1 Settembre 2023

Daily Archives

consigliato per te

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    Orsa Amarena, stanno uccidendo un Paese. Non un animale

    L’orsa Amarena è un simbolo, non solo della perdita di biodiversità e della nostra incapacità di arginarla, ma dell’ignoranza e della violenza che si diffondono nel Paese. Non è stato ucciso un animale, è stato inferto un ulteriore colpo mortale a uno dei valori fondamentali di una società civile: il rispetto per le regole, la […] LEGGI TUTTO

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    Chi percepisce di più gli effetti del cambiamento climatico?

    La comunità scientifica ha ormai accumulato una quantità praticamente infinita di evidenze a dimostrazione del fatto che il clima sta cambiando, con le temperature globali in costante aumento. E non ci sono più dubbi nemmeno sulle cause e sulle possibili soluzioni al problema: se vogliamo continuare ad abitare questo pianeta è necessario trovare il modo di ridurre drasticamente e rapidamente le emissioni di gas serra.Ma se il fenomeno è chiaro ed evidente a livello globale, “quanto” ne abbiamo già visto con i nostri occhi? E quali popolazioni e fasce di età hanno fatto esperienza degli aumenti di temperatura maggiormente percettibili nel corso della loro esistenza?Uno studio pubblicato su Environmental Research Climate ha cercato di dare risposta proprio a queste domande. Come? Analizzando i dati sulle variazioni di temperatura, le informazioni demografiche e le stime relative al prodotto interno lordo per diverse aree geografiche, con l’obiettivo di esaminare la percezione del cambiamento climatico in base a età, reddito e provenienza.

    Clima e salute

    Quando il (troppo) caldo fa male: le 9 cose da sapere

    di Luca Fraioli

    09 Agosto 2023

    “È importante comprendere l’esperienza delle persone riguardo ai cambiamenti climatici a livello locale per capire chi è più colpito dai cambiamenti che le emissioni umane di gas serra stanno causando al pianeta”, ha raccontato Andrew King a Sciencealert. King è il primo autore dello studio ed è docente di Scienze del clima presso l’Università di Melbourne, Australia.Ebbene, dalle analisi è emerso che le popolazioni che vivono in aree tropicali, in particolare le persone appartenenti alla fascia di età compresa fra i 40 e i 65 anni, sono state finora quelle maggiormente esposte a percettibili aumenti della temperatura. Un risultato in parte atteso, spiegano gli autori in un articolo di commento pubblicato su The Conversation. Ma, racconta ancora King a ScienceAlert: “È stato davvero incredibile scoprire che, nonostante la popolazione molto più giovane nelle aree tropicali a basso reddito, l’esperienza tipica del riscaldamento è, in media, simile a quella di regioni più ricche con popolazioni molto più anziane”.Infatti, spiegano ancora gli autori, persone che hanno meno di vent’anni e che vivono ad esempio nel nord dell’India o in alcune zone dell’Africa subsahariana hanno sperimentato in misura molto minore l’aumento globale delle temperature. Questo è in parte dovuto alla naturale variabilità climatica, non legata a fattori antropogenici (elemento che gli autori tengono in considerazione nelle loro analisi), ma anche a fenomeni più complessi, come effetti di raffreddamento locale dovuti al rilascio di particelle inquinanti nell’atmosfera. Può sembrare contro-intuitivo, ma sono considerazioni che vanno prese come singoli fotogrammi di una “proiezione” molto lunga e complessa.E, alla luce di queste considerazioni, è abbastanza preoccupante il fatto che, guardando al dato globale, ossia senza suddividere per fascia di età, le popolazioni del Nord o del Sud del mondo abbiano fatto esperienza di variazioni di temperatura paragonabili.Gli autori concludono con l’ennesimo appello, rivolto specialmente ai Paesi più ricchi, sulla necessità di agire in fretta per contrastare i cambiamenti climatici in corso, “per evitare – si legge nella pubblicazione – che i climi locali diventino irriconoscibili nell’arco di una vita umana”. LEGGI TUTTO

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    Di Tizio, WWF: “Cuccioli in pericolo e l’uccisore rischia una pena minima””

    L’uomo che ha sparato all’orsa Amarena è stato identificato, ma anche se verrà incriminato per l”uccisione di un esemplare di specie protetta, rischia molto poco. Secondol’articolo 727-bis del Codice Penale, “l’uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione ((e commercio)) di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette)” è punita con l’arresto da uno a sei mesi o con l’ammenda fino a 4.000 euro. Si tratta di sanzioni che le associazioni come il WWF da tempo chiedono di rivedere.

    “Bisogna vedere quali altri reati verranno imputati al responsabile – commenta infatti Luciano Di Tizio, presidente di WWF Italia – perché oltre all’uccisione di animale protetto bisogna valutare se ci sono gli estremi per altri reati, come il danno di immagine e il danno patrimoniale. Tuttavia, di sicuro le pene al momento attuale sono minime e non servono certo come deterrente. Da sempre diciamo che occorrono sanzioni maggiori”.

    L’orsa Amarena, da questo punto di vista, era un vero patrimonio per il Parco.

    “Al di là del corso della giustizia, il danno è irrimediabile e incalcolabile. L’orsa era un individuo prolifico, che sapeva prendersi cura delle sue cucciolate. Il problema ora sono appunto i due cuccioli di pochi mesi, che il Parco sta cercando in ogni modo di rintracciare e salvare. Farlo non sarà facile, perché non si può usare il sonnifero, che sarebbe pericoloso, e con le trappole è altrettanto complicato. Si rischia, insomma, che gli orsi morti diventino tre. I cuccioli non sono in grado di soptavvivere da soli, basterebbero dei cani randagi a ucciderli. Davvero una tragedia -dice sconsolato Di Tizio – Amarena era un simbolo, aveva dato il via a una serie di comportamenti virtuosi in sindaci e popolazione, proprio perché non aveva mai dato fastidio all’uomo, anzi, era lei a venire costantemente disturbata e assediata”.

    La storia

    Fernando Gatta, il sindaco che chiude le strade per far mangiare gli orsi

    di Cristina Nadotti

    27 Luglio 2023

    Presidente, dovrete cambiare il simbolo, dal panda all’orso marsicano?

    “Da tempo come WWF Italia abbiamo sposato il gemellaggio morale tra panda e orso bruno, di sicuro una specie simbolo per l’Italia e l’Appennino centrale. Gli orsi in Italia sono l’emblema di un modo di pensare sbagliato: questa uccisione è il frutto di un clima esacerbato, di un atteggiamento per cui pensiamo di essere al di fuori della Natura e di poterla regolare. Così distruggeremo la nostra preziosa biodiversità”.

    Colpisce la dichiarazione del direttore del Parco, Luciano Sammarone, sulle illegalità che persistono anche in un territorio che proprio l’ente Parco dirige in modo encomiabile.

    “La reazione del Parco è stata ineccepibile, da questa notte i Guardiaparco non si sono fermati un momento e ora sono impegnati per i cuccioli. Il problema è sempre lo stesso: nonostante ci siano moltissimi mezzi per favorire la convivenza, come recinti elettrificati e porte a prova di orso, come dice Sammarone c’è chi crea un pollaio abusivo, lamentandosi se l’orso vi si avvicina. Purtroppo quanto accaduto dimostra che bastano poche persone a creare un danno immenso”. LEGGI TUTTO

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    Monstera Deliciosa: come prendersi cura della pianta da appartamento

    La Monstera Deliciosa è una pianta dalle foglie traforate e grandi che attirano subito l’attenzione e che la rendono un’ottima pianta decorativa d’appartamento. Di solito, capita di vederla in vasi fissata lungo un supporto, in quanto essendo una pianta rampicante ha bisogno di essere sostenuta in altezza. Ecco tutto ciò che bisogna sapere per la […] LEGGI TUTTO

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    Verso Cop28: a Nairobi il vertice dei Paesi africani per la lotta al cambio climatico

    Un vertice che si concentra sul punto di vista e sulle proposte dei Paesi più colpiti dalla crisi climatica. Da lunedì a Nairobi capi di Stato e di governo, responsabili politici, organizzazioni della società civile, settore privato, istituzioni multilaterali e giovani da tutta l’Africa parteciperanno all’Africa Climate Summit, organizzato dal Kenya e dalla Commissione dell’Unione Africana (AUC). Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha già confermato la sua presenza insieme a oltre 20 capi di Stato e di governo africani e 20.000 delegati da tutto il mondo.Il vertice serve a preparare la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop28), che si terrà dal 30 novembre al 12 dicembre a Dubai. Il tema scelto dalla tre giorni di Nairobi dice molto sulle richieste che i Paesi africani porteranno a Cop28: “Guidare la crescita verde e le soluzioni di finanziamento del clima per l’Africa e il mondo”, per “progettare e catalizzare azioni e soluzioni per il cambiamento climatico in Africa” e “spingere per un aumento degli investimenti nell’azione per il clima a livello globale, e in particolare in Africa”.All’interno di questo tema generale, l’Africa Climate Summit copre un’ampia gamma di argomenti, raggruppati in sette aree tematiche: Capitale Naturale, Finanza per il Clima, Energie Rinnovabili e Transizione Energetica, Minerali Verdi e Produzione, Agricoltura Sostenibile, Uso del Territorio, Oceani e Acqua, Infrastrutture Sostenibili e Urbanizzazione, Adattamento e Resilienza.

    Nei documenti preparatori del summit si coglie, come già avvenuto nelle discussioni alle Cop degli anni scorsi, la determinazione dell’Africa a diventare protagonista delle politiche climatiche globali. Il continente, infatti, sebbene contribuisca soltanto al 3% circa delle emissioni globali (dati Onu), è il più esposto all’impatto di fenomeni meteorologici estremi legati al cambiamento climatico, tra cui la peggiore siccità del Corno d’Africa degli ultimi decenni. Fenomeni come la siccità, la desertificazione e l’aumento dei cicloni portano a sfollamenti, migrazioni e crisi alimentari. A questa esposizione maggiore al rischio si unisce poi la limitata capacità dei governi africani di mettere in atto politiche di adattamento e mitigazione della crisi climatica, a causa del debito e della precarietà che contraddistingue molte economie del continente.

    La richiesta ai governi del Nord del mondo è perciò sempre stata di sostenere le economie dell’Africa nella riduzione del debito e nell’aumento di liquidità con un meccanismo di finanziamento globale, per raggiungere i necessari obiettivi di riduzione delle emissioni e garantire fondi adeguati all’azione per il clima. Da nazione organizzatrice del summit, il Kenya porta sul tavolo le proposte del presidente Ruto (eletto lo scorso anno dopo essere stato vicepresidente dal 2013). Ruto propone tasse mirate su settori come l’aviazione e il trasporto marittimo, l’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili in tutto il mondo e l’attuazione di una tassa globale sui combustibili fossili.

    Altro punto di discussione che sarà centrale anche a Cop28 è il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM, acronimo di Carbon Border Adjustment Machanism), strumento europeo fondamentale per stabilire un prezzo equo sul carbonio emesso durante la produzione di beni ad alta intensità. Il Kenya propone che i Cbam possano essere utilizzati come tassa per sforzi mirati di mitigazione e adattamento. Tra le proposte anche quella di una tassa sulle transazioni finanziarie su scala globale per generare entrate significative, da raccogliere in unico fondo globale, con un’allocazione basata sul raggiungimento degli obiettivi contro il cambio climatico e sul sostegno all’innovazione tecnologica.Infine, un organismo di governance globale, indipendente dagli interessi nazionali, dovrebbe supervisionare l’equa distribuzione dei fondi. A conclusione del vertice, i leader saranno chiamati a sottoscrivere un “Quadro di impegni e promesse” completo, che arriverà poi anche sul tavolo di discussione di Cop 28 a Dubai. LEGGI TUTTO