, l’Innovation district e altri eventi collaterali, l’obiettivo è favorire il networking e svelare progetti di smart city in essere, tenendo soprattutto conto di quel che accade sui territori, tra i medi e piccoli comuni. Tutti i dettagli e il form di iscrizione (la partecipazione è gratuita) sono online su city-vision.it.

    Rivolto alla Pa e ai suoi componenti, l’appuntamento più importante nel calendario annuale di City Vision è un’occasione di incontro per tutta la community, composta da migliaia di persone che negli anni hanno animato il programma dell’iniziativa, portando il proprio contributo al dibattito per una Pa che vuole essere protagonista e cambiare in meglio la vita di cittadini e imprese. Oltre alle pubbliche amministrazioni ci sono le aziende, che con il pubblico stanno attuando progetti virtuosi e innovativi, così come l’università che studiano trend e fenomeni in corso e dialogano sempre di più con la pubblica amministrazione a scopi di ricerca. Proprio questi sono i target di pubblico a cui guarda City Vision.

    In vista degli Stati Generali delle città intelligenti l’organizzazione di City Vision invita Comuni ed enti territoriali a partecipare alla call per candidare il proprio progetto di trasformazione smart – dal digitale fino alla sostenibilità – in cantiere o appena concluso. Basta inviare una mail all’indirizzo cityvision@blum.vision con in allegato una presentazione sintetica e una descrizione esaustiva del progetto. Una volta raccolte tutte le application, i migliori verranno presentati sul palco di City Vision.

    A Padova l’evento durerà tutto il giorno, con i lavori che partiranno al mattino nell’Agorà, il palco principale su cui l’11 ottobre si alterneranno gli ospiti: si parlerà come sempre delle transizioni in atto (ecologica e digitale), ci saranno brevi interviste agli amministratori, i momenti di premiazione delle best practice e panel ad esempio sulle città inclusive, attente ai diritti. Ai rappresentanti della Pa che intendono partecipare City Vision riserverà l’ospitalità per il 10 ottobre a Padova proprio per venire incontro a tutte le esigenze di spostamento.

    Oltre all’Agorà, gli Stati Generali delle città intelligenti introdurranno una novità già rodata nel roadshow 2023, ovvero i tavoli di lavoro: la partecipazione è su invito e questo format, distintivo per City Vision, prevede che in circa due ore i relatori dialoghino su verticali specifici, accompagnati da un giornalista. Diversi i verticali in programma come “Pianificazione urbana”, “La nuova mobilità”, “Dati per il governo delle città”, “Agenda 2030” e “Intelligenti dunque inclusive”. 

    Completa il programma degli Stati Generali delle città intelligenti l’Innovation district, lo spazio che al Padova Congress fungerà da vetrina per quelle aziende, pmi e startup che stanno collaborando con la Pa in maniera concreta. Lo scopo è far conoscere tecnologie e innovazioni che aiutano i Comuni nel digitale e nella sostenibilità, nell’inclusione e nell’accessibilità. Come si può vedere nella sezione dedicata del sito le soluzioni spaziano dalla data company che sfrutta i sensori per raccogliere dati sulla mobilità alla startup che vuole fare da ponte tra la Pa e gli artisti da strada, dalla piattaforma che mappa l’accessibilità dei luoghi pubblici a quella specializzata nell’attivazione della Comunità energetiche rinnovabili.

    Il programma dettagliato sarà pubblicato nei prossimi giorni, ma sulla landing page dell’evento è intanto possibile iscriversi e conoscere più a fondo i temi cardine di tutto il dibattito dell’11 ottobre. Agli Stati Generali è infine confermato lo spettacolo “Essere città intelligenti” scritto e interpretato da Lorenzo Maragoni, attore, regista e campione mondiale di Poetry slam.  LEGGI TUTTO

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    Sicurezza e sostenibilità: le sfide degli aerei autonomi

    “La più grande rivoluzione degli ultimi 70 anni nel trasporto aereo”. Così uno studio del World Economic Forum definisce l’Advanced air mobility, che include soluzioni come i veicoli autonomi. Questo perché questa evoluzione può impattare positivamente in tanti ambiti, dalla sicurezza all’ambiente. “I progressi nella propulsione elettrica, nello stoccaggio delle batterie, nella produzione avanzata e […] LEGGI TUTTO

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    Guterres al vertice sul clima di Nairobi: “Africa determinante per le rinnovabili”

    Con l’intervento del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, entrano nel vivo i lavori dell’ Africa Climate Summit, il vertice sul clima organizzato dal Kenya e dalla Commissione dell’Unione Africana (AUC). Guterres ha esortato la comunità internazionale a contribuire a rendere l’Africa “una superpotenza delle energie rinnovabili”. “L’energia rinnovabile potrebbe essere il miracolo africano. – ha detto il segretario generale Onu – Ma dobbiamo fare in modo che accada”. Si tratta di un nuovo appello, in particolare ai leader del Gruppo delle 20 maggiori economie, che si riuniranno in India nel fine settimana, di “assumersi le proprie responsabilità” nella lotta al cambiamento climatico.

    Poco prima la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen aveva indicato la posizione della Ue: “L’Africa ha bisogno di investimenti massicci. E l’Europa vuole essere il vostro partner nel colmare questo divario di investimenti. Questo è il motivo per cui metà del nostro piano di investimenti da 300 miliardi di euro, chiamato Global Gateway, è rivolto al Continente africano. – ha detto von der Leyen – Global Gateway sostiene investimenti che vanno dalle centrali idroelettriche in Congo, Burundi, Ruanda e Tanzania, all’iniziativa da un miliardo di euro sull’adattamento climatico e la resilienza in Africa, che abbiamo annunciato alla Cop27”.

    “Global Gateway è unico nel panorama degli investimenti globali.- ha continuato – Non siamo interessati solo all’estrazione di risorse. Vogliamo collaborare con voi per creare catene del valore locali in Africa. Vogliamo condividere con voi la tecnologia europea. Vogliamo investire in competenze per i lavoratori locali. Perché più siete forti come fornitori, più l’Europa diversificherà le catene di approvvigionamento verso l’Africa e più ridurrà i rischi per le nostre economie. La Namibia, per esempio, sta ora costruendo una nuova industria dell’idrogeno, nonché una catena del valore delle materie prime, in collaborazione con l’Europa. E, più tardi questa mattina, il presidente Ruto e io concluderemo un nuovo partenariato per l’idrogeno tra il Kenya e l’Ue con l’obiettivo di sviluppare ulteriormente l’economia verde dell’idrogeno e con il pieno sostegno del Team Europe. Questa è una buona notizia sia per l’Africa che per l’Europa”, ha aggiunto.

    La presidente dell’Ue ha poi annunciato una nuova proposta per attrarre investimenti privati. “Sulla transizione verde i finanziamenti pubblici non sono sufficienti. Questo vale per l’Europa, ma anche per i mercati emergenti. Sarà necessario mobilitare il capitale privato su larga scala – le parole di von der Leyen – È per questo che presentiamo una nuova proposta per attirare gli investimenti privati. Si chiama Iniziativa sui green bond globali. Insieme alla Banca europea per gli investimenti e ai nostri Stati membri, stiamo per stanziare 1 miliardo di euro per ridurre il rischio degli investimenti privati nei mercati emergenti”.

    Gli Emirati Arabi Uniti, che ospiteranno a novembre Cop28, sono stati protagonisti nella giornata di apertura di lunedì. Sultan Al Jaber, presidente designato di Cop28 e inviato speciale degli Emirati arabi per il cambiamento climatico, nonché dirigente della compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti ADNOC e della società di energia rinnovabile Masdar, di proprietà del governo, ha annunciato l’impegno a investire 4,5 miliardi di dollari per l’energia pulita in Africa, dicendo che il finanziamento avrebbe “sbloccato la capacità dell’Africa di raggiungere una prosperità sostenibile”.

    Sia nel vertice in corso, sia alla prossima Cop28, il tema dei finanziamenti ai Paesi del Sud del mondo per implementare le strategie di adattamento e mitigazione del cambio climatico (tra cui, appunto, l’abbandono dei combustibili fossili e lo sviluppo delle energie rinnovabili) sono fondamentaliuu. Aprendo il vertice lunedì, il presidente keniota William Ruto ha affermato che l’Africa ha una “opportunità senza precedenti” di svilupparsi contribuendo a combattere il riscaldamento globale, se riuscisse ad attrarre i finanziamenti necessari. LEGGI TUTTO

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    Il tenente colonnello Falcone, sub a caccia di reti fantasma

    A caccia dell’invisibile contro l’evidenza del declino dei mari. Il tenente colonnello Luca Falcone, comandante del centro carabinieri subacquei con sede a Genova, si immerge da oltre vent’anni: “Se ho iniziato questo lavoro – racconta – lo devo alla passione per il mare e la protezione della Natura, quella che interessa noi e i nostri figli. Per questo quando il Wwf ci ha contattato ho accettato subito di collaborare, a occhi chiusi”.MANDA LA TUA STORIAInsieme ad altri colleghi, Falcone fa parte del braccio operativo di un’importante iniziativa che nelle acque liguri dell’area marina protetta di Bergeggi, in provincia di Savona, punta al recupero delle reti fantasma, chilometri di nasse abbandonate nelle profondità che creano seri danni agli ecosistemi marini ma che se recuperate possono trovare nuova vita grazie al circuito di economia circolare.Il progetto si chiama EcoeFISHent ed è finanziato dal programma Horizon 2020 dell’Unione Europea: l’obiettivo, fanno sapere dal Wwf, è “costruire un cluster territoriale di economia circolare sostenibile e replicabile focalizzato sulla regione Liguria e l’Italia nord-occidentale e si pone lo scopo di creare un sistema di simbiosi industriale per l’implementazione dei principi dell’economia circolare che permetterà la valorizzazione eco-efficiente degli scarti provenienti dalla filiera ittica, tra le quali reti fantasma”.

    In sostanza, lo scopo di questa iniziativa che avrà una durata di cinque anni ed è coordinata da Filse, la Finanziaria Ligure per lo Sviluppo Economico, sarà quello di trasformare i detriti del mondo della pesca da problema a risorsa.Per riuscirci però, nella vastità del mare, serve un’operazione quasi “chirurgica” di studio dei fondali e  recupero. Ed è qui che il tenente colonnello Falcone entra in gioco.

    “Abbiamo aderito immediatamente al progetto con grande entusiasmo. Il nostro compito è quella di mappare i fondali nell’area marina protetta di Bergeggi attraverso la strumentazione side scan sonar che  ti permette di tracciare un reticolato e ottenere informazioni su una determinata zona in cui è possibile individuare le cosiddette reti fantasma, spesso strumenti per la pesca a strascico abbandonate da tempo sui fondali”.

    Una volta individuato il punto in cui giacciono le reti i carabinieri subacquei utilizzano i ROV (Remotely operated vehicle) per studiare meglio la situazione.”Il ROV è come un drone subacqueo – spiega il militare – che ci permette di verificare con precisione. Lo caliamo e lo utilizziamo per ottenere dettagli sulle condizioni delle reti fantasma. Una volta trovate, la fase successiva sarà poi uno studio per capire quali si possono rimuovere e quali no: bisogna sempre immaginarsi che magari queste reti sono state abbandonate da tempo e nel frattempo la Natura ha fatto crescere lì gorgonie, oppure alghe, piante marine e altro. In certi casi valutiamo poi anche la posizione delle reti: se rimangono a mezza altezza spesso continuano purtroppo a “lavorare” catturando pesci e facendo inutili vittime. Ecco perché, per ogni caso specifico, è bene studiare la situazione”.Il passo successivo sarà poi scendere, solitamente “fra i 20 e i 70 metri”, per operazioni di recupero non sempre semplici. “In alcuni casi – precisa Falcone – operiamo noi subacquei, in altri è fondamentale invece l’uso dei ROV in dotazione all’Arma e della strumentazione tecnica che abbiamo”.Alla fine, con un po’ di fortuna, le reti vengono “pescate” e riportate a galla, liberando gli ecosistemi marini dall’eccessiva pressione che questi attrezzi causano a decine di specie.”Come carabinieri subacquei capita di imbatterci in queste reti durante le tante nostre attività che vanno da quelle di polizia giudiziaria, sino alla tutela del patrimonio culturale e chiaramente a quella ambientale. Trovo sempre spiacevole vederle ed è molto importante, come fa anche il Wwf, lavorare molto su  prevenzione e sensibilizzazione, a volte anche dialogando con i pescatori, invitandoli a segnalare sempre la perdita della rete, che deve essere sempre marcata. Ovviamente resta però il pescatore di frodo che, operando nell’illegalità, non segnala la perdita”.Con oltre vent’anni di immersioni alle spalle, Falcone ha visto cambiare tanto i mari italiani, spesso in maniera negativa, ma resta fiducioso sul futuro.”Chi fa il nostro lavoro – chiosa il tenente colonnello – ha spesso una grande passione per quell’ambiente che nel tempo vedi mutare per esempio a livello di plastica, una fonte di inquinamento costante che vediamo nei detriti sott’acqua. Ma anche a livello di specie: quelle aliene sono più presenti e personalmente  con l’innalzamento delle temperature dei mari ho visto vari cambiamenti, banalmente anche il numero dei barracuda, pesci che qui a Bergeggi un tempo non si vedevano, ora invece li incontriamo quasi sempre. Per questo, per quanto posso e per il futuro dei mari, credo sia importante dare una mano a progetti come questo che fanno il bene della Natura”. LEGGI TUTTO

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    L’evoluzione green del cotton fioc

    Il cotton fioc ha appena compiuto 100 anni ed è bizzarro constatare quanto un oggetto così apparentemente innocuo sia dannoso per l’ambiente e in alcuni casi anche per la salute. Però tutto evolve e a volte basta un cambio di forma per rimettere a posto le cose, come ci racconta il product designer Alessandro Paulis: “Mi hanno insegnato che il design non è soltanto disegnare belle lampade e bei divani, ma è cercare di migliorare la vita delle persone e risolvere problemi più grandi”. Sono passati più di 30 anni dalla laurea conseguita al Politecnico di Milano e dopo progetti legati ai settori industriali più disparati (automotive, hi-tech, computer, orologeria, etc.) ecco EarBuddy, un piccolo strumento di igiene per le orecchie che è riutilizzabile e ovviamente riciclabile.”Durante il lockdown ero in montagna e con tanto tempo a disposizione ho ripreso una mia vecchia idea, stimolato per altro da una pubblicità su Instagram di una startup danese che ha ridisegnato il cotton fioc usando polilattato (PLA) per il bastoncino ed elastomeri al posto del cotone. Ha avuto successo, ma mettendo in secondo piano le criticità funzionali e concentrandosi sull’impatto ambientale”, spiega il designer veneziano. Già perché secondo Sustainability Victoria – l’agenzia del governo statale australiano che si occupa di sostenibilità e riduzione dell’impatto ambientale – ogni giorno nel mondo vengono prodotti 1,5 miliardi di cotton fioc monouso. Il loro destino in molti casi è di finire nei corsi d’acqua e negli oceani, provocando danni alla fauna e all’ambiente.

    Inquinamento

    Cambia il rifiuto ma non lo scatto: il cavalluccio marino nuota con la mascherina

    di Paola Rosa Adragna

    17 Settembre 2021

    Dal primo gennaio 2019 anche in Italia sono stati banditi i modelli in plastica e tollerati esclusivamente quelli in materiale biodegradabile e compostabile, ma per la loro scomposizione ci vuole comunque tempo: nel peggiore dei casi circa 6 mesi, contro i 5 anni della plastica. E comunque non è un bel vedere. Legambiente nel 2018 dopo un monitoraggio delle coste italiane durato cinque anni ha confermato che il 9% dei rifiuti si doveva a cotton fioc, una media di 60 bastoncini di plastica per ogni spiaggia.

    Un progetto germogliato durante il lockdown

    EarBuddy è il frutto della collaborazione tra Paulis, l’amico-manager Alessio Serafini e successivamente Alessandro Iachino e Gabriele Persi. “Con Alessio abbiamo iniziato a lavorarci ad aprile 2020 e poi dopo pochi mesi è nata la startup MioColibri per portare avanti il progetto. La società di investimenti Magratea Iniziative poi ci ha aiutato per il business plan e successivamente abbiamo registrato i brevetti”, dice Paulis.Oggi il dispositivo appare come una sorta di pompetta composta da tre parti: un puntale in silicone alimentare (come quello delle spatoline da cucina), un corpo centrale in polipropilene e un terminale di gonfiaggio in elastomero. Tutto è riciclabile, smontabile ed eventualmente sostituibile.

    Tutorial

    Come eliminare plastica (e sprechi) in bagno

    di Paola Rosa Adragna

    19 Marzo 2022

    In pratica la zona terminale si tiene tra pollice e indice e il puntale viene indirizzato nel condotto uditivo fino in fondo – non vi sono rischi poiché la lunghezza (21 mm) è compatibile con l’anatomia dell’orecchio e la punta è trilobata, quindi occupa meno superficie di una testina di cotton fioc. Dopodiché è sufficiente una pressione alla pompetta per far espandere la punta (come se fosse uno stent) e quindi farla aderire alla superficie interna del condotto uditivo. Infine, basta sfilare delicatamente EarBuddy mantenendo la pressione sulla zona terminale per eseguire la pulizia. “È una sorta di delicatissima azione meccanica attuata da un palloncino che scorre sulla pelle. Poi basta sciacquare tutto sotto l’acqua tiepida”, sottolinea il designer.Ovviamente prima di raggiungere questa forma è stato un gioco di bozze, disegni, correzioni, modellazioni al computer e stampa 3d per i primi prototipi. L’obiettivo però fin dall’inizio era di agevolare l’igiene dell’orecchio senza rischi. Perché com’è risaputo il cotton fioc tradizionale non piace agli otorini poiché può contribuire a ostruire ulteriormente il canale uditivo esterno o addirittura danneggiare la membrana timpanica. Acqua, sapone e le caratteristiche autopulenti dell’orecchio dovrebbero essere sufficienti, ma è pur vero che a volte non sono abbastanza.”Vi sono alcuni lavori all’aperto, magari rumorosi, oppure attività sportive, soprattutto acquatiche, o patologie che favoriscono l’aumento della produzione di cerume a protezione dell’orecchio e quindi si crea l’esigenza di una pulizia più puntuale”, sottolinea Paulis. Il mercato offre tante soluzioni, alcune anche dall’aspetto raccapricciante e pericoloso, senza contare le discutibili pratiche a cui si sottopongono orde di rupofobici su YouTube – sì, i fobici della sporcizia.Il designer racconta di aver mostrato EarBuddy a due noti medici specialisti che di primo acchito hanno corrugato la fronte e accolto l’oggetto con perplessità. “Poi però li abbiamo coinvolti in un test con me e Alessio, e ne hanno apprezzato le qualità. A quel punto si sono detti interessati a provarli con alcuni pazienti e abbiamo compreso di aver colto nel segno”, ricorda Paulis.

    EarBuddy dal 24 luglio è oggetto di una campagna di crowdfunding su Kickstarter che ha già superato gli obiettivi per l’avvio della produzione anche grazie al contributo dell’agenzia di comunicazione Eventys Partners e i contributi di LazioInnova: oltre 3.600 sostenitori hanno investito più di 100mila euro. Da sottolineare che il pacchetto base parte da 18 euro e assicura due confezioni singole; il prezzo retail in futuro sarà circa il 50% superiore. Le prenotazioni possono essere effettuate fino al 2 settembre mentre le consegne sono previste a partire da dicembre. Inoltre la produzione, come assicura Paulis, avverrà in Italia coinvolgendo diverse aziende dislocate tra Veneto e Lombardia.”Stiamo già pensando a un’altra campagna di crowdfunding ma questa volta su Indiegogo e poi non escludiamo la possibilità di sbarcare su Amazon Launchpad, l’acceleratore di startup che aiuta gli imprenditori a promuovere la vendita online di nuovi prodotti innovativi”, spiega il designer. “Ci stanno arrivando anche proposte da distributori e imprenditori orientali, ma la cautela è d’obbligo soprattutto quando ti domandano i file 3D dell’oggetto…”.Ma perché chiamate la startup MioColibri? “C’è un’antica favola africana che parla di un incendio nella foresta. Un colibrì inizia a trasportare gocce di acqua nel becco per spegnerlo. Gli altri animali lo irridono, ma il suo esempio inizia a contagiare tutti e di lì a poco l’incendio viene domato. A volte basta un piccolo gesto e la collaborazione per risolvere grandi problemi. Noi abbiamo pensato a EarBuddy, un amico per le nostre orecchie. E per l’ambiente”, conclude Paulis. LEGGI TUTTO