3 Maggio 2023

Daily Archives

consigliato per te

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    Scuola, Valditara: “Da settembre in cattedra 56mila docenti assunti in più”

    Saranno 56mila le assunzioni di docenti previste per l’anno scolastico 2023/2024 dal piano straordinario di viale Trastevere. Altri 35mila insegnanti, immessi con un concrso che aprtirà in estate, entreranno in ruolo nel 2024. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha confermato durante il Question time alla Camera le misure per “dare, anzitutto, una risposta significativa e […] LEGGI TUTTO

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    Enersem ricava biogas e acqua pulita dal siero dei formaggi

    Dopo ben cinque anni, il progetto Life Ttgg finanziato con i fondi europei si è chiuso, ma non si è certo fermato l’attività di ricerca e sviluppo di Enersem. Lo spin-off del Politecnico di Milano, che è tra i partner tecnologici del Consorzio Grana Padano nell’iniziativa europea, sta collaborando a due importanti progetti, che hanno […] LEGGI TUTTO

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    Alluvione in Emilia Romagna, il meteorologo: “Danni dell’acqua aggravati dalla siccità”

    Piogge così, a maggio sulla Romagna, non si vedevano da quasi un secolo. In attesa dei dati ufficiali, c’è già la sensazione che per quantità caduta in 36 ore siano da record. “Con un’aggravante in più a livello di danni: la siccità pregressa che non ha permesso ai terreni secchi di assorbire acqua” racconta Pierluigi […] LEGGI TUTTO

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    Siccità, allevatori in allarme: “Che anno orribile il 2022, ma il 2023 potrebbe essere peggiore”

    Forse si risolverà il problema dei costi energetici, ma c’è bisogno di pioggia: tanta, subito e abbondante perché altrimenti, secondo gli allevatori italiani, il 2023 sarà un anno peggiore di quello passato. Il 2022 è stato infatti segnato da una prolungata siccità che ha praticamente dimezzato la produzione di formaggi e dall’impennata dei costi energetici di foraggio, paglia e mangimi che hanno messo in ginocchio molte imprese del settore. Secondo Coldiretti, a causa degli effetti postumi del cambiamento climatico e della guerra in Ucraina, è a rischio un patrimonio zootecnico di oltre 6 milioni di bovini e bufale, oltre 8 milioni di pecore e capre, più di 8,5 milioni di maiali, altrettanti conigli e oltre 144 milioni di polli.

    Così l’allerta oggi è altissima tra gli allevatori italiani, un comparto economico che rappresenta il 35% dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale 40 miliardi di euro, con un impatto occupazionale rilevante, considerato che sono 800mila le risorse attive lungo tutto il ciclo produttivo. In particolare, ad allarmare gli allevatori sono i dati diffusi dalla Coldiretti sulla base delle rilevazioni Isac (Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima) del Cnr relativi al primo trimestre del 2023. Dati che segnalano una diminuzione media di acqua del 15% in tutto il Paese che impatterà anche sulle produzioni nazionali di mais e soia, i due ingredienti principali dei mangimi.

    Già oggi, denuncia Assalzoo (associazione nazionale tra i produttori di alimenti zootecnici), la produzione nazionale di mangimi, che a fine 2021 era di 15,5 milioni di tonnellate, risulta decisamente più bassa per colpa della flessione della produzione del mais: prima il livello di autosufficienza era al 50%, oggi al 35%. Tutto il resto, al 90% proviene dall’Est Europa. Per quanto riguarda la soia, nonostante il nostro Paese sia il più grande produttore europeo, il raccolto nazionale riesce invece a garantire soltanto 700mila delle 3,6 milioni di tonnellate di farina necessaria ogni anno. Più o meno il 20%. Il resto arriva dal Sudamerica: la soia sotto forma di farina è quasi tutta argentina, quella sotto forma di semi è quasi tutta brasiliana.

    Per gli allevatori, almeno un segnale positivo c’è: il voto a larghissima maggioranza della Commissione Agricoltura del Parlamento Ue che ha escluso gli allevamenti bovini dagli obblighi della Direttiva sulle emissioni industriali, eliminando ogni ulteriore aggravio per chi alleva suini e polli. Il pronunciamento, ora al vaglio dalla commissione Ambiente, va contro la proposta della Commissione europea di ampliare le attività coperte agli allevamenti di bovini da 150 capi in su, conosciuta come norma “ammazza stalle”, la quale – segnala sempre Coldiretti – potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro con la chiusura di molti allevamenti di dimensioni medio-piccole, minando la sovranità alimentare, con il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi, che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dell’Unione. O, ancora peggio, e di spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte cibi sintetici. LEGGI TUTTO

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    Deforestazione: controlli e sanzioni, cosa prevedono le nuove regole europee

    Olio di palma, soia, caffè, cacao, capi di bestiame, legname e gomma, ma anche derivati come carne bovina, mobili, cioccolato e carta. Molti prodotti che contribuiscono alla deforestazione non saranno più importabili e commercializzabili nell’Unione europea. Con 552 voti favorevoli, 44 contrari e 43 astenuti, l’Unione Europea ha adottato nuove regole contro la deforestazione.

    Ambiente

    In Brasile la foresta restituita agli indigeni ha ricominciato a crescere

    di Sandro Iannaccone

    13 Febbraio 2023

    Obiettivo è combattere il cambiamento climatico ripensando totalmente, almeno nelle intenzioni, tutto il sistema di produzione a tutela della biodiversità. La nuova legge obbliga le aziende che commerciano una lunga lista di materie prime a garantire che i prodotti venduti nell’UE non abbiano portato alla deforestazione e al degrado forestale in nessuna parte del mondo dopo il 31 dicembre 2020. Multe previste per chi non rispetta le regole: fino al 4% del fatturato dell’azienda, del professionista o dei diversi operatori.

    Le idee

    Perché abbiamo bisogno di foreste sane per persone sane

    di Zhimin Wu*

    21 Marzo 2023

    I consumatori più consapevoli

    Tra il 1990 e il 2020 è stata persa un’area più grande della’Unione Europa. Secondo il WWF la Ue è responsabile del 16% della deforestazione associata al commercio internazionale, seconda nel mondo solo alla Cina. Le analisi della Commissione abbassano questa cifra al 10%: comunque abbastanza per prendere misure drastiche.Christophe Hansen (PPE, LU), relatore della legge, dopo la votazione ha dichiarato: “Fino ad oggi, gli scaffali dei nostri supermercati sono stati troppo spesso pieni di prodotti ricoperti dalle ceneri delle foreste pluviali bruciate e degli ecosistemi irreversibilmente distrutti e che avevano spazzato via i mezzi di sussistenza di popolazioni indigene. Troppo spesso ciò è accaduto senza che i consumatori lo sapessero. Sono sollevato dal fatto che i consumatori europei possano ora essere certi che non saranno più inconsapevolmente complici della deforestazione quando mangeranno la loro tavoletta di cioccolato o si godranno un meritato caffè”.

    Clima

    Le foreste delle aree umide fanno piovere di più

    28 Marzo 2023

    La nuova legge, continua Hansen “non è solo fondamentale nella nostra lotta contro il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, ma dovrebbe anche sbloccare la situazione di stallo che ci impedisce di approfondire le relazioni commerciali con Paesi che condividono i nostri valori e le nostre ambizioni ambientali”. Il Parlamento ha inoltre ottenuto una definizione più ampia di degrado forestale che include la conversione di foreste primarie o foreste che si rigenerano naturalmente in foreste di piantagioni o in altri terreni boschivi. 

    I controlli

    Per quanto concerne i controlli, le autorità competenti dell’UE avranno accesso alle informazioni relative alla produzione fornite dalle aziende. Per evitare la possibilità di fornire dati falsi sono previste sia la possibilità di utilizzare la geolocalizzazione (controlli con monitoraggio satellitare) e analisi del DNA per verificare la provenienza dei prodotti.

    Le idee

    Carlo Petrini: “Non può esserci giustizia ecologica senza giustizia sociale”

    di Carlo Petrini

    21 Aprile 2023

    Ci sarà poi una classificazione sul rischio, per i singoli Paesi, da cui la Commissione europea partirà proprio per effettuare i controlli: basso, standard e alto rischio. I diversi livelli dipenderanno dal risultato di controlli preliminari da fare entro diciotto mesi dall’entrata in vigore del regolamento. Minore sarà il rischio, nel livello di classificazione, più veloci e semplificate saranno le procedure. “La protezione dell’ambiente in tutto il mondo, comprese le foreste e le foreste pluviali, è un obiettivo comune per tutti i Paesi e l’Unione Europea è pronta a assumersi le proprie responsabilità”, ha dichiarato in una nota Marian Jure?ka, ministro ceco dell’ambiente che ha guidato i negoziati per il Consiglio.

    Le foreste ospitano circa due terzi della biodiversità terrestre e si stima che da esse dipenda la sopravvivenza di più di un miliardo e mezzo di persone. Immagazzinano quasi 300 miliardi di tonnellate di carbonio, una cifra 40 volte superiore alle emissioni di gas serra  prodotte dai combustibili fossili; per questo la deforestazione inquina quanto tutti i mezzi di trasporto messi insieme al mondo. Secondo Greenpeace e Legambiente nelle aree tropicali la deforestazione avviene per produrre legno, olio di palma, polpa di cellulosa, carne, pelle o soia. Materie prime o prodotti finiti che arrivano sul mercato italiano. LEGGI TUTTO

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    Agrivoltaico: come funzionano gli incentivi per i pannelli solari

    Agricoltura e fotovoltaico, un binomio sempre più stretto nell’ottica della sostenibilità, con l’obiettivo di produrre energia senza consumo di suolo, anzi incrementando la resa delle culture e limitando l’uso delle risorse idriche. Per le imprese agricole che decideranno di installare impianti destinati a coniugare produzione agricola e solare arrivano nuove opportunità di finanziamento nell’ambito di un […] LEGGI TUTTO

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    Il caseificio senza mucche: il latte dai lieviti alla ricerca della sostenibilità

    “Un caseificio vero. Ma niente mucche”. La startup israeliana Remilk apre la nuova era del latte. E lo fa in laboratorio. Non ci sono animali, non ci sono sostituti vegetali a simulare il cibo più tipico della nostra infanzia e oggi più diffuso (si stima che al mondo siano ancora 6 miliardi le persone che consumano latte vaccino e prodotti caseari). Al loro posto la scienza, attraverso un sofisticato processo di fermentazione di precisione, utilizzando lieviti opportunamente modificati, è riuscita a riprodurre proteine analoghe a quelle contenute nel latte di mucca.Come avviene: in pratica il gene responsabile della produzione di proteine del latte vaccino viene inserito nel lievito sul quale agisce come una sorta di “manuale delle istruzioni”, insegnandogli come produrre le proteine in modo efficiente. Il lievito viene quindi messo all’interno di fermentatori, dove si moltiplica velocemente producendo vere e proprie proteine del latte, identiche a quelle prodotte dalle mucche, che vengono poi combinate con vitamine, minerali, grassi e zuccheri non animali (quindi senza colesterolo o lattosio), per formare ogni latticino. I suoi ideatori assicurano che il risultato sia indistingubile rispetto all’originale animale.

    Il caso

    Niente carne il venerdì, come dice la Chiesa. Uno studio ha provato a calcolare il taglio di emissioni

    di Valentina Guglielmo

    04 Novembre 2022

    Di recente Remilk ha ottenuto negli Stati Uniti lo status di GRAS sulla base dei requisiti definiti dalla Food and Drug Administration (FDA): un riconoscimento che attesta la sicurezza del prodotto per il consumo umano e che ne sancisce la possibilità di ingresso nel mercato statunitense. Una vera e proprio rivoluzione: anche per questo ha avviato la costruzione di un mega stabilimento in Danimarca, destinato alla produzione, per un volume paragonabile a quello di circa 50 mila mucche.Ma Remilk non è l’unica: quello del latte “sintetico” è un trend in crescita e appena agli esordi. In California anche l’azienda Perfect Day vincitrice ai World Food Innovation Awards 2022 nella categoria “Best Ingredient Innovation”, sostenuta anche da Leonardo DiCaprio, è stata autorizzata dalla FDA: ora oltre a un accordo con la Nestlè, il suo latte sintetico è disponibile in alcuni store di Seattle della catena Starbucks.In Australia la startup Eden Brew ha già sviluppato latte sintetico per lo Stato di Victoria. Realtà simili stanno comparendo in tutti i continenti: a  Singapore c’è TurtleTree che ha raccolto pochi mesi fa 30 milioni di dollari di capitale e ha aperto una nuova struttura per la ricerca e sviluppo a Sacramento (California). Ancora: in l’India troviamo l’azienda biotech Zero Cow Factory.

    Alimentazione

    Dopo la carne sintetica, arriverà anche il latte prodotto in laboratorio

    di Anna Lisa Bonfranceschi

    05 Settembre 2022

    Quello della fermentazione di precisione è sicuramente un mercato in crescita: secondo lo studio del think tank RethinkX nel mercato statunitense genererà fino a un milione di nuovi posti di lavoro, in poco più di dieci anni. È una procedura sostenibile: per produrre in laboratorio la stessa quantità di latte di una fattoria serve il 99% in meno di suolo occupato, consente inoltre l’abbattimento delle emissioni degli allevamenti di bestiame e di tutta la filiera di produzione, avendo anche importanti effetti sul lato etico, connesso allo fruttamento animale.Come la carne sintetica – oggi al centro di un complesso dibattito europeo, sulla possibilità di una sua introduzione nel mercato – il latte sintetico cerca di rispondere al crescente bisogno di trovare fonti alternative alle proteine animali. Il suo ingresso nel mercato italiano è ancora lontano. In compenso sempre più persone da anni hanno iniziato a prediligere l’opzione vegetale, anche qui, per motivi etici collegati all’ambiente o perché no, anche per moda. 

    Alimentazione

    “La carne vegetale può aiutare il Pianeta, ma non basta che sia buona”

    di Jaime D’Alessandro

    14 Ottobre 2022

    Ma perche dovremmo limitare il nostro consumo di latte vaccino? Partiamo da alcuni dati: il suo impatto sull’ambiente supera qualsiasi alternativa di origine vegetale. Un solo litro di latte ha bisogno di 628 litri di acqua e di 9 metri quadrati di terreno per essere prodotto e emette 3 volte tanto la quantità di gas serra rispetto ad ogni alternativa plant based.Tra il 1998 e il 2020 si stima che il consumo giornaliero di latte animale sia sceso dal 62,2% di popolazione (dai tre anni in su) che lo beveva almeno una volta al giorno al 48,1% (dati Assidai). E le grandi multinazionali ovviamente non stanno a guardare. Negli Usa i protagonisti del plant milk hanno un fatturato che si avvicina ai 16 miliardi di dollari, che dovrebbe triplicare entro il 2025. Il 40% di questo mercato è dalle bevande di soia e di mandorle mentre in Europa vengono predilette quelle ottenute dal riso, canapa, piselli, nocciole, cocco e anacardi.Attenzione: mentre lo scorso febbraio negli Stati Uniti la FDA ha stabilito la possibilità di usare la parola “latte” anche per queste bevande – poiché è stato sancito che non ingenererebbe confusione tra i consumatori – in Europa è ancora vietato e i produttori sono costretti ad adottare altre formule per aggirare il problema, anche quella del “non latte”.  Un limite che pare non arrestare i consumi crescenti anche se è necessario fare un distinguo, perché non tutte queste bevande hanno un impatto irrilevante nell’ambiente. Anzi.

    Latte d’origine vegetale: limiti e vantaggi

    Gli studi evidenziano che la meno impattante sarebbe quella ricavata dall’avena: una pianta che può crescere in tutto il mondo, poco costosa, fa bene al suolo, richiede poche risorse rispetto ad altri cereali – per produrne 4,5 litri di bevanda di avena sono necessari appena 49 litri d’acqua, favorisce l’adozione del processo della rotazione che arricchisce il suolo. Ancora: la sua impronta di carbonio è più bassa rispetto a quella del latte vaccino, di mandorla e di soia. L’uso di fertilizzanti è moderato e non impatta nell’ecosistema, anche animale. Al contrario il latte di mandorla richiede enormi quantità di acqua e di pesticidi: i mandorli vivono in media 25 anni, rendendo impossibile il processo di rotazione delle culture, minando così la biodiversità. Dei suoi effetti negativi è testimone la California: nei mesi invernali a cavallo tra il 2018 e il 2019 l’utilizzo smodato dei fertilizzanti ha portato alla morte di un terzo delle colonie americane di api, a causa della perdita di habitat, malattie e parassiti.Anche le alternative di riso non sono tra le più consigliate: le risaie spesso allagate emettono metano che fuoriesce dal suolo e esce nell’atmofera contribuiendo all’inquinamento globale. Latte sintetico o latte vegetale dunque, non è sempre necessariamente a impatto zero sull’ambiente: nella nostra scelta è necessario prendere in considerazione numerosi altri fattori, come dove queste coltivazione avvengono, se in modo intensivo, come è realizzato l’imballaggio, se nei processi di produzione vengono adottate politiche di riduzione dell’impatto ambientale. Regola vuole che sia consigliabile scegliere comunque sempre aziende biologiche e locali, se possibile, anche se questo spesso e volentieri implica il dover fare i conti con una spesa più alta.

    Startup

    Bill Gates ci crede: investe nelle alghe per fermare le emissioni di metano delle mucche

    di Giacomo Talignani

    26 Gennaio 2023

    Già perché in Italia il latte vegetale è considerato come un bene di lusso, con un’imposta al 22 per cento contro solamente il quattro di quello vaccino, ritenuto invece un bene di prima necessità. Il dibattito è in corso, perché il prezzo rappresenta una sorta di barriera all’ingresso per molti consumatori.Altri Paesi, oltre a non prevedere questo genere di imposte,  hanno deciso di adottare strategie diverse: in Austria ad esempio, per spingere verso un consumo più consapevole, è possibile trovare nei supermecati bottiglie di latte misto, metà vaccino e metà di origine vegetale. Il risultato è che chi lo compra continua a consumare latte vaccino ( e in questo modo continuano a lavorare entrambe le industrie) ma la sua impronta ecologica è praticamente dimezzata. LEGGI TUTTO